La scuola ricomincia con alcuni problemi nuovi e altri vecchi di un anno
Mentre il dibattito si concentra sul Green Pass rimangono varie incertezze pregresse, come i test e il sovraffollamento di aule e trasporti
Lunedì 13 settembre in molte regioni italiane riapriranno le scuole di ogni ordine e grado, e tutte le lezioni saranno in presenza: non ci sarà la didattica a distanza che durante l’ultimo anno scolastico era stata introdotta più volte per evitare la trasmissione dei contagi. Nelle ultime settimane si è parlato soprattutto dell’introduzione dell’obbligo di Green Pass per tutto il personale scolastico, dei possibili controlli e delle eventuali sanzioni per chi non ce l’ha. I giornali ne hanno scritto molto, anche se quasi tutti gli insegnanti si sono vaccinati, mentre è stato dato meno risalto a tutti gli altri problemi che non sono stati risolti: il sovraffollamento delle classi, la mancanza degli insegnanti, le capienze sui mezzi di trasporto, i test e il tracciamento per gli studenti.
Sono tutti temi che esistono da un anno, da quando cioè ricominciò il primo anno scolastico parzialmente in presenza in tempi di pandemia, e l’opinione condivisa di molti addetti ai lavori – dirigenti scolastici e sindacalisti – è che ci siano ancora troppe incertezze sulle misure per garantire la sicurezza all’interno delle aule. Qualcosa è cambiato, però: ci sono i vaccini, che garantiscono una significativa protezione contro la COVID-19 e consentono di guardare ai prossimi mesi con più ottimismo rispetto allo scorso anno.
Dal primo settembre il Green Pass è obbligatorio per il personale scolastico: maestri, professori, bidelli, personale tecnico e amministrativo, segretari, dirigenti scolastici. In assenza di Green Pass scatterà la sospensione del rapporto di lavoro e dello stipendio dopo cinque giorni di assenza ingiustificata.
I controlli verranno eseguiti dai collaboratori scolastici ogni mattina verificando i certificati uno a uno, come già avviene nei ristoranti, fino a quando non sarà disponibile una nuova app a cui sta lavorando il ministero dell’Istruzione. Secondo gli ultimi aggiornamenti dovrebbe essere attivata lunedì 13 settembre, il giorno di riapertura, anche se la sottosegretaria Barbara Floridia ha spiegato che ci sarà qualche disagio: «Siamo un po’ in ritardo, ma è davvero questione di pochi giorni».
Le parole della segretaria non hanno tranquillizzato i presidi, che in più occasioni hanno sottolineato il rischio di dedicare molto tempo ai controlli, togliendolo alle lezioni. Antonello Giannelli, presidente dell’Associazione nazionale presidi (ANP), spiega che fino a quando non sarà messa a disposizione la nuova app si dovrà fare tutto a mano. «Se in una scuola si dovranno controllare cinquanta o sessanta Green Pass, si perderà molto tempo all’inizio delle lezioni», dice. «Con il nuovo sistema applicativo, invece, si potrà fare tutto in sede amministrativa: speriamo arrivi in tempo».
Nonostante le preoccupazioni, i dati pubblicati dal governo dicono che sono pochi gli operatori scolastici non ancora vaccinati e quindi senza Green Pass, a meno di fare tamponi ogni due giorni per tutto l’anno: secondo l’ultimo report governativo, il 90,4 per cento degli operatori scolastici ha ricevuto almeno la prima dose del vaccino. Gli insegnanti e i collaboratori scolastici non vaccinati sono 138mila, il 9,5 per cento del totale: tra loro ci sono persone dichiaratamente contrarie alla vaccinazione, persone che hanno deciso di aspettare e non faranno in tempo a ottenere il Green Pass entro l’inizio delle lezioni, e anche insegnanti vaccinati ma contrari ideologicamente alla certificazione.
Lunedì mattina Marco Meotto, docente di storia e filosofia all’istituto Natta di Rivoli, in provincia di Torino, membro del coordinamento provinciale Cub (Confederazione Unitaria Di Base), ha preso parte al presidio organizzato sotto l’Ufficio scolastico regionale contro un obbligo che definisce discriminatorio e umiliante. «Gli insegnanti hanno fatto la loro parte e si sono vaccinati, io per primo», dice Meotto, che pur essendo vaccinato ha dichiarato di non voler esibire il certificato andando incontro alle sanzioni previste. «Non si fa altro che parlare del Green Pass, e tutto resta come prima: già lo scorso anno ci hanno detto che le scuole erano sicure. Invece non sono stati fatti gli investimenti promessi su un piano per l’edilizia scolastica, i trasporti e il personale».
Quando un insegnante non avrà il Green Pass, il dirigente scolastico dovrà trovare un supplente, ovviamente con il certificato. Il meccanismo di sostituzione non è ancora chiaro: un supplente potrebbe essere chiamato la mattina stessa per sostituire il collega senza Green Pass, senza certezze sui tempi di permanenza nella scuola. Potrebbe ottenere l’incarico per un solo giorno. «Scopriremo tutto tra le 7.30 e le 8 del mattino, con tutti i problemi che ne conseguono per noi dirigenti», spiega Giannelli. «La scuola dell’infanzia e la scuola primaria potrebbero avere meno problemi, mentre nella scuola secondaria sarà molto complicato trovare qualche docente disponibile per una supplenza di un giorno. Anche in questo caso, con una notevole perdita di tempo. Tutti questi problemi non ci saranno quando tutti saranno vaccinati».
Ma i problemi della riapertura non si limitano all’organizzazione degli insegnanti. In molte scuole le aule hanno dimensioni contenute, che aumentano il rischio di sovraffollamento e di trasmissione dei contagi, soprattutto tra gli studenti con meno di 12 anni – quattro milioni – che non hanno accesso al vaccino. Il ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi ha spiegato che il problema delle classi con troppi studenti riguarda il 2,9 per cento del totale: «Abbiamo la conoscenza millimetrica del problema e ci stiamo lavorando con interventi mirati». Il governo ha stanziato 50 milioni di euro per le scuole statali e paritarie, 22 milioni del decreto Sostegni Bis per le scuole che hanno più di 5 classi con oltre 26 studenti (primarie e medie) o 27 studenti (scuole superiori), infine 70 milioni per l’affitto di spazi aggiuntivi.
Secondo i sindacati, considerare il sovraffollamento solo nei casi limite, oltre i 27 studenti per classe, significa sottovalutare le possibili conseguenze dell’epidemia dopo l’arrivo della variante delta. «Siamo contentissimi di riprendere le attività in presenza», dice Graziamaria Pistorino, della segreteria nazionale FLC Cgil. «Ma bisogna fare i conti con la realtà: la variante delta è molto più contagiosa e colpisce anche in fasce d’età che non sono vaccinate. Bisogna capire se ci siano davvero le condizioni per garantire le attività in presenza».
Il 14 agosto il ministero e sindacati hanno firmato un protocollo di sicurezza che prevede un nuovo piano di test per la popolazione scolastica solo a campione, un piano di intervento sui sistemi di aerazione, una corsia preferenziale per la vaccinazione del personale scolastico, una maggiore collaborazione con le aziende sanitarie per il tracciamento dei contagi e un’analisi costante dei dati epidemiologici delle scuole: verranno sottoposti a tamponi rapidi salivari 54mila studenti ogni quindici giorni appartenenti a istituti chiamati “sentinella”.
Il comitato tecnico scientifico ha raccomandato di rispettare una distanza di sicurezza interpersonale di almeno un metro, non più obbligatoria come lo scorso anno. La mascherina chirurgica, invece, è obbligatoria per tutti gli studenti con più di 6 anni. Se verrà trovato un caso di coronavirus, verrà riattivata la didattica a distanza per la classe: gli studenti vaccinati se asintomatici staranno in quarantena sette giorni, i non vaccinati dieci. La capienza massima sui mezzi di trasporto pubblico, dove non è obbligatorio presentare il Green Pass, è stata portata all’80 per cento.
Il 26 agosto si è tenuta una riunione tra i sindacati e alcuni funzionari del ministero per capire come applicare concretamente il protocollo sulla sicurezza. I sindacati dicono di avere avuto risposte vaghe, e al 31 agosto il ministero non ha ancora inviato una circolare o una nota ai dirigenti scolastici per chiarire come applicare le nuove norme.
«Nel frattempo si è parlato solo del Green Pass per gli operatori scolastici: un distrattore di massa», dice Pistorino. «Purtroppo non si può eliminare l’epidemia solo firmando un decreto: il ministero deve rispettare gli impegni presi. Non ci sono certezze sul personale aggiuntivo e in generale non abbiamo garanzie sulla sicurezza oltre alle raccomandazioni piuttosto vaghe del ministero e del comitato tecnico scientifico».
Il ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi ha detto che il ministero è al lavoro da mesi per la ripartenza di settembre: «Da febbraio abbiamo sempre guardato a questo obiettivo e ci siamo impegnati costantemente per raggiungerlo. Abbiamo stanziato oltre 2 miliardi per il rientro in sicurezza, compresi 270 milioni per l’edilizia scolastica leggera e l’affitto di spazi ulteriori per la didattica».