Le violenze contro le persone accusate di stregoneria
In diversi posti del mondo è un problema che interessa donne, bambini, individui disabili o albini, spiega una recente risoluzione dell'ONU
A metà luglio l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani ha approvato una risoluzione che chiede la fine delle violenze commesse ogni anno contro migliaia di persone accusate di stregoneria: espulsioni dalle comunità, torture, mutilazioni o uccisioni che ancora oggi si verificano in varie parti del mondo.
Definire che cosa sia la “stregoneria” non è semplice, dato che ci sono declinazioni, credenze e pratiche che cambiano da paese a paese e anche all’interno di uno stesso contesto. Le Nazioni Unite hanno però individuato alcuni elementi comuni: la stregoneria è intesa come un sistema di credenze che funziona come spiegazione di una serie di eventi negativi. Tale sistema è basato sulla convinzione che alcune persone abbiano dei poteri soprannaturali che rivolgono contro altre. Ma si dice anche che la stregoneria appartiene a un fenomeno più ampio, che ha a che fare con l’oppressione e il controllo sociale che si vuole esercitare nei confronti di alcune specifiche categorie.
La reale portata delle violenze legate alla stregoneria e il numero delle vittime di tali abusi non è chiaro, perché molto spesso questi crimini non vengono denunciati per timore di ritorsioni e ulteriori stigmatizzazioni, o perché avvengono in contesti remoti, o di omertà e accettazione. Il comitato che ha lavorato alla preparazione della risoluzione delle Nazioni Unite ha comunque documentato 22 mila persone che negli ultimi dieci anni, nel mondo, sono state accusate di stregoneria: si stima però che i numeri reali siano molti più alti.
Nella sola Tanzania, ad esempio, si dice che più di mille persone vengano uccise ogni anno per questo motivo. In India, tra il 2000 e il 2016, la polizia ha registrato più di 2.500 morti dovute a credenze sulla stregoneria. Le Nazioni Unite parlano anche di altri paesi, come la Repubblica Democratica del Congo, l’Angola, la Nigeria, il Ghana, il Kenya, il Nepal o la Papua Nuova Guinea dove negli ultimi vent’anni è stata registrata una media annuale di 72 casi di violenza. Sono almeno 50 i paesi in cui si sono verificate violenze di questo tipo, e ce ne sono alcuni dove sono regolamentate. In Arabia Saudita, ad esempio, la stregoneria è perseguita e punita con la pena di morte.
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Secondo gli storici, tra il 1400 e il 1750 furono processate per stregoneria tra le 80 mila e le 100 mila persone: di queste, circa l’80 per cento erano donne, e donne spesso sapienti, che sapevano distinguere e usare le piante, che conoscevano metodi per distillare rimedi curativi, produrre veleni o che praticavano aborti. Erano donne, infine, che trasgredivano la norma sociale. Ancora oggi il fenomeno delle violenze legate alla stregoneria si presenta con una marcata componente di genere. Gli altri gruppi considerati più vulnerabili sono quelli dei bambini, spesso accusati di essere posseduti dal diavolo o da altri spiriti maligni, le persone con disturbi mentali o altre disabilità, e le persone affette da albinismo, una malattia che provoca la parziale o mancata pigmentazione di melanina nella pelle, nei capelli e negli occhi.
Per secoli gli albini sono stati identificati come persone “maledette” e oggetto dunque di emarginazione, esclusione sociale o violenza. Le donne che partoriscono bambini con albinismo sono spesso ripudiate dai mariti e dalla loro famiglia e quei bambini o abbandonati o uccisi, nella convinzione che possano essere una fonte di sventura. Altri pensano invece che le ossa delle persone albine contengano oro o abbiano poteri magici, motivo per cui vengono uccise o mutilate e per il quale sulle parti del corpo degli albini esiste una forma di commercio: l’arto di una persona albina può essere venduto a circa 600 dollari, mentre un corpo intero arriva anche a 75mila dollari.
Le condizioni di vita degli albini in certi contesti, dove corrono il rischio di essere uccisi o mutilati per rivendere parti del loro corpo e subiscono discriminazioni, sono state raccontate nel documentario In the Shadow of the Sun uscito nel 2012 e diretto da Harry Freeland. Un altro lavoro è stato pubblicato nell’ottobre del 2015: è un reportage di Carlo Allegri, fotografo dell’agenzia Reuters, che mostra alcuni ragazzini albini della Tanzania ricoverati in un centro specializzato a New York dopo avere subìto violenze nel loro paese (si può vedere qui).
Nonostante la gravità delle violazioni dei diritti umani legate all’accusa di stregoneria, spesso non c’è una risposta coordinata da parte dei paesi coinvolti, né l’intenzione di prevenire, indagare o perseguire casi di questo tipo, dice la risoluzione. Ikponwosa Ero, esperta indipendente dell’ONU per i diritti delle persone affette da albinismo, ha spiegato che la risoluzione non fermerà le violenze, ma rappresenta uno storico passo avanti per far emergere un problema spesso trascurato.
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