La variante delta ha condizionato anche il commercio mondiale di caffè
In Vietnam, il secondo produttore al mondo, le restrizioni per contenere i contagi stanno provocando intoppi e aumenti di prezzi
Poche settimane fa in diverse zone del Vietnam sono state rafforzate le restrizioni per contenere la diffusione dei contagi da coronavirus a causa della grande circolazione della variante delta nel paese. Oltre a riguardare la vita di decine di milioni di persone, però, le rigide misure di sicurezza in vigore nel paese stanno avendo notevoli conseguenze – anche in Europa – sull’esportazione e il commercio del caffè, una delle bevande più popolari in tutto il mondo.
Il Vietnam ha circa 96 milioni di abitanti ed è il secondo produttore ed esportatore mondiale di caffè dopo il Brasile; per dare l’idea, più del 20 per cento del caffè importato nell’Unione Europea nel 2019 veniva proprio dal Vietnam. Adesso il rigido lockdown in vigore sia a Ho Chi Minh, città più popolosa e sede del principale porto commerciale del paese, sia in varie zone delle pianure centrali – soprannominate “il regno del caffè” per i loro circa 570mila ettari di coltivazioni – sta mettendo in enormi difficoltà un intero settore.
A causa delle restrizioni sugli spostamenti, i produttori del Vietnam fanno fatica a trasportare i raccolti al porto di Ho Chi Minh, nel sud del paese, mettendo in moto una lunga catena di ritardi e intoppi, resa ancora più complicata dalla carenza dei container e dall’aumento dei costi per l’esportazione delle merci, altre conseguenze della pandemia. Tutto questo ha conseguenze sulla disponibilità e sui prezzi del caffè in commercio in tutto il mondo, nonché sull’economia del paese.
In Vietnam si produce soprattutto la specie di caffè robusta, che è la seconda più consumata dopo la più pregiata specie arabica ed è usata prevalentemente dall’industria del caffè solubile: secondo un’analisi di BBC, per la situazione del Vietnam i prezzi di robusta all’ingrosso sono aumentati di circa il 50 per cento dall’inizio dell’anno.
L’associazione dei produttori di caffè e cacao del Vietnam ha chiesto al governo di allentare le restrizioni, che oltre ad avere gravi conseguenze sull’esportazione del caffè stanno creando notevoli problemi anche ad altre multinazionali che operano nel paese in vari settori, tra cui Samsung, Adidas e Nike. Per provare ad alleviare la situazione, di recente il ministro dei Trasporti del paese, Nguyen Van The, ha chiesto alle autorità locali del sud del paese di fare tutto il possibile per facilitare il trasporto dei prodotti agricoli più esportati, tra cui appunto il caffè e il riso.
Nel 2020 il Vietnam era riuscito a contenere la diffusione dei contagi da coronavirus grazie all’introduzione di rigidi lockdown e a un efficace sistema di tracciamento dei contatti, ma con l’arrivo della variante delta la situazione è decisamente peggiorata. A fine maggio le autorità del paese avevano avviato test di massa e introdotto nuove regole sul distanziamento fisico per via della presenza di alcuni focolai riscontrati a Ho Chi Minh, la cui area metropolitana ha circa 13 milioni di abitanti; ad agosto, dopo che era stato reintrodotto un lockdown già da alcune settimane, il governo aveva detto che avrebbe impiegato l’esercito per controllare le persone che uscivano di casa, a causa del progressivo peggioramento della pandemia.
Lunedì 30 agosto nel paese sono stati riscontrati più di 14mila casi di contagio, il secondo numero più alto di casi giornalieri dall’inizio della pandemia, per un totale di 450mila casi in totale, mentre in tutto il 2020 i casi accertati erano stati meno di 1.500. In più, nonostante il Vietnam abbia autorizzato l’utilizzo di sei vaccini contro il coronavirus – quelli di AstraZeneca, Sinopharm, Pfizer–BioNTech, Moderna e Johnson & Johnson, oltre allo Sputnik V – soltanto il 2,6 per cento della popolazione, pari a circa 2,5 milioni di persone, ha completato il ciclo di vaccinazione.
A ogni modo, la situazione della pandemia in Vietnam non è l’unico fattore che sta mettendo in crisi il commercio internazionale del caffè e provocando un aumento generale dei prezzi.
Come ha raccontato Reuters a inizio agosto, anche i raccolti in Brasile hanno subìto grossi danni per via di condizioni meteorologiche sfavorevoli alle coltivazioni. In particolare, periodi di prolungata siccità hanno compromesso il raccolto di quest’anno, come è successo anche in Colombia, mentre alcune gelate hanno danneggiato le piante che dovrebbero fiorire nella prossima stagione. Secondo Reuters, i danni ai raccolti in Brasile hanno fatto alzare il prezzo dell’arabica ai livelli massimi degli ultimi sette anni.
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