Le polemiche sulla nomina del nuovo direttore dell’Archivio dello Stato
La scelta di Andrea De Pasquale è stata criticata a causa di una controversia sugli archivi di un politico di estrema destra
Negli ultimi giorni sui giornali italiani si è creata una polemica, alimentata da diversi intellettuali, associazioni e giornalisti, intorno alla decisione del ministro della Cultura Dario Franceschini di nominare Andrea De Pasquale come direttore dell’Archivio Centrale dello Stato.
De Pasquale, dirigente del ministero che ha già guidato diversi enti culturali importanti, come la Biblioteca Nazionale Centrale di Roma, è criticato perché, proprio da direttore della Biblioteca, nel novembre del 2020 decise di acquisire l’archivio appartenuto a Pino Rauti, una delle figure più note e discusse, dal dopoguerra in poi, della destra radicale in Italia e in Europa. A essere contestata non fu l’acquisizione dell’archivio, senz’altro importante, ma il modo in cui avvenne.
Secondo i critici, la figura di Rauti non fu descritta come avrebbe dovuto, né contestualizzata. La presentazione dell’archivio fu anzi affidata alla figlia di Pino Rauti, Isabella, dirigente di Fratelli d’Italia e ex moglie dell’ex sindaco di Roma Gianni Alemanno. L’evento di inaugurazione, previsto per il 19 novembre dell’anno scorso nell’Auditorium di Roma, non si tenne a causa delle restrizioni provocate dalla pandemia da coronavirus, ma l’istituzione del Fondo Pino Rauti alla Biblioteca Nazionale Centrale fu comunque annunciata da alcune comunicazioni tutte gestite dalla famiglia Rauti.
Rauti, nell’annuncio ufficiale emesso dalla famiglia e pubblicato per qualche giorno anche sul sito della Biblioteca Nazionale, veniva definito «statista» e presentato come «uno dei personaggi chiave della Storia della Destra in Italia: organizzatore, pensatore, studioso, giornalista, deputato dal 1972 al 1992. Tanto attivo e creativo, quanto riflessivo e critico». Nessun accenno alla sua militanza come volontario nella Repubblica Sociale Italiana. Né al fatto che Rauti fondò il Centro Studi Ordine Nuovo, organizzazione di estrema destra da cui nacque Ordine Nuovo, movimento presto trasformatosi in eversivo, e sciolto dal governo per tentata ricostituzione del disciolto Partito Fascista: tra le altre cose, era di Ordine Nuovo Pierluigi Concutelli che il 10 luglio 1976 uccise a Roma il magistrato Vittorio Occorsio con 32 colpi di mitra. Rauti ufficialmente non ha mai fatto parte di Ordine Nuovo.
Pino Rauti inoltre fu coinvolto nelle indagini relative alle bombe sui treni del 1969 (l’8 e il 9 agosto, quando molte bombe furono piazzate su diversi treni diretti a varie stazioni italiane). Fu anche indagato e arrestato per la strage di piazza Fontana a Milano (1969) e per quella di piazza della Loggia a Brescia (1974). Fu poi assolto da tutte le accuse, ma esponenti di Ordine Nuovo furono invece indagati e poi condannati per il loro coinvolgimento in diversi atti di eversione e terrorismo fascista, comprese le varie stragi italiane.
A causa della gestione apparentemente superficiale dell’istituzione del Fondo Pino Rauti da parte della Biblioteca Nazionale guidata da De Pasquale, diverse associazioni hanno chiesto al ministro Franceschini la revoca della sua nomina all’Archivio dello Stato.
Tra questi soprattutto le associazioni dei familiari vittime delle stragi di piazza Fontana, di piazza della Loggia a Brescia e della stazione di Bologna (1980). Paolo Bolognesi, presidente dell’associazione vittime della strage di Bologna, qualche giorno fa ha scritto al presidente del Consiglio e al presidente della Repubblica chiedendo un ripensamento: «De Pasquale ha mostrato o comunque avallato un atteggiamento di scarsa autonomia scientifica e di compiacenza nei confronti della famiglia Rauti e della parte politica sua e dei suoi eredi».
Tra gli argomenti dei critici, c’è il fatto che l’Archivio Centrale dello Stato è quello che custodisce tutti i documenti giudiziari, quando vengono desecretati, che riguardano le stragi d’Italia. E il direttore è uno dei principali responsabili della corretta attuazione della desecretazione delle carte.
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Sicuramente il curriculum di De Pasquale è importante. Ha conseguito il dottorato di ricerca in Storia del Libro alla École Pratique des Hautes Études di Parigi, con una tesi su Giovanni Battista Bodoni. Ha un diploma di specializzazione in storia all’Université de Nice Sophia-Antipolis e un altro di specializzazione di bibliotecario ottenuto alla Scuola Speciale per Archivisti e Bibliotecari della Sapienza di Roma. È entrato al ministero dei Beni Culturali nel 2007: prima di diventare direttore della Biblioteca Nazionale Centrale nel 2014 ha diretto la Biblioteca Nazionale Braidense di Milano, la Biblioteca Nazionale Universitaria di Torino e la Biblioteca Palatina di Parma.
Un curriculum che però secondo lo storico dell’arte Tomaso Montanari non è adatto. De Pasquale, secondo Montanari, che ne ha scritto sul Fatto Quotidiano, ha avuto una carriera ottima ma come bibliotecario e non come archivista: «Sarebbe assurdo», ha scritto, «che l’archivista in capo della Repubblica italiana non fosse un archivista».
Ma è il problema politico quello più rivelante. Secondo Paolo Bolognesi, se la nomina di De Pasquale verrà confermata «bisognerà pensare che nei fatti non c’è nessuna volontà di fare chiarezza sui retroscena della strage [di Bologna] e delle stragi in generale».
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Nessuno ha accusato De Pasquale di simpatie neofasciste. Ma, sostengono i critici, avrebbe commesso un errore serio. Forse per sottovalutazione o forse perché semplicemente, anche se può sembrare strano, De Pasquale non conosceva completamente la figura di Rauti che è stato molto di più di un parlamentare del Movimento sociale italiano (MSI) per cinque legislature, tra il 1972 e il 1992.
Ex volontario nella Repubblica Sociale, alla fine degli anni Quaranta Rauti diede vita ai Fasci di Azione Rivoluzionaria e poi, negli anni Cinquanta, come già detto, al Centro Studi Ordine Nuovo (il cui simbolo era l’ascia bipenne), uscendo dal partito in cui militava, il MSI. Il 16 aprile 1968 partì assieme ad altri 51 esponenti di destra, fra cui l’agente dei servizi segreti Stefano Serpieri, Mario Merlino (infiltratosi poi nel movimento anarchico a Milano) e Stefano Delle Chiaie (in seguito fondatore dell’associazione neofascista ed eversiva Avanguardia Nazionale) per un viaggio di istruzione sulle tecniche di infiltrazione, nella Grecia dei Colonnelli, a spese del governo greco.
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Con l’arrivo alla segreteria del MSI nel 1969 di Giorgio Almirante, Rauti rientrò nel partito. Ordine Nuovo, il movimento nato dal centro studi omonimo, venne sciolto nel 1973, e alcuni suoi aderenti condannati per ricostituzione del disciolto Partito fascista. Nel 1972 intanto Rauti era stato arrestato per gli attentati ai treni dell’8 e 9 agosto 1969. Successivamente l’incriminazione si estese all’attentato di piazza Fontana del 12 dicembre dello stesso anno. Nessuna delle indagini avviate dalla magistratura accertò mai però nessun reato a suo carico. Fu anche processato nel 2010 per la strage di piazza della Loggia a Brescia del 28 maggio 1974. Fu assolto in base all’articolo 530 comma due del Codice di procedura di penale (quando manca, è insufficiente o è contraddittoria la prova che il fatto sussiste, che l’imputato lo ha commesso, che il fatto costituisce reato).
Nel 1987 si candidò segretario del MSI, e fu sconfitto da Gianfranco Fini; quando sconfisse a sua volta Fini nel 1990, da segretario Rauti disse: «Dobbiamo sfondare a sinistra». Sotto la sua guida l’MSI ebbe risultati elettorali pessimi. Si dimise, e tornò segretario Gianfranco Fini. Rauti commentò così la svolta moderata del congresso di Fiuggi, quando nacque Alleanza Nazionale: «Fini ha semplicemente ammesso pubblicamente quello che noi abbiamo sempre sostenuto, e cioè che il “fascismo di destra” non è fascismo, e non lo è mai stato».
Nel 2004 fondò il MIS, Movimento idea sociale, ma alle elezioni raccolse lo 0,1 per cento. Morì nel novembre 2012. Gianfranco Fini si presentò al funerale, nella basilica di San Marco a Roma: tra saluti romani e urla «Badoglio, Badoglio!» (il primo ministro che accettò l’armistizio dell’Italia fascista nel 1943) fu costretto a scappare dalla chiesa.
Quella di Rauti è quindi una figura complessa che non può essere descritta con la semplice definizione «attivo e creativo, quanto riflessivo e critico».
Alle critiche sulla nomina di De Pasquale, Franceschini ha risposto il 22 agosto difendendo la sua scelta: «Tra i dirigenti del Ministero che hanno presentato domanda alla procedura di interpello, ho ritenuto il dottor De Pasquale il più idoneo in quanto, oltre a possedere i necessari titoli di archivista, ha, negli ultimi anni, diretto con molta efficacia la Biblioteca Nazionale Centrale di Roma avviando iniziative di alto livello».
E sul caso Rauti ha aggiunto:
«Posto che dovere delle istituzioni è accogliere tutto il materiale documentale utile, ora e nel futuro, alla ricostruzione della storia e al lavoro degli studiosi indipendentemente (ci mancherebbe altro!) dai percorsi politici dei proprietari di quelle carte, in quella occasione apparve una nota nel sito del ministero che nel titolo definiva Rauti uno statista. La nota, di cui non era autore il dottore De Pasquale, fu ritirata nel giro di qualche ora e lo stesso scrisse subito una lettera, per spiegare e scusarsi, alle associazioni vittime delle stragi. Da parte mia, feci mandare al mio Capo di Gabinetto una nota con un richiamo severo agli uffici. Ora, non credo che questo episodio, del novembre 2020, possa essere un elemento sufficiente per mettere in discussione una nomina fatta, come doveroso, esclusivamente in base al curriculum professionale, con una procedura già completata da giorni con la firma mia e del Ministro della Funzione Pubblica, su delega del Presidente del Consiglio».
Alla risposta di Franceschini hanno replicato Carlo Arnoldi (associazione vittime Piazza Fontana), Manlio Milani (Associazione familiari dei Caduti Piazza Loggia) e Paolo Bolognesi (Associazione dei familiari delle vittime della strage di Bologna) che hanno definito le parole di Franceschini «garbate». Ma, continuano i portavoce delle associazioni, «siamo convinti che non si possa dare un incarico del genere a chi ha avallato l’elogio del fondatore di Ordine Nuovo, organizzazione implicata in 2 stragi e in diversi omicidi. Il momento è particolarmente delicato e ci sono enormi possibilità di passi importantissimi verso la completa verità sulle stragi e su tutta la cosiddetta strategia della tensione. La nomina di De Pasquale è un vulnus intollerabile, una operazione che sembra serva a tranquillizzare quegli apparati che ancora oggi hanno paura della verità».