Un’altra moria di pesci nel Tevere
A migliaia si sono accumulati tra Roma e Fiumicino, portando puzza e disagi: sulle cause ci sono varie ipotesi, dall'inquinamento alla mancanza di ossigeno in acqua
Da giorni sulle rive del Tevere e nei pressi del litorale dove sfocia il fiume ci sono diverse migliaia di pesci morti, così tanti da causare in molti punti un odore fortissimo e sgradevole, definito «insostenibile» dai gestori di bar e ristoranti del Lungotevere, le lunghe strade che costeggiano il fiume nel centro di Roma. Nella darsena del porto di Fiumicino, vicino a uno dei due bracci della foce del Tevere, sono stati recuperati sei quintali di pesci morti. La moria di pesci nel Tevere è un fenomeno ricorrente, di cui si parla spesso sui media locali e nazionali e che però può avere cause diverse, non sempre facilmente individuabili. Per quella di questi giorni, si è ipotizzato uno sversamento di rifiuti tossici, ma in passato era stata invece indicata una causa diversa, cioè la scarsità di ossigeno nelle acque (anossia).
I primi avvistamenti dell’ultima moria sono dello scorso 26 agosto, al largo del litorale a nord di Roma e sulla costa di Fregene e Maccarese, seguiti da altri lungo gli argini del Tevere fino a Ponte Marconi, dentro la capitale. Nei giorni successivi una gran quantità di pesci morti – principalmente carpe, cefali e pesci siluro – è emersa anche in centro, nel tratto di fiume che passa vicino a Castel Sant’Angelo. «Abbiamo passato quattro giorni di inferno» ha detto alla Stampa Desirée Morelli, barista proprio in un locale con vista su Castel Sant’Angelo e sul fiume. «Una puzza terribile. Con la clientela c’è stato un calo enorme. La gente scendeva i gradini, si fermava, annusava la situazione, e risaliva immediatamente. Tavoli completamente vuoti».
Le prime ipotesi per spiegare la moria sono arrivate dal presidente del WWF Roma e Area metropolitana, Raniero Maggini, secondo cui la causa più probabile sono le «tante sostanze chimiche utilizzate nelle nostre campagne» che «con i temporali vengono portate a valle concentrandosi nei nostri fiumi». Ma è una spiegazione ritenuta poco credibile, visto che le campagne intorno a Roma vengono trattate in primavera. Secondo la Polizia fluviale, invece, la causa sono i metalli e gli idrocarburi depositati sulle strade dai gas di scarico, che si sono accumulati nei mesi di siccità e che sono stati poi lavati via dalle intense piogge di fine agosto e finiti nel Tevere. È una spiegazione condivisa anche da Bruno Cignini, esperto di fauna urbana docente all’Università Tor Vergata, che parlando con la Stampa ha definito l’accumulo dei residui dai gas di scarico per le strade «una bomba chimica».
In realtà per avere più certezze sulle cause serve ancora del tempo: l’ARPA Lazio (l’agenzia regionale per la protezione ambientale) ha rilevato campioni di acqua e pesci morti il 27 agosto, ma le analisi – condotte insieme alla ASL Roma 1 e all’Istituto zooprofilattico – sono ancora in corso.
Possono aiutare però le ricerche sulle morie del 2020, una avvenuta a maggio e l’altra a luglio. A maggio l’ARPA aveva tentato di analizzare le carcasse dei pesci, ma non era arrivata a una conclusione certa per via del loro stato di decomposizione molto avanzato (si erano praticamente liquefatti) che non aveva permesso di stabilire la causa della morte. Tuttavia, l’ARPA comunicò di avere trovato tracce di fitofarmaci nell’acqua, in una quantità però molto ridotta e comunque non tossica per la fauna del fiume. In ogni caso, l’ipotesi più probabile era che entrambe le morie fossero avvenute per anossia, in seguito ai forti temporali che c’erano stati. Le piogge avevano scaricato nel fiume grandi quantità di erba, terra e materiale organico deteriorati dai batteri, che nell’acqua avevano consumato molto ossigeno rendendo l’ambiente irrespirabile per i pesci.
Intanto, nel territorio del comune di Roma, le centinaia di carcasse di pesci morti in questi giorni rimangono al momento dove sono, e non è chiaro quale ente pubblico debba occuparsi di rimuoverle. L’AMA, l’azienda comunale responsabile dello smaltimento dei rifiuti, sostiene che il contratto di servizio non preveda attività di questo tipo; secondo il comune dovrebbe essere la ASL, e quindi la regione, a occuparsene, mentre la ASL Roma 1 dice che è il sindaco la massima autorità sanitaria cittadina, e quindi la rimozione dei pesci è competenza del comune.
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