Come sono nati gli occhiali
Alla fine del Duecento un monaco benedettino «fabbricò gli occhiali che un altro aveva ideato per primo»
La storia della nascita degli occhiali è controversa, come accade per innumerevoli oggetti inventati in tempi molto lontani dall’ufficializzazione moderna dei brevetti. Ricostruire l’origine e la diffusione di questo strumento non è facile: è necessario districarsi anche attraverso scritti e aneddoti di persone vissute ai quei tempi ma non sempre affidabili. Per ragioni di campanilismo, infatti, hanno talvolta attribuito l’invenzione a corregionali o confratelli (la storia degli albori degli occhiali è infatti anche una storia di conventi) del passato.
Una delle prime attestazioni documentate dell’invenzione degli occhiali – come strumento da vista così come possiamo intenderlo ai giorni nostri – si trova in una predica del 1305 del domenicano Giordano da Pisa nella chiesa di Santa Maria Novella a Firenze. Il religioso, in base alle trascrizioni, disse: «Non è ancora vent’anni che si trovò l’arte di fare gli occhiali, che fanno vedere bene, che è una delle migliori arti e de le più necessarie che ‘l mondo abbia, e è così che ssi trovò: arte novella, che mmai non fu (…) io vidi colui che prima la trovò e fece, e favellaigli». Non stupisce che il dotto frate domenicano esaltasse l’invenzione: gli occhiali permettevano ai confratelli di continuare a studiare e a copiare i testi sacri anche quando con l’età avanzata diventavano presbiti. Gli occhiali si affermano infatti principalmente come strumento per la lettura da vicino.
Giordano da Pisa non fa il nome dell’inventore degli occhiali, ma di chi fu responsabile della sua diffusione, soprattutto fra i monasteri, e soprattutto in ambito toscano. Sarebbe stato frate Alessandro della Spina, morto nel 1313, che come Giordano viveva nel convento di Santa Caterina a Pisa, e nel suo necrologio contenuto nella Chronica antiqua dello stesso convento, si legge (in latino, qui tradotto): «Egli stesso fabbricò gli occhiali che un altro aveva ideato per primo, non volendo però comunicare il segreto. Alessandro, invece, ben lieto e disponibilissimo, insegnò a tutti il modo di fare gli occhiali».
Il “segreto degli occhiali” probabilmente non venne comunicato dal suo primo inventore in quanto ritenuto una sorta di “segreto professionale”: dovendosi mantenere con il proprio lavoro, gli artigiani cercavano di tenere il più a lungo possibile segrete le tecniche di fabbricazione dello strumento. Prova che la produzione degli occhiali fuori dai monasteri fosse un’arte lucrosa da custodire gelosamente è un atto stipulato fra tre orafi pisani: ancora nel 1445, cioè più di un secolo e mezzo dopo la presunta invenzione, Simone del fu Antonio Nerucci si impegnava davanti a un notaio a insegnare ai due colleghi l’arte di fare gli occhiali, per un periodo di quattro anni e mezzo, a patto che i nuovi due soci si impegnassero a loro volta a non rivelare ad altri la tecnica, e quindi a non creare allievi e futuri concorrenti.
La successiva storia degli occhiali si lega, nella seconda metà del Quattrocento, all’invenzione della stampa a caratteri mobili e alla conseguente maggiore diffusione del libro. Per molto tempo ancora gli occhiali non avranno le stanghette: si cercheranno diversi modi per farli stare fissi davanti agli occhi, ad esempio attaccando le lenti a un nastro che si chiudeva sulla nuca. Risale al Settecento la prima card pubblicitaria che registra, tra il 1728 e il 1730, la comparsa di un accorgimento vicino alle attuali stanghette: i cosiddetti “occhiali da tempia” avevano stanghette rigide e terminavano con grandi anelli che premevano sulle tempie.
Il Settecento è però anche il secolo in cui l’uso dell’occhiale, nelle sue diverse forme e fra le classi più agiate, diventa non soltanto uno strumento per vedere meglio ma anche un oggetto alla moda. Diventano infatti molto diffusi, come veri e propri gioielli, ad esempio il monocolo e il fassamano (occhiale che non viene posizionato sul naso, ma tenuto in mano, con o senza un manico, e che può essere, come il monocolo, fissato a una catenella, anche di metallo prezioso, a sua volta fissata sull’abito). A partire dal Secondo dopoguerra del Novecento il legame tra occhiali e moda diviene più forte, anche grazie all’invenzione di nuovi materiali: la celluloide, la galatite e bakelite permettono di realizzare forme che fino ad allora erano inimmaginabili.
Gli occhiali sono dunque un elemento importante del proprio aspetto, ma rimangono comunque uno strumento legato alla salute degli occhi. È anche per rivendicare questo uso che Santagostino, una rete di poliambulatori privati con numerose sedi in Lombardia, una a Bologna e una di recente apertura a Roma, mette in vendita occhiali per ogni esigenza visiva, utilizzando i propri centri come punti vendita.
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I corner di vendita sono all’interno dei centri già esistenti: questo permette a Santagostino di contenere i costi e garantisce all’utente un rapporto qualità-prezzo conveniente. Su tutte le lenti può essere applicato il trattamento anti luce blu, per chi passa tante ore davanti a uno schermo, o quello fotocromatico, per chi, ad esempio, fa attività all’aria aperta e vuole un solo paio di occhiali.