Gli arresti per la morte di Laura Ziliani
Le due figlie della donna scomparsa e poi ritrovata morta in Val Camonica mesi fa sono accusate del suo omicidio, insieme al fidanzato di una delle due
Sono state arrestate le due figlie di Laura Ziliani, una donna scomparsa lo scorso 8 maggio in Val Camonica, a nord di Brescia, e ritrovata morta tre mesi dopo: sono accusate di averla uccisa insieme al fidanzato di una delle due, Mirto Milani, con l’intento di appropriarsi dell’eredità. Sul caso indaga da mesi la procura di Brescia, e l’ipotesi dell’omicidio circolava da molto tempo sui giornali: ma è stato il risultato dell’autopsia sul corpo della donna a portare agli arresti. Sono state infatti trovate tracce di Bromazepan, una benzodiazepina, che potrebbe essere stata usata per sedare Ziliani prima di compiere l’omicidio.
Nei primi giorni dopo la scomparsa di Ziliani gli investigatori si erano concentrati sulla possibilità di un incidente in montagna. Dopo poche settimane, una serie di elementi li aveva però portati a concentrarsi sull’eventualità che la donna fosse stata assassinata e che il suo corpo fosse stato nascosto. I sospetti erano ricaduti su due delle tre figlie della donna, Silvia e Paola Zani, di 19 e 27 anni, rispettivamente studentessa di Economia e impiegata in una RSA, e sul fidanzato di quest’ultima, Mirto Milani, laureato in psicologia a Bergamo e musicista, iscritto al Conservatorio di Milano.
Laura Ziliani, secondo il racconto delle figlie Paola e Silvia, era uscita la mattina dell’8 maggio dalla sua casa di famiglia a Temù, un paese di 1.100 abitanti a 80 km da Brescia, per fare trekking nella valle. La donna, che aveva 55 anni ed era una ex vigilessa impiegata a Roncadelle, nel bresciano, viveva da alcuni anni a Urago Mella, sempre nel bresciano, dopo che nel 2012 era rimasta vedova (il marito era morto travolto da una valanga mentre sciava). Con lei abitavano il nuovo compagno e la terza figlia, quella di mezzo. Quasi tutti i weekend tornava nella casa di Temù, dove ora abitavano le altre due figlie.
I cani della polizia avevano individuato tracce della donna lungo una strada che si allontanava da casa verso i boschi della zona. Altre tracce però non erano state trovate e nel frattempo erano emerse alcune contraddizioni nel racconto delle due figlie e di Mirto Milani. Innanzitutto nelle giornate dell’8 maggio e in quelle precedenti il traffico dei loro telefoni cellulari, consegnati agli investigatori, era risultato molto scarso, cosa giudicata piuttosto anomala, spingendo all’ipotesi che in quei giorni avessero utilizzato altri telefoni.
Le due ragazze avevano poi raccontato che la mattina dell’8 maggio avevano visto la madre digitare sul proprio cellulare, come se stesse facendo una ricerca o scrivendo a qualcuno. Ma dalle analisi il telefono, che era stato ritrovato dietro una scala in casa, era risultato spento dalla sera prima. Inoltre risultava spento anche il GPS dell’orologio, mai ritrovato, che Laura Ziliani teneva sempre al polso.
La madre della donna scomparsa, Marisa Ziliani, aveva detto ai carabinieri di sapere che sua figlia aveva più volte espresso un forte disagio perché Mirto Milani si intrometteva pesantemente negli affari economici di famiglia. In particolare i due avevano spesso discusso in merito a futuri lavori di ristrutturazione della casa di famiglia che, nei progetti, doveva essere trasformata in un bed and breakfast. Laura Ziliani voleva ritardare l’inizio dei lavori, a cui chiedeva che partecipassero economicamente anche le figlie.
I telefoni dei tre giovani erano stati messi sotto controllo: ne era emersa una certa euforia da parte delle due figlie nel gestire interamente il denaro proveniente dall’affitto di una casa di proprietà della famiglia. Mirto Milani, invece, al telefono con un amico aveva ipotizzato che la donna fosse scappata da qualche parte per fuggire ai creditori. Aveva anche detto che riteneva la Ziliani incapace di gestire i propri soldi e giudicava disastrosa la situazione economica della famiglia.
Il 28 giugno Silvia e Paola Zani e Mirto Milani vennero indagati con l’ipotesi di omicidio volontario e occultamento di cadavere. Cinque giorni prima era stata trovata una scarpa da montagna della donna su un piccolo ponte sul torrente Fiumeclo, emissario dell’Oglio. Nessuno, durante le ricerche, l’aveva notata prima. L’altra scarpa era stata trovata subito dopo, nascosta tra alcuni rovi poco lontano. Nel torrente erano poi stati trovati anche jeans della donna. L’8 agosto il corpo di Laura Ziliani fu ritrovato sulla sponda dell’Oglio, nel territorio di Vione.
Per i carabinieri il ritrovamento della scarpa era stato solo un tentativo di depistaggio. Disse Giuseppe Pasina, il sindaco di Temù, intervistato da Repubblica: «È impossibile che una donna scomparsa lì finisca nel punto dov’è stata ritrovata». Dalle prime analisi sul corpo della donna era emerso che non c’erano segni di violenza e nemmeno fratture. Ma soprattutto, la condizione del cadavere era stata da subito giudicata incompatibile con l’esposizione per 90 giorni agli elementi atmosferici. L’ipotesi della Procura di Brescia è che il corpo sia stato trasportato sulla sponda dell’Oglio molto dopo essere stata uccisa.
L’arresto di Milani e delle due sorelle Zani è arrivato dopo i risultati tossicologici dell’autopsia. Riguardo alle sostanze rilevate, la relazione degli anatomopatologi dice che «è possibile ritenere che al momento del decesso la donna si trovasse sotto l’influenza di tale composto, anche potenzialmente idoneo a comprometterne la capacità di difesa rispetto a insulti lesivi esterni».
Nell’ordinanza di arresto, firmata dal gip di Brescia Alessandra Sabatucci, è riportata l’ipotesi che «Ziliani Laura abbia trovato la morte all’interno delle pareti domestiche per mano dei tre soggetti ivi presenti la sera del fatto e che gli accadimenti successivi altro non siano che un tentativo di depistaggio posto in essere dagli autori del reato». Secondo l’ordinanza del gip «il proposito omicidiario è il frutto di una lunga premeditazione e di un piano criminoso che ha consentito loro di celare per lungo tempo la morte e di depistare le indagini».
Quanto al presunto movente, l’ordinanza lo definisce «squisitamente economico, ovvero l’intento di appropriarsi in via esclusiva del patrimonio familiare, in parte già nella giuridica disponibilità delle sorelle Zani». Si fa riferimento anche a una supposta «efficienza criminale» dei tre sospettati, per il fatto che «in una sola notte si sono liberati del cadavere della vittima e, il mattino successivo, hanno iniziato a chiamare i soccorsi e portato avanti una ricostruzione del tutto alternativa dei fatti, anche a fronte delle indagini dei Carabinieri».
L’ipotesi dei carabinieri è che Laura Ziliani, stordita dalle benzodiazepine, sia stata poi soffocata con un cuscino. Non sono ancora note ipotesi su cosa possa essere eventualmente accaduto dopo la morte della donna. Il corpo non presentava tracce compatibili con una lunga permanenza in acqua: l’ipotesi investigativa è che possa essere stato nascosto in un ambiente le cui caratteristiche hanno rallentato il processo di decomposizione. Martedì ci sarà l’interrogatorio di garanzia dei tre indagati.