I vaccini che l’Italia sta girando ai paesi più poveri
Al momento sono stati spediti 2,4 milioni di dosi sui 15 promessi entro la fine dell'anno nell'ambito del programma COVAX
Nelle ultime settimane l’Italia ha iniziato a donare milioni di dosi del vaccino contro il coronavirus a paesi in via di sviluppo e più poveri, dove la percentuale della popolazione vaccinata è molto bassa a causa della mancanza di vaccini. Il governo italiano si è impegnato a donare 15 milioni di dosi entro l’anno e a contribuire al programma internazionale COVAX con 385 milioni di euro. Al momento sono stati spediti 2,4 milioni di dosi in tre paesi: la Tunisia ha ricevuto 1,5 milioni di dosi a fine luglio, il Vietnam 812mila dosi, mentre l’ultimo carico da 100mila dosi è stato spedito in Iraq il 12 settembre.
Il ministero degli Esteri ha annunciato inoltre di avere assegnato oltre 1,8 milioni di dosi, che non sono state ancora spedite. Saranno inviate in Albania, Indonesia, Iran, Libano, Libia e Yemen. Al momento le dosi restanti, 11 milioni, non sono state assegnate ad alcun paese. In una nota, il ministero degli Esteri ha spiegato che le donazioni sono state fatte per «sostenere l’importanza di un accesso equo e universale ai vaccini, alle cure e ai test sulla base di un principio di solidarietà internazionale».
Queste donazioni sono state possibili anche grazie ai vaccini consegnati da AstraZeneca e non distribuiti ai punti vaccinali per esplicita richiesta delle regioni, che non erano più intenzionate a somministrarli. Già dalla metà di luglio la struttura commissariale aveva chiesto all’azienda anglo-svedese di non consegnare più le dosi previste dai contratti: secondo l’ultima tabella pubblicata dal ministero della Salute, nel terzo trimestre del 2021 l’Italia dovrebbe ricevere 26 milioni di dosi di AstraZeneca, che non saranno utilizzate per la campagna vaccinale. Le prime spedizioni di vaccini all’estero hanno riguardato proprio le dosi di AstraZeneca rimaste nei magazzini della struttura commissariale, a Pratica di Mare, nel Lazio.
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Oltre alla solidarietà internazionale, uno dei principi che hanno ispirato il programma COVAX è la consapevolezza che la pandemia deve essere affrontata su scala globale. La ridistribuzione delle dosi dai paesi ricchi, che ne hanno in abbondanza, ai più poveri, dove poche persone hanno aderito alle campagne vaccinali a causa della mancanza di dosi, è molto importante perché consente di limitare la circolazione del virus e le sue mutazioni, che con l’affermarsi delle varianti possono essere difficili da contenere.
Tra i paesi che si sono impegnati a donare più vaccini ci sono gli Stati Uniti con 290 milioni di dosi, il Regno Unito con 80 milioni, la Francia 54 milioni, il Canada 40,7 milioni, la Germania 30 milioni e la Spagna 22,5 milioni.
L’idea di COVAX (COVID-19 Vaccines and Global Access) era nata nei primi mesi del 2020: la diffusione del coronavirus in diversi paesi oltre alla Cina, dove erano stati trovati i primi contagiati, aveva spinto i responsabili di GAVI – organizzazione senza scopo di lucro per la diffusione dei vaccini nei paesi più poveri – e quelli di CEPI – coalizione per il finanziamento di soluzioni per contrastare le epidemie – a costituire una nuova entità per gestire prenotazioni e distribuzione dei vaccini.
Negli ultimi 20 anni GAVI si era occupata di raccogliere richieste e offerte dei governi, occupandosi di contrattare poi con le aziende farmaceutiche le forniture. Il sistema centralizzato e su larga scala ha permesso ai produttori di avere contratti di lunga durata che hanno portato a una riduzione dei prezzi, con benefici per i governi dei paesi più poveri. GAVI ha permesso in questi anni di vaccinare oltre 800 milioni di bambini contro la meningite, il morbillo, la poliomielite e diverse altre malattie, prevenendo milioni di morti.
Da quando è nato, il programma COVAX ha raccolto oltre 10 miliardi di dollari e promesse per almeno 1,8 miliardi di dosi a un centinaio di paesi poveri entro i primi mesi del prossimo anno. Nonostante le promesse, però, il piano di consegne ha avuto non pochi problemi soprattutto a causa delle politiche dei paesi più ricchi che hanno pensato a raccogliere più dosi possibili. Secondo i piani dichiarati all’inizio del programma, COVAX avrebbe dovuto consentire ai paesi poveri e in via di sviluppo di ricevere i vaccini in contemporanea con i paesi più ricchi, con una distribuzione proporzionale alla popolazione più somministrazioni prioritarie per il personale sanitario e i vulnerabili.
Al raggiungimento del 20 per cento della popolazione vaccinata in ogni paese, i criteri di distribuzione sarebbero poi cambiati per dare priorità ai paesi più a rischio. I piani, però, non sono stati rispettati: i paesi più ricchi hanno stretto accordi direttamente con i produttori, con prenotazioni esclusive e a prezzi più alti e vantaggiosi per le case farmaceutiche. Nelle ultime settimane la situazione è migliorata: molti paesi, tra cui l’Italia, hanno iniziato a donare le dosi promesse. Ma non è escluso che nei prossimi mesi le consegne possano rallentare rispetto ai ritmi previsti: la scelta di somministrare la terza dose del vaccino per favorire il mantenimento della protezione potrebbe portare i paesi più ricchi a trattenere parte dei vaccini promessi.