Nelle ultime settimane ci sono stati molti arresti di capi della camorra
I più eclatanti sono avvenuti a Dubai, una città che fino a poco fa era considerata un rifugio sicuro per camorristi di primo piano
L’ultimo a essere arrestato è stato Raffaele Mauriello, detto ’o chiatto, uno dei killer della camorra considerati più spietati e pericolosi. È successo a Dubai, negli Emirati Arabi Uniti, il 14 agosto. La notizia è stata diffusa soltanto giovedì 26 agosto. Mauriello era latitante da tre anni. Nei suoi confronti era stato emesso un mandato di cattura per omicidio, associazione mafiosa e traffico di stupefacenti. Come lui molti altri latitanti italiani, non solo di camorra e ‘ndrangheta, vivono a Dubai perché lì si sentono al sicuro: fra di loro ci sono anche l’ex deputato Amedeo Matacena e il cognato di Gianfranco Fini, Giancarlo Tulliani.
Tra Emirati Arabi Uniti e Italia non c’era mai stata, infatti, grande collaborazione in materia di estradizioni. Nel 2015 tra i due paesi era stato firmato un trattato di estradizione e di mutua assistenza giudiziaria, ratificato dal Parlamento italiano ma mai messo realmente in pratica dal ministero della Giustizia degli Emirati Arabi Uniti. Ora però sembra che i problemi siano stati superati e che si sia giunti ad accordi “tecnici” che facilitano l’applicazione del trattato. È per questo che in pochi giorni sono stati arrestati due latitanti di grande spessore.
Prima di Mauriello era toccato a Raffaele Imperiale, detto Lelluccio Ferrarelle perché da giovane consegnava acqua minerale a Castellammare di Stabia. Da anni era a capo di un traffico di droga tra Colombia, Olanda, Spagna e Italia, che dirigeva da Dubai, e leader del cartello Amato-Pagano, i cosiddetti Scissionisti (sono chiamati così perché si separarono dal clan dominante dei Di Lauro: la guerra di camorra che ne seguì è conosciuta come la prima faida di Scampia). Fa parte degli Scissionisti anche Mauriello, accusato di essere uno dei principali killer di un’altra guerra interna, la terza faida di Scampia: un sanguinoso scontro tutto interno fra le famiglie Amato e Pagano.
Mauriello è considerato il braccio destro di Imperiale. I due vivevano a stretto contatto a Dubai. Sul loro arresto la polizia di Dubai ha detto che è stato effettuato «dopo un periodo di stretta sorveglianza da parte degli investigatori effettuato anche grazie al programma Oyoon, una sofisticata rete di videosorveglianza. Grazie alle ultime tecnologie nel campo dell’intelligenza artificiale i nostri ufficiali hanno seguito Imperiale e fatto irruzione nella sua casa sequestrando ingenti somme di denaro, orologi e altri oggetti di valore tra cui dipinti».
Imperiale utilizzava un falso nome, Antonio Rocco, e viveva in una villa piuttosto isolata «dove poteva monitorare chiunque si avvicinasse», ha detto ancora la polizia di Dubai: «aveva anche evitato di registrare un indirizzo di residenza per fuorviare le autorità».
Ma non ci sono solo gli arresti di Dubai. La camorra in queste settimane sta subendo colpi durissimi. Nelle stesse ore in cui veniva comunicato l’arresto di Mauriello, in Spagna veniva arrestato un altro importante latitante, Gennaro Esposito, detto Genny capo ‘e bomba, del clan Mazzarella. Esposito fu tra i protagonisti della guerra tra i Mazzarella e l’alleanza Minichini-Rinaldi per il controllo del centro di Napoli. Gli investigatori avevano messo negli ultimi mesi sotto controllo il telefono della compagna di Esposito. Quando lei è partita con la figlia per raggiungere l’uomo a Barcellona, i poliziotti si sono imbarcati sullo stesso volo, l’hanno seguita e sono così arrivati al latitante.
Il 19 agosto era stato il turno di Giuseppe Vacca, capo del clan Licciardi, ricercato dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli per estorsione aggravata dal metodo mafioso. L’hanno arrestato in un ristorante di Varcaturo, frazione di Giugliano (Napoli), dove stava festeggiando il compleanno del cognato.
L’arresto forse più importante, quello che ha fatto più clamore sui giornali, è avvenuto il 7 agosto ed è stato quello di Maria Licciardi, detta ‘a piccerella, a capo della cosiddetta alleanza di Secondigliano. Licciardi prese il comando del suo clan quando il fratello, Gennaro Licciardi (detto la scimmia), morì in carcere per una setticemia.
Il clan era potentissimo e ricco. I soldi arrivavano dal traffico di droga e dalle estorsioni ma anche dalla vendita di prodotti contraffatti. Disse un collaboratore di giustizia, Luigi Giuliano: «Il mercato dei falsi giubbini era in mano a Pierino e Maria Licciardi, con guadagni notevolissimi e catene di negozi legati all’organizzazione». Molti soldi arrivavano anche dal commercio dei falsi trapani Bosch sul mercato statunitense, che veniva gestito dal marito della Licciardi, Antonio “James” Teghemie. Un altro pentito, Costantino Sarno, disse: «A Secondigliano e zone limitrofe per tutta la periferia nord i cantieri, che erano le fonti di guadagno più cospicue con la droga, erano in mano ai Licciardi».
Arrestata nel 2001, Licciardi fu una delle poche donne a subire il regime del 41 bis. Ha scontato otto anni prima al carcere di Rebibbia, a Roma, poi a L’Aquila dove venne trasferita per dividere i momenti di “socialità” indicati dal 41 bis con la brigatista Nadia Desdemona Lioce, condannata all’ergastolo per gli omicidi di Massimo D’Antona e Marco Biagi.
Uscita dal carcere nel 2009, Maria Licciardi è riuscita per anni a tenere un profilo basso: attentissima alla propria vita privata, faceva bonificare continuamente la propria casa alla ricerca di microspie. Secondo il pentito Luigi Misso ha però continuato a comandare il clan. Il 7 agosto Licciardi è stata arrestata mentre stava per scappare in Spagna: l’accusa di cui deve rispondere è associazione di tipo mafioso, estorsione, ricettazione di somme di denaro di provenienza illecita e turbativa del regolare svolgimento di un’asta giudiziaria, reati aggravati dalle modalità mafiose. Dalle carte che hanno portato all’arresto di Maria Licciardi è anche emerso che la donna si era data da fare per fare eleggere, alle elezioni regionali campane del 2020, un candidato vicino all’alleanza di Secondigliano offrendo 50 euro a voto. L’uomo prese 2.100 preferenze ma non fu eletto.
Cinque arresti di esponenti di primo piano nelle ultime settimane sono un colpo decisamente importante. Gli investigatori si attendono inoltre che dopo gli arresti di Imperiale e Mauriello altri esponenti delle organizzazione criminali lascino Dubai, dove hanno prosperato e fatto affari per anni: la città non è più considerata ormai un rifugio sicuro.
La latitanza, come spiegano gli uomini della Questura di Napoli, richiede tanti soldi e complicità e rapporti che devono essere “a tenuta stagna”. Resta latitante a lungo chi non fa uso del telefono e comunica solo attraverso pizzini con poche persone fidatissime. Chi invece non rinuncia al lusso e ai propri consolidati privilegi è decisamente più facile da prendere.
Rimane famoso il caso del capo Paolo Di Lauro, scovato perché i carabinieri sapevano che non rinunciava per nessuna ragione al mondo al pesce fresco ogni giorno. Furono messe sotto controllo le pescherie di Secondigliano e si scoprì che una donna, ogni mattina, comprava soprattutto pezzogne, un tipo di pesce particolarmente pregiato. Di Lauro fu catturato così.