Draghi e le cose che vanno fatte «perché si devono fare»
Anche se impopolari e «non per avere un risultato immediato», ha detto il presidente del Consiglio riferendosi alle riforme e citando Beniamino Andreatta
Martedì il presidente del Consiglio Mario Draghi ha tenuto un discorso in occasione dell’intitolazione di un’aula dell’Università di Bologna a Beniamino Andreatta, importante economista e politico italiano morto nel 2007. Nel corso del suo intervento, Draghi ha ricordato il suo rapporto con Andreatta, che tra le altre cose nel 1975 lo segnalò per insegnare Politica economica e finanziaria all’Università di Trento, il suo primo incarico accademico.
Draghi ha parlato dell’importanza di Andreatta nella storia della politica economica italiana, in particolare per il periodo in cui fu ministro del Tesoro, tra il 1980 e il 1982: allora Andreatta prese decisioni definite da Draghi «coraggiose e impopolari», come la separazione della Banca d’Italia dal ministero del Tesoro e la liquidazione del Banco Ambrosiano. A questo proposito, Draghi ha citato una frase di Andreatta per spiegare la necessità di attuare riforme anche quando il loro risultato non è immediato:
Da ministro si è mosso in modo coraggioso e onesto, in anni drammatici per la Repubblica e non ha esitato a prendere decisione necessarie anche quando erano impopolari. «Le cose vanno fatte perché si devono fare, non per avere un risultato immediato», come sintetizzò una volta con efficacia.
Draghi ha detto che l’esempio di Andreatta andrebbe seguito anche oggi per le riforme previste dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), il piano del governo per spendere i finanziamenti che arriveranno dall’Unione Europea tramite il Next Generation EU, chiamato anche Recovery Fund. Draghi ha detto che questi fondi dovranno essere spesi «in maniera efficiente e onesta», con senso di responsabilità verso l’Europa ma anche «verso noi stessi e le nuove generazioni».
Da quando è presidente del Consiglio, Draghi ha mostrato uno stile di comunicazione piuttosto insolito per il suo ruolo, molto deciso e diretto. Negli scorsi mesi aveva preso posizioni nette su argomenti molto divisivi, su cui di solito i politici tendono a evitare di esporsi troppo. A proposito dei vaccini per il coronavirus, per esempio, aveva detto che «l’appello a non vaccinarsi è un appello a morire», e di recente aveva risposto seccamente «Sì» alla domanda di un giornalista che gli chiedeva se fosse favorevole all’obbligo vaccinale.
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