Le bambine che si chiamano come Angela Merkel
Molte famiglie di rifugiati in Germania le hanno chiamate come la cancelliera per la sua accoglienza dei migranti nel 2015-2016
Negli ultimi anni varie famiglie di profughi e rifugiati che sono arrivate in Germania durante la grande crisi migratoria del 2015-2016 hanno deciso di chiamare le loro figlie – e in qualche caso i loro figli – Angela, Angela Merkel oppure Merkel in onore dell’attuale cancelliera tedesca, che sta per concludere il suo ultimo mandato. Alcune di queste famiglie hanno raccontato che si tratta di un segno di gratitudine nei confronti di Merkel, che nell’estate del 2015 decise di accogliere in Germania moltissimi profughi provenienti dalla Siria, diventando una specie di eroina per chi fuggiva anche da altri paesi in cui erano in corso guerre e conflitti.
Le storie di molte di queste famiglie sono simili a quella di Hibaja Maai, che partorì sua figlia Angela il primo febbraio del 2016, tre giorni dopo essere arrivata in Germania dalla Siria attraverso la cosiddetta “rotta balcanica”, passando per Grecia, Macedonia del Nord, Serbia, Ungheria e Austria. Maai si ricongiunse col marito, che era fuggito sei mesi prima, e ora vive vicino a Düsseldorf: in una recente intervista a un giornale locale, citata dal New York Times, ha detto che «Angela Merkel ci ha salvato la vita. Ha messo un tetto sopra le nostre teste e dato un futuro ai nostri figli. Le vogliamo bene come a una madre».
Nel febbraio del 2015 nella città tedesca di Hannover nacque Angela Merkel Ade, figlia di Ophelya, una donna originaria del Ghana che aveva richiesto asilo in Germania. Nell’agosto del 2017 in un ospedale di Münster nacque Angela Merkel Muhammed, una delle diverse bambine nate da famiglie di rifugiati siriani a essere state chiamate come la cancelliera tedesca. A sua volta la camerunese Berthe Mballa, che ora vive a Eberswalde – una trentina di chilometri a nord di Berlino –, ebbe un figlio che chiamò “Christ Merkel”, «perché Merkel è la mia salvatrice».
In Germania i nomi dati a bambine e bambini appena nati devono essere approvati dall’Anagrafe locale, che si può rifiutare di registrarli se sono troppo bizzarri o se non identificano in maniera chiara il loro genere; in nessuno di questi casi però le scelte delle famiglie erano state contestate. Come ha detto al New York Times Widad, una donna siriana che ha chiamato la sua bambina Angela e ha chiesto di non essere identificata col suo cognome per proteggere i parenti rimasti in Siria, Merkel «ha fatto qualcosa di grande, qualcosa di stupendo, qualcosa che i leader arabi non farebbero per noi. Non abbiamo niente per ripagarla, perciò abbiamo chiamato nostra figlia come lei».
Non si sa esattamente quante bambine – o bambini – siano state chiamate come la cancelliera, che ha governato la Germania per 16 anni, dal 2005: il New York Times ne ha trovate nove, tutte tra i 5 e i 6 anni, ma secondo alcuni operatori sociali citati dal giornale potrebbero essere molte di più.
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La decisione di Merkel di accogliere i rifugiati in Germania fu uno dei momenti fondamentali della sua carriera politica. Come ha osservato il New York Times, «ha cambiato l’Europa, ha cambiato la Germania e soprattutto ha cambiato le vite dei richiedenti asilo»: fra il 2015 e il 2016 soltanto quelli accolti in Germania furono più di 1,2 milioni.
Le statistiche diffuse nel 2020 dal governo tedesco dicono che i migranti e i rifugiati arrivati durante il flusso della rotta balcanica tra il 2015 e il 2016 si stanno progressivamente integrando nella società: il 75 per cento di loro è riuscito a trasferirsi dai centri gestiti dal governo a un appartamento privato, la metà ha un lavoro – quindi paga le tasse – e più di 65mila frequentano l’università o altri corsi di formazione. Tre su cinque dicono di sentirsi «accolti» o «molto ben accolti» in Germania. La quasi totalità dei bambini e dei ragazzi frequenta da anni le scuole tedesche, e più dell’ottanta per cento di loro si sente a proprio agio e apprezzato dai propri coetanei.
Per fare un esempio concreto, grazie alle politiche volute da Merkel, dal 2017 la famiglia di Widad ha lo status di “protezione sussidiaria”, che garantisce tutele sociali ed economiche anche a chi non viene riconosciuto come rifugiato. In Siria suo marito, Mhmad, faceva l’idraulico: se a ottobre supererà l’esame di tedesco potrà iniziare un programma di formazione per cominciare a fare questo lavoro anche in Germania. Tra tre anni potranno fare richiesta per ottenere la cittadinanza tedesca.
Nonostante le politiche di Merkel sull’accoglienza abbiano avuto in questi anni conseguenze considerate per lo più positive, sia alcuni migranti che alcuni analisti esperti di migrazioni si sono detti preoccupati da quello che succederà dopo il ritiro della cancelliera dalla politica attiva, in particolare da cosa deciderà di fare chi governerà dopo le elezioni del prossimo 26 settembre.
«Ci sono due storie: una è una storia di successo, e l’altra è una storia di un grande fallimento», ha detto al New York Times Gerald Knaus, presidente del centro studi European Stability Initiative. Secondo Knaus, che in passato è stato consulente della cancelliera sulle politiche migratorie, «Merkel ha fatto la cosa giusta in Germania, ma ha perso sulla questione in Europa».
Dall’inizio della crisi dei migranti della “rotta balcanica”, Merkel adottò una politica che fu ribattezzata della “porta aperta”, in controtendenza con gran parte dei paesi che si trovavano sulle principali rotte dei migranti, che cercavano invece di chiudere le loro frontiere. Anche adesso, dopo la conquista dell’Afghanistan da parte dei talebani, ci si domanda in che misura la caduta dell’Afghanistan avrà conseguenze sull’immigrazione in Europa e cosa succederà alle migliaia di richiedenti asilo e rifugiati che vi sono già arrivati: soprattutto visto il grande successo dei partiti populisti di estrema destra in Europa negli ultimi anni.
Mballa, la donna arrivata in Germania dal Camerun, ha ricordato di aver sentito per la prima volta il nome di Merkel urlato da «centinaia di persone» al confine tra Marocco e Spagna, dove «gli europei avevano costruito grandi barriere per non fare entrare gli africani». Parlando della cancelliera tedesca, Mballa ha detto che quando Christ Merkel sarà più grande «gli racconterò tutta la mia storia, quanto è stata dura, come ho sofferto, la mia gravidanza, il mio arrivo [in Germania], e la speranza e l’amore che mi ha dato questa donna».
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