La grave ondata di COVID-19 in Vietnam
Nell'estate il paese ha registrato un aumento senza precedenti di nuovi contagi e decessi: il governo ha dovuto imporre un lockdown estremamente severo
Da due settimane a Ho Chi Minh, la città più grande del Vietnam, è in vigore un lockdown molto rigido per provare a contenere i nuovi casi di coronavirus, aumentati enormemente negli ultimi mesi soprattutto a causa della diffusione della variante delta e della ridotta percentuale di popolazione vaccinata. Agli abitanti della città è stato imposto di rimanere in casa e, salvo emergenze, non possono nemmeno uscire per fare la spesa. Altre limitazioni erano già in vigore e proseguiranno almeno fino al prossimo 15 settembre: sono il segnale più evidente della grave situazione in Vietnam, fino alla scorsa primavera uno dei paesi in cui la pandemia era stata contenuta più efficacemente.
Dopo l’emersione del coronavirus nei primi mesi del 2020, il governo vietnamita aveva predisposto sistemi per il tracciamento dei contatti molto meticolosi, che avevano permesso di identificare rapidamente i nuovi focolai e di isolarli prima che il virus si potesse diffondere anche nelle aree densamente popolate delle città più grandi come Ho Chi Minh. Questa strategia, unita a forti limitazioni sugli spostamenti dall’estero e a restrizioni sulla mobilità interna, aveva consentito al Vietnam di non subire le prime ondate della pandemia come era avvenuto invece in Occidente e in altre aree del mondo lo scorso anno e nell’inverno tra il 2020 e il 2021.
Fino ad aprile di quest’anno, il Vietnam aveva continuato a rilevare poche decine di casi e di decessi al giorno, anche se alcune organizzazioni non governative avevano segnalato la possibilità che i conteggi fossero in ampio difetto rispetto alla situazione reale.
Tra la fine di aprile e l’inizio di maggio la situazione nel paese aveva poi iniziato a peggiorare sensibilmente, con un aumento dei casi positivi sempre più marcato a partire dall’inizio di luglio. Il paese era così passato da una media giornaliera di 350 casi positivi a un picco di oltre 13mila casi giornalieri nella settimana a cavallo tra agosto e settembre; nell’ultima settimana i morti sono stati più di 2.300.
L’80 per cento dei decessi e circa il 50 per cento dei nuovi contagi sono stati rilevati a Ho Chi Minh, nella cui area metropolitana vivono 9 milioni di persone. L’aumento considerevole di casi e morti ha spinto il governo a imporre un rigido lockdown il 23 agosto scorso, con l’obiettivo di mantenerlo attivo almeno fino al prossimo 15 settembre. È stata inoltre disposta un’attività di controllo con test per buona parte della popolazione, anche se non è chiaro come l’iniziativa possa contribuire a tenere sotto controllo i contagi.
Come mostra la decisione sui test a tappeto, il governo sembra intenzionato a proseguire con le scelte che un anno fa si erano rivelate efficaci nel contenere la pandemia, nonostante le cose siano cambiate sensibilmente. Come hanno segnalato esperti e osservatori, la variante delta è molto più contagiosa delle versioni del coronavirus circolate in precedenza, al punto da rendere molto difficile se non inutile l’attività del tracciamento dei contatti. I tempi di diffusione del coronavirus si sono ridotti sensibilmente, al punto da rendere sempre più inutili i tentativi di anticiparlo scoprendo e isolando i nuovi contagiati prima che infettino altri individui.
A Ho Chi Minh il divieto di uscire di casa sta causando numerosi problemi soprattutto per la ricerca di cibo e medicinali. La distribuzione degli alimenti è stata in parte affidata all’esercito, ma secondo diverse segnalazioni raccolte da al Jazeera avviene sporadicamente e con intere aree della città ignorate per giorni. I controlli per strada sono severi e la presenza dei soldati armati ai posti di blocco incute qualche timore, dando l’idea che sia in vigore la legge marziale.
La ricerca di cibo passa anche attraverso i social network, con la cittadinanza alla ricerca dei profili che lo vendono e possono consegnarlo a domicilio. È un servizio più informale che si affianca a quello classico dei supermercati, che in questa fase non riescono a soddisfare l’alta domanda per le consegne. I loro siti sono spesso irraggiungibili a causa dell’alto traffico e possono essere necessari svariati giorni di attesa prima di ricevere la spesa. Alcune organizzazioni non governative si sono attivate per dare assistenza alle famiglie povere e in maggiore difficoltà.
Dopo due settimane di lockdown i casi e i decessi in città sono comunque continuati ad aumentare, con una media di 200 morti ogni giorno. Lunedì 6 settembre i casi rilevati sono stati più di 7mila, ampiamente sopra la media delle settimane precedenti.
Gli ospedali sono pieni di pazienti con sintomi gravi da COVID-19 e quelli da campo allestiti per affrontare l’emergenza non sono comunque sufficienti. Medici e infermieri sono stati chiamati da altre aree del paese per lavorare a Ho Chi Minh, dove il personale sanitario è ormai esausto. Il governo ha inoltre avviato un piano per proporre ai pazienti guariti, e quindi immunizzati, di lavorare negli ospedali per dare una mano. I pazienti vengono dimessi il più velocemente possibile e ciò comporta che molti, anche dopo avere avuto sintomi gravi, debbano proseguire la convalescenza a casa e in assenza di assistenza medica.
Seppure la pandemia da coronavirus abbia insegnato che ogni paese è una storia a sé, ciò che sta accadendo in Vietnam mostra che cosa può accadere in un paese con una bassa percentuale di vaccinati quando si afferma una variante molto contagiosa, come l’attuale delta. Al momento i completamente vaccinati sono appena 3,3 milioni di persone su 96 milioni, pari a circa il 3 per cento della popolazione, mentre il 18 per cento ha ricevuto almeno una dose del vaccino. La mancanza di protezione offerta dalla vaccinazione ha contribuito al marcato aumento di casi con sintomi gravi, che rendono più alto il rischio di ricovero e di morte.