Il partito di Putin ha vinto le elezioni in Russia
Come ampiamente previsto, dopo le denunce di irregolarità e la dura repressione nei confronti delle opposizioni
Secondo i risultati preliminari delle elezioni parlamentari in Russia, con il 70 per cento dei voti scrutinati, il partito Russia Unita, vicino al presidente Vladimir Putin, ha vinto con il 48 per cento delle preferenze, in quelle che sono state definite “le elezioni meno libere” da quando Putin è salito al potere, circa vent’anni fa. Il secondo partito più votato è stato il Partito Comunista, con il 20 per cento dei voti, seguito dal Partito Liberal-Democratico con il 7,6 per cento e dal partito di centrosinistra Russia Giusta con il 7,4 per cento.
La vittoria del partito di Putin era data per scontata, soprattutto perché nel corso dell’ultimo anno l’opposizione ha subìto una repressione durissima, per via della quale praticamente tutti i candidati che avevano qualche possibilità di insidiare i partiti governativi sono stati estromessi, arrestati o costretti a fuggire dal paese.
Inoltre già prima della chiusura dei seggi, domenica sera, i partiti di opposizione avevano segnalato alla polizia e alla commissione elettorale molte irregolarità tra cui la presenza, in molti seggi, di un numero di voti e di schede elettorali maggiore rispetto al numero di elettori. Ci sono state anche segnalazioni di violazioni tra cui la compravendita di voti e una sorveglianza piuttosto lasca delle schede all’interno dei seggi elettorali.
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Alle elezioni, che si sono svolte tra venerdì e domenica, i russi hanno votato per rinnovare i 450 seggi della Duma, la camera bassa del Parlamento nazionale, che negli ultimi 5 anni è stata dominata da Russia Unita e da altre formazioni politiche controllate dal Cremlino o comunque vicine al governo. Alle elezioni del 2016, Russia Unita aveva avuto il 54,2% delle preferenze, ottenendo 343 seggi, ma quest’anno doveva affrontare una crisi di consenso dovuta alle difficoltà economiche, ai numerosi scandali che hanno coinvolto esponenti del partito e alla gestione dell’epidemia da coronavirus.
Nei mesi precedenti le elezioni il governo di Putin aveva cercato di estromettere dal voto i partiti di opposizione più forti, in modo che, anche se Russia Unita avesse avuto un risultato deludente, i seggi parlamentari sarebbero andati comunque a partiti alleati o approvati dal governo.
La misura più drastica contro l’opposizione è stata presa a giugno, quando il movimento politico di Navalny è stato dichiarato illegale da un tribunale di Mosca perché considerato “estremista”. Al momento della sentenza Navalny si trovava in prigione già da qualche mese con una condanna pretestuosa, dopo essere stato oggetto di un tentativo di avvelenamento che è riconducibile in modo credibile alle forze di sicurezza russe.
Quasi tutte le iniziative organizzate per convincere gli elettori a non appoggiare i candidati di Russia Unita sono state bloccate. Una di queste è stata proposta dal movimento di Navalny e si chiama “Voto intelligente”, un’app che raccoglie una lista di candidati – di opposizione o comunque il meno allineati possibile, ideata con l’intento di far convergere tutto il voto contrario a Putin, per fare in modo che alla Duma finisse il maggior numero possibile di deputati non approvati dal Cremlino e ridurre al minimo i consensi di Russia Unita. Da quando sono iniziate le operazioni di voto, l’app di “Voto intelligente” e tutte le campagne di comunicazione sono state cancellate dalle piattaforme e dai social.
La repressione contro l’opposizione non riguarda soltanto il movimento di Navalny. Un caso molto citato negli ultimi giorni riguarda Boris Vishnevsky, candidato alle elezioni municipali di San Pietroburgo per il partito liberale Yabloko. Dopo l’approvazione della sua candidatura, si erano registrati nel suo stesso distretto altri due uomini: entrambi si chiamano Boris Vishnevsky (hanno cambiato da poco il loro nome) ed entrambi hanno la testa pelata e la barba grigia, come il Vishnevsky originale.
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