Com’è cambiata New York dopo l’11 settembre
La ricostruzione dell'area di Manhattan dove sorgevano le Torri Gemelle accelerò la riqualificazione di altri quartieri della città
Gli attacchi terroristici dell’11 settembre 2001 al World Trade Center di New York hanno provocato lo scoppio della guerra più lunga mai combattuta dagli Stati Uniti, forse cambiando la storia di questo secolo, ma hanno anche trasformato profondamente la città più popolosa degli Stati Uniti. Negli ultimi vent’anni non si sono trasformati soltanto l’aspetto e la vita di Lower Manhattan, l’area dove si trovavano le due Torri Gemelle, ma sono stati riqualificati anche vari quartieri in diversi distretti della città.
Secondo l’Economist per certi versi oggi gli Stati Uniti si trovano in una situazione peggiore rispetto a quella precedente agli attacchi terroristici del 2001, in particolare sono un paese «più ansioso, più polarizzato, meno fiducioso». Allo stesso tempo, però, New York adesso «è migliore», e tutto è partito da quella che sempre l’Economist ha definito «la resurrezione di Lower Manhattan».
Prima dell’11 settembre l’area di Lower Manhattan era uno dei principali centri finanziari di tutti gli Stati Uniti: ogni mattina gli uffici dei grattacieli della zona venivano riempiti dalle centinaia di migliaia di persone che ci lavoravano, ma di sera l’area si svuotava quasi completamente e ci restavano soltanto i suoi circa 23mila residenti, per lo più persone bianche e abbienti, con un alto grado di istruzione. Dopo l’11 settembre circa 4.500 residenti decisero di lasciare l’area, ma negli anni successivi la popolazione aumentò notevolmente, fino a essere raddoppiata all’inizio del 2020.
Come ha scritto il New York Times, la ripresa di New York dopo l’11 settembre «diventò un simbolo della resilienza della città». Restare a vivere e a lavorare a New York fu considerato un gesto di patriottismo, e la rinascita e la trasformazione dell’area dove una volta sorgeva il World Trade Center funzionarono come stimolo per ricostruire e ripensare l’intera città: una cosa che fu possibile soprattutto grazie agli ampi incentivi finanziari del governo federale, che inviò all’amministrazione locale più di 20 miliardi di dollari in aiuti economici e ne destinò altri 8 miliardi, ricavati dalla vendita di titoli di stato, per finanziare la ricostruzione della città.
Rivolgendosi ai commercianti e agli uffici che avevano le loro sedi nella zona di Lower Manhattan, l’allora sindaco Michael Bloomberg disse nel suo discorso inaugurale nel 2002 che quello «non [era] il momento di lasciare la Grande Mela».
Nell’amministrazione locale ci fu a lungo indecisione sul progetto per riqualificare l’area del World Trade Center, sia per via dei costi, sia per questioni tecniche. Nel giro di alcuni anni, però, a Lower Manhattan cominciarono a sorgere vari edifici che contribuirono a rivitalizzare la città e ad attirare di nuovo i turisti: nel 2006 fu completato il primo grattacielo dell’area destinato a uffici, il 7 World Trade Center, e nel 2011, in occasione dei dieci anni dagli attentati, venne inaugurato il Memoriale dell’11 settembre, dove tre anni dopo aprì anche un museo.
Sempre nel 2014 fu inaugurato il grattacielo One World Trade Center, che con l’altezza di 541 metri (per la precisione 1.776 piedi, in onore dell’anno in cui fu firmata la Dichiarazione d’Indipendenza degli Stati Uniti d’America) diventò l’edificio più alto degli Stati Uniti.
Nel marzo del 2016 sempre in quest’area di Manhattan fu inaugurato il World Trade Center Transportation Hub, conosciuto come Oculus e progettato dall’architetto spagnolo Santiago Calatrava. Attualmente sono in corso lavori per costruire altri due grattacieli e uno spazio espositivo: è stata ricostruita e riaprirà l’anno prossimo anche una chiesa greca ortodossa che fu distrutta durante gli attentati.
Nel 2020 anche il numero degli appartamenti di Lower Manhattan è raddoppiato rispetto al 2001 e quello degli alberghi è passato dai 6 che c’erano prima dell’11 settembre ai 37 che erano attivi prima della pandemia da coronavirus, altro evento che ha cambiato gli equilibri della città. Molti grattacieli che una volta ospitavano uffici furono trasformati in appartamenti e parallelamente vennero sviluppati anche nuovi servizi, come scuole e aree commerciali, soprattutto per soddisfare la richiesta di chi sceglieva di restare o di arrivare a New York, per lo più giovani laureati che spesso erano impiegati nelle grandi società finanziarie e di affari che avevano deciso di rimanere nell’area dopo l’attentato.
Prima del 2001 era raro vedere un passeggino in quest’area di Manhattan: adesso i bambini sono il 17 per cento della popolazione, ha scritto l’Economist.
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Dan Doctoroff, responsabile dello sviluppo economico e della ricostruzione durante l’amministrazione Bloomberg, aveva raccontato a NPR che «ricostruire [New York] era quasi un obbligo morale». In un’intervista del 2016, Doctoroff aveva detto che molti dei progetti che erano stati proposti o si erano concretizzati dopo l’11 settembre erano stati concepiti già diversi anni prima e per un motivo o per l’altro erano stati accantonati: quello che cambiò tutto fu la spinta della ricostruzione, che secondo lui «ci diede la possibilità di fare cose di cui la gente parlava da molto tempo».
Tra le altre cose, nel 2009 nella parte ovest di Manhattan fu riqualificata la “High Line”, una vecchia linea ferroviaria sopraelevata che era inutilizzata da anni e che è stata trasformata in un parco urbano, con una passeggiata pedonale. Allo stesso tempo, non lontano da lì, fu avviato il massiccio progetto di sviluppo “Hudson Yards”, che prevede la realizzazione di numerosi grattacieli, residenze e spazi commerciali in un’area che si affaccia sul fiume Hudson, che separa Manhattan dal New Jersey.
Questo progetto ha peraltro spinto le autorità locali ad ampliare per la prima volta dopo decenni una linea della metropolitana, la 7, e a estendere i collegamenti dei traghetti tra i vari distretti di New York, in particolare verso Staten Island, quello più a sud.
Oltre a vari lavori di ristrutturazione in diversi quartieri di Manhattan, tra cui Tribeca e Chelsea, sono stati riqualificati anche quartieri a lungo trascurati negli altri distretti, come Jamaica e Flushing, nel Queens, o St George a Staten Island. Hanno cambiato aspetto anche varie aree che si trovano lungo l’East River, che separa Manhattan da Brooklyn, dove per esempio nel 2010 è stato inaugurato il Brooklyn Bridge Park.
Inoltre, l’amministrazione locale ha creato degli incentivi per convincere le società che si occupano di innovazione tecnologica a trasferire le loro sedi a New York, con l’obiettivo di diversificare l’economia della città.
Uno dei risultati di queste politiche e della riqualificazione è che adesso l’economia di Lower Manhattan gira molto meno attorno alla finanza. Secondo un’analisi della Alliance for Downtown New York, gruppo che si occupa dello sviluppo delle attività dell’area, dal 2005 a oggi più di 900 multinazionali hanno aperto nuove sedi a Lower Manhattan: tra queste, la società editoriale Condé Nast e Spotify, il più grande servizio di streaming musicale al mondo. Per dare l’idea, prima dell’11 settembre circa il 60 per cento delle persone occupate a Lower Manhattan lavorava nei servizi finanziari: nel 2020, prima dell’inizio della pandemia da coronavirus, lavorava nella finanza soltanto circa il 25 per cento degli occupati.
Nonostante negli ultimi vent’anni New York abbia saputo ricostruirsi e rinnovarsi, la pandemia da coronavirus ha portato di nuovo una grossa crisi ed enormi cambiamenti in città. Secondo l’agenzia di servizi immobiliari Newmark, citata dal New York Times, attualmente il 21 per cento degli spazi destinati a uffici è sfitto – un record – e anche la presenza dei turisti è calata sensibilmente. A causa della pandemia hanno dovuto chiudere in via definitiva numerose attività, come il Mercato Amish, che dopo essere stato distrutto a causa degli attentati dell’11 settembre aveva riaperto ad alcuni isolati di distanza nel 2006, così come peraltro 7 degli alberghi che erano operativi all’inizio del 2020.
A New York si sente spesso dire, con formule più o meno variate, che la città sopravviverà alla pandemia da coronavirus così come era sopravvissuta all’11 settembre. La vera questione però è capire in che modi e in che tempi, e se le trasformazioni messe in atto finora saranno in grado di continuare ad attirare imprese e nuovi residenti.
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