La vera storia delle donne della Divina Commedia
Perlopiù se ne sa quello che Dante scelse di raccontarne, ma una ricercatrice italiana sta separando i fatti dalla narrazione
Molti dei personaggi che compaiono nella Divina Commedia – persone reali che Dante aveva incontrato durante la sua vita o di cui aveva sentito parlare – vengono ricordati esclusivamente per ciò che il poeta fiorentino scelse di raccontarne: la loro storia, però, supera la Commedia, spesso se ne discosta, ha un valore dal punto di vista storico che va oltre la ricezione letteraria, e in molti casi merita pertanto di essere conosciuta e contestualizzata.
Separare il personaggio della narrazione dalla realtà storica e raccontare autonomamente alcune delle figure citate da Dante è l’obiettivo di un progetto avviato in collaborazione con Wiki Education da Laura Ingallinella, dantista ed esperta di questioni di genere nella letteratura medievale, con le sue studentesse del Wellesley College, vicino a Boston. Grazie al loro lavoro – che è ancora in corso – nella versione inglese di Wikipedia le voci di alcuni personaggi danteschi sono state riviste e aggiornate.
«La nostra ricerca», spiega Ingallinella al Post, «oltre ad avere un valore storico in sé si è trasformata anche in un’opportunità per confermare o smentire le opinioni personali di Dante». Per Ingallinella è stato particolarmente importante iniziare questo progetto dai personaggi femminili della Commedia, «e da quelli che, in senso più ampio, appartengono alla comunità LGBT+: abbiamo innanzitutto assunto una prospettiva di genere».
Tra i 600 personaggi che compaiono nella Divina Commedia, le donne sono quelle di cui nella documentazione storica si trovano meno tracce: ci sono testamenti, atti di vendita in cui queste donne compaiono, e che di solito raccontano, però, solo un evento della loro vita. «La Divina Commedia è spesso l’unica fonte accessibile di informazioni su alcune figure, dove cioè queste donne vengono nominate come soggetti. Allo stesso tempo, il modo in cui Dante rappresenta le loro storie non è naturalmente esente da interpretazione, e diverse studiose hanno già dimostrato come lui amasse trasformare le donne in metafore». Sono figure femminili, però, che erano al centro di una rete di contatti politici, regionali o ecclesiastici che rendono storicamente rilevante capire, al di là della Commedia, quale sia stata la loro rilevanza.
Ingallinella fa qualche esempio. Il migliore, dal punto di vista dei risultati raggiunti, è secondo lei quello di Gualdrada Berti, citata nel XVI canto dell’Inferno: «La voce di Wikipedia dava come storicamente avvenuta una storia che in realtà è un mito fiorentino riportato dal Boccaccio. La storia di lei che rifiutava un bacio dell’imperatore veniva presentata come un fatto biografico. È una storia bellissima, ma è una storia».
Gualdrada aveva già una sua voce su Wikipedia, spiega Ingallinella: «Abbiamo quindi fatto un lavoro metodologico, separando il dato puramente storico – cioè quello che sappiamo di lei e quanto fosse stata importante nella vita fiorentina del Duecento – dalla sua ricezione letteraria», cioè da come Dante la raccontò nella Commedia e insieme a lui Boccaccio e altri autori del medioevo fiorentino. La figura che emerge da Dante e da questi autori infatti è influenzata dal loro stesso desiderio «di creare miti di donne virtuose fiorentine. Gualdrada come simbolo di virtù è insomma una creazione a posteriori, una storia propagandistica per celebrare la città di Firenze».
Ci sono poi voci, spiega ancora Ingallinella, «per cui è stato necessario lavorare da zero», come quello di Alagia Fieschi, nipote di un papa, nominata nel XIX canto del Purgatorio come l’unica virtuosa della famiglia, capace di pregare per la salvezza della persona che la nomina. «Su questo personaggio erano scarse, anche in italiano, le notizie sul suo valore storico e sul significato che la sua esperienza ha avuto per Dante, tanto che la fece rientrare nella Commedia. In questo caso, il nostro lavoro è stato quello di recuperare ricerche già fatte, in una sorta di archeologia delle fonti: abbiamo così capovolto la prospettiva. Alagia è diventata il soggetto principale della sua storia con uno specifico paragrafo su Wikipedia, accanto a quello che racconta la sua presenza nell’opera dantesca».
Sapia Salvani incontra Dante e Virgilio nel XIII canto del Purgatorio: Sapia era zia di Provenzano Salvani, a capo della fazione ghibellina di Siena. Nella Commedia si racconta che durante la battaglia di Colle, tra Siena e la guelfa Firenze (nella quale morì il nipote Provenzano Salvani), Sapia pregò Dio di far sconfiggere la sua stessa città, cosa che poi avvenne e di cui lei si rallegrò. La rappresentazione di Sapia nella Divina Commedia è ricca di implicazioni politiche, molte delle quali si riducono al fatto che Dante incolpava della violenza del suo tempo coloro che si rivoltavano contro la loro stessa comunità.
Ma la vera Sapia, spiega Ingallinella, «era ben più interessante di quanto Dante volesse far credere. Fonti documentarie rivelano che era una filantropa: con il marito fondò l’ospizio di S. Maria per i Pellegrini, lungo la Via Francigena, via di pellegrinaggio verso Roma, e cinque anni dopo aver assistito alla caduta di Siena donò tutti i suoi beni all’ospizio».
C’è poi Beatrice d’Este, una nobildonna che Dante critica per essersi risposata dopo la morte del suo primo marito e che compare indirettamente nel Purgatorio nelle parole del marito insoddisfatto, Nino Visconti: «Per raccontare la storia di Beatrice, la mia studentessa ha recuperato un articolo della studiosa Deborah W. Parker, che ha contestualizzato il trattamento che le riserva Dante. Parker spiega come Beatrice D’Este sia stata probabilmente costretta al suo secondo matrimonio e come sulla sua tomba fece scolpire gli stemmi di famiglia di entrambi i suoi due mariti, una coraggiosa di dichiarazione di lealtà e, forse, di indipendenza».
Nel lavoro di Ingallinella e delle sue studentesse sono stati considerati anche alcuni personaggi LGBT+ della Commedia, come Guido Guerra, e collocati da Dante all’Inferno tra i sodomiti: «Se per le donne non disponiamo di molte fonti storiche, in questi altri casi la situazione è stata molto diversa. Si trattava di personaggi di spicco della storia militare fiorentina e le voci su di loro sono dunque più estese». Il lavoro è stato però lo stesso: separare il dato storico, come gli eventi politici a cui avevano preso parte o le battaglie, dal trattamento dantesco.
Il progetto di Ingallinella non è ancora concluso. Spiega che c’è ancora molto lavoro da fare e che il prossimo passo sarà quello di far scegliere i personaggi alle sue studentesse, in base ai loro interessi di ricerca: «Verosimilmente» anticipa «continueremo col migliorare le voci sui personaggi non cristiani della Commedia».
Il risultato quasi paradossale del suo lavoro è che ora, e in molti casi, la voce in lingua inglese è più corretta e aggiornata rispetto a quella in italiano: «L’invito, dato che Wikipedia è uno spazio aperto, è che queste voci riviste e migliorate vengano tradotte e messe a disposizione dei lettori italiani». Citando la teorica femminista Sara Ahmed, Ingallinella dice che «un mattone alla volta – una pagina, una revisione o un nuovo riferimento alla volta – i wikipediani possono ampliare la nostra comprensione del passato, collocando le storie delle donne in un mondo che per lungo tempo le ha relegate ai margini».