L’Europa è a corto di gas
Ed è questa la principale causa dell'aumento del costo dell'energia elettrica, prima ancora della transizione energetica
Negli ultimi mesi il costo dell’energia elettrica in Europa ha fatto registrare grandi aumenti, che potrebbero diventare ancora più consistenti con l’arrivo della stagione fredda. Alcuni analisti e dirigenti di aziende che estraggono e vendono combustibili fossili hanno identificato la causa degli aumenti nella transizione energetica, il necessario e urgente passaggio a fonti di energia più sostenibili e meno inquinanti per ridurre gli effetti del riscaldamento globale. In realtà, gli aumenti sono dovuti a numerosi fattori e tra quelli preponderanti ce n’è uno che appartiene a una risorsa piuttosto tradizionale e inquinante per produrre energia elettrica: il prezzo del gas.
La produzione di energia elettrica in Europa è diversificata grazie all’impiego di numerose fonti come gas, carbone, idroelettrico, nucleare, eolico, solare, petrolio e biomasse. Il mix energetico varia molto a seconda dei paesi, ma in quelli in cui si produce più energia il gas è quasi sempre tra le fonti più utilizzate.
La gestione degli impianti a gas è relativamente semplice e consente soprattutto di aumentare o ridurre la produzione con grande velocità, una condizione ideale per immettere rapidamente energia elettrica in rete nelle fasi di picco, quando la domanda è più alta e le altre fonti (come quelle rinnovabili) non sono sufficienti.
Il problema è che in questo periodo le riserve di gas naturale in Europa sono ai loro minimi storici dal 2013: rispetto a un anno fa, i paesi europei dispongono del 25 per cento di gas in meno. La scarsità è stata determinata in primo luogo da una stagione fredda più lunga del solito nella prima metà del 2021, che ha reso necessario il consumo di più gas per i riscaldamenti e per la produzione di energia elettrica. I gestori hanno dovuto attingere dalle riserve, senza poter ottenere maggiori forniture.
Tra primavera ed estate molti paesi europei sono inoltre usciti dalla fase più acuta della pandemia da coronavirus: le attività produttive hanno ripreso a funzionare a pieno regime, richiedendo maggiori quantità di gas ed energia elettrica. Anche in questo caso i gestori hanno dovuto attingere alle riserve, nella speranza di poterle ripristinare verso la fine dell’estate, quando si programmano le forniture per i mesi invernali.
Le possibilità di riportare le riserve a livelli normali sono state però ostacolate dalla scarsa disponibilità di gas sul mercato. Le attività di estrazione si sono ormai ridotte sia nel Regno Unito sia nei Paesi Bassi, storicamente tra i principali fornitori europei, e la produzione in Norvegia ha subìto un cospicuo rallentamento a causa di grandi attività di manutenzione agli impianti, che hanno reso necessaria la sospensione delle forniture.
A inizio settimana Equinor, la principale azienda petrolifera statale norvegese, ha annunciato di volere aumentare le forniture di gas verso l’Europa, intensificando la produzione da due proprie aree estrattive nel Mare del Nord. La società sta inoltre valutando altre soluzioni per accrescere le esportazioni, ma i suoi piani non sono ancora chiari. La Norvegia è il principale fornitore di gas dell’Unione Europea, dopo la Russia.
E infatti le cose non sono andate meglio con le importazioni russe. I paesi europei avevano stretto accordi con Gazprom, l’azienda statale russa che estrae e distribuisce circa un terzo del gas impiegato in Europa, per raggiungere il normale fabbisogno e non per ripristinare le riserve.
La Russia negli ultimi mesi ha inoltre ridotto i flussi attraverso i propri gasdotti che passano in Bielorussia, Polonia e Ucraina, facendo pressioni per il completamento del Nord Stream 2, il discusso nuovo grande gasdotto che passa sotto il Mar Baltico, raggiungendo direttamente la Germania. L’opera è ormai pronta, ma mancano ancora le autorizzazioni da parte europea e non è chiaro se potrà essere impiegata per ridurre i problemi legati alla scarsità di gas già da questo inverno.
La Russia nell’ultimo periodo ha inoltre privilegiato l’esportazione di gas verso i paesi asiatici, a cominciare dalla Cina, interessata ad accrescere le proprie riserve per sostenere la ripartenza dopo la fase acuta della pandemia da coronavirus.
La domanda di gas in Europa per produrre energia elettrica è inoltre aumentata negli ultimi mesi a causa della minore produzione dall’eolico, dovuta a un’estate insolitamente poco ventosa nei paesi del nord dove si concentrano i principali parchi eolici. Per compensare la minore produzione si è reso necessario un maggior ricorso ad altre fonti di energia, compreso il gas.
La chiusura di numerose centrali a carbone e i meccanismi per disincentivarne l’utilizzo, con permessi molto costosi tramite il sistema europeo di scambio delle emissioni, rendono poco praticabile il ricorso a questa fonte. La stessa Commissione Europea ha invitato gli stati membri a non prendere scorciatoie rivalutando le vecchie soluzioni inquinanti per arginare il problema, ma non è chiaro quali politiche potranno essere adottate per affrontare l’aumento del costo dell’energia.
L’Italia è particolarmente esposta all’andamento del prezzo del gas, considerato che viene utilizzato per circa metà dell’energia elettrica prodotta nel nostro paese. Circa due terzi del fabbisogno energetico italiano sono inoltre coperti dalle importazioni da altri paesi, e questo determina maggiori difficoltà nel tenere sotto controllo i prezzi dell’energia. Da alcuni giorni si parla di una probabile iniziativa da 4,5 miliardi di euro del governo italiano per contenere gli aumenti delle bollette, ma non sono stati ancora diffusi piani ufficiali.