A San Marino si vota per rendere legale l’aborto
Che è illegale e viene punito col carcere sia per la donna che interrompe la gravidanza sia per chi la aiuta
Oggi, domenica 26 settembre, a San Marino si tiene il referendum per decidere se rendere legale l’aborto, che nel paese è un reato punibile con il carcere sia per la donna che interrompe la gravidanza sia per chi la aiuta. San Marino è uno dei pochissimi posti in Europa dove abortire è illegale o comunque fortemente limitato, assieme a Città del Vaticano, Malta, Andorra, Liechtenstein e Polonia: il referendum si tiene dopo 18 anni di tentativi di depenalizzare l’interruzione volontaria di gravidanza, tutti falliti.
Attualmente nella Repubblica di San Marino, che si trova tra l’Emilia-Romagna e le Marche e ha circa 34mila abitanti, abortire è illegale anche in caso di stupro, gravi malformazioni del feto e pericolo di vita per la donna. In particolare, gli articoli 153 e 154 del codice penale puniscono con il carcere da sei mesi a tre anni la donna che abortisce, e prevedono pene fino ai sei anni per chi l’aiuta o esegue materialmente l’aborto.
Tra le altre cose, l’articolo 154 prevede una fattispecie autonoma di reato, con pene più lievi, per l’aborto «per motivo d’onore», che viene punito “solamente” con il carcere da tre mesi ad un anno. Si tratta dell’aborto della donna libera dal vincolo matrimoniale: di fatto la legge considera l’aborto meno grave se il figlio è illegittimo.
Tutti questi articoli risalgono al 1865, furono confermati in epoca fascista e sono stati poi mantenuti nel codice penale attualmente in essere, entrato in vigore nel 1974.
Se una donna in pericolo di vita viene sottoposta ad un aborto terapeutico, inoltre, si apre d’ufficio un procedimento penale e tutto dipende dalla decisione del giudice, che può concedere una causa di giustificazione basata sullo “stato di necessità”. In ogni caso, nella sezione del codice penale che regolamenta l’aborto, questa “eccezione” non è esplicitata.
Nello specifico, il quesito del referendum di domenica è il seguente:
Volete che sia consentito alla donna di interrompere volontariamente la gravidanza entro la dodicesima settimana di gestazione, e anche successivamente se vi sia pericolo per la vita della donna o se vi siano anomalie e malformazioni del feto che comportino grave rischio per la salute fisica o psicologica della donna?
Il referendum di domenica è stato raggiunto grazie alla mobilitazione e al lavoro del gruppo femminista Unione donne sammarinesi (Uds) e al sostegno del Movimento Civico R.E.T.E., che avevano raccolto oltre 3mila firme, più del doppio di quelle necessarie per poterne garantire lo svolgimento.
Sul suo sito, l’Uds spiega che i principi inseriti nel quesito del referendum sono due: l’autodeterminazione della donna, cioè la possibilità di decidere liberamente se interrompere la gravidanza entro la dodicesima settimana di gestazione; e l’aborto terapeutico, ovvero la possibilità di abortire anche dopo la dodicesima settimana, in caso di pericolo per la vita della donna oppure in presenza di anomalie e malformazioni del feto che comportino grave rischio per la salute fisica o psicologica della donna.
Le donne di San Marino che vogliono abortire possono superare i confini della Repubblica ed entrare in Italia. Come ha spiegato su Internazionale Claudia Torrisi, è stata proprio la vicinanza con l’Italia, assieme a un certo benessere economico, che hanno permesso fino ad ora a molte donne di affrontare le spese necessarie, a far «sì che a San Marino il divieto resistesse negli anni senza fare troppo rumore». Peraltro le tempistiche e le circostanze indicate nel quesito sono volutamente identiche alla legge italiana numero 194 del 1978 «per non creare differenze» tra i due ordinamenti.
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Il quesito referendario è di tipo propositivo o di indirizzo, vale a dire che intende determinare principi e criteri direttivi a cui il Consiglio Grande e Generale – il parlamento di San Marino – dovrà attenersi nel disciplinare con una legge la materia oggetto del referendum.
Il referendum del 26 settembre, dunque, chiede alle elettrici e agli elettori di pronunciarsi solo sui casi in cui l’aborto dovrà essere depenalizzato e non sui molti altri aspetti che regolamentano l’interruzione volontaria di gravidanza, come i consultori, la prevenzione delle gravidanze indesiderate, l’autorizzazione dei genitori in caso di minorenni, l’obiezione di coscienza e così via.
Il referendum non prevede alcun quorum. Se il quesito otterrà la maggioranza dei voti validamente espressi, dovrà essere recepito dal Consiglio Grande e Generale in una legislazione più completa e ampia.
Come era accaduto durante i precedenti tentativi di depenalizzazione dell’aborto, anche in questa occasione sono state attivate campagne anti-abortiste da parte delle associazioni cattoliche e delle diocesi locali, sostenute a loro volta dal Partito Democratico Cristiano, che oggi è il principale di San Marino. Di recente è nato un comitato contrario al referendum che si chiama “Uno di noi” ed è stato denunciato da Uds per aver violato le regole previste per la campagna elettorale, che avrebbe dovuto cominciare soltanto quindici giorni prima del voto.