Esperimenti di design, di sessant’anni fa
La rivista "Imago" fu un progetto editoriale unico in Italia: per la prima volta la sua storia viene ricostruita in un libro
Tra il 1960 e il 1971 a Milano uscirono quattordici numeri di Imago, un progetto nato come “rivista aziendale” all’interno della Bassoli Fotoincisioni, azienda milanese che ai tempi era considerata tra le più all’avanguardia nel campo della comunicazione e della grafica. Nel concreto Imago era una cartellina colorata col nome della testata e il numero, «una scatola a sorpresa», con all’interno materiali di tutti i tipi: pieghevoli, manifesti, piccoli libri, biglietti del treno.
Al progetto parteciparono designer e intellettuali come i fratelli Castiglioni, Bruno Munari e Dino Buzzati e oggi è considerato uno dei più interessanti esperimenti di grafica e design editoriale di quegli anni. Cinquant’anni dopo l’uscita dell’ultimo numero, il designer Giorgio Camuffo ha ricostruito e documentato la storia della rivista per la prima volta nel libro Imago 1960-1971, pubblicato l’8 settembre da Corraini Edizioni. Le riproduzioni fotografiche che pubblichiamo sono tratte dal libro.
Giorgio Camuffo è un graphic designer e docente di comunicazione visiva della Libera Università di Bolzano: scoprì Imago nel 2011, nello studio milanese del designer Mario Piazza. Negli anni successivi si dedicò alla ricerca di tutti e quattordici i numeri, oltre che alla ricostruzione della storia della rivista: tra le altre cose intervistò alcune persone vicine al progetto, come Andrea Bassoli, figlio di uno dei suoi ideatori, Raffaele Bassoli.
Raffaele Bassoli era un ingegnere e aveva ereditato la Bassoli Fotoincisioni dal padre Carlo, che era stato il direttore di una sezione del quotidiano socialista Avanti! e nel 1923 aveva aperto l’azienda rilevando le attrezzature scampate alla distruzione fascista della sede del giornale. L’altro ideatore di Imago, Michele Provinciali, era un illustratore, grafico e art director che conobbe Bassoli frequentando la Bassoli Fotoincisioni per motivi di lavoro – era già molto affermato come professionista, e non solo a Milano. Inizialmente la rivista doveva essere un prodotto promozionale dei servizi e dei prodotti offerti dall’azienda, ma allo stesso tempo anche un progetto editoriale sperimentale in grado di raccontare il fermento culturale e le innovazioni industriali di quegli anni di rapido sviluppo economico.
Già al tempo non era inusuale che le aziende producessero periodici, anche di alto livello, che parlassero e facessero parlare di loro. Imago però era molto diversa perché non parlava della Bassoli ma mostrava concretamente un’idea di innovazione e sperimentazione del design non guidata dal marketing. Alcuni tra i lavori più interessanti di Imago, per esempio, furono quelli realizzati dallo stesso Provinciali che si basavano sulla collezione di oggetti dimenticati e di poco valore come gessi colorati, tappi di sughero, biglietti del treno o saponette consumate.
Imago però fu soprattutto un progetto collettivo, a cui parteciparono alcuni tra i designer e gli intellettuali italiani più rilevanti di quegli anni: Achille e Pier Giacomo Castiglioni, Armando Testa, Bruno Munari, Aoi e Max Huber, Remo Muratore, Giancarlo Iliprandi e Pino Tovaglia, e come autori dei testi Dino Buzzati, Giuseppe Pontiggia, Giovanni Arpino e Mario Soldati, per citarne solo alcuni. Venne fuori una rivista che non aveva niente di simile a nessun’altra rivista, e che trasmette il suo approccio innovativo ancora oggi, dopo sessant’anni.