La cerimonia in cui ci si prende a calci e pugni per far ritornare la pace, in Perù
Si chiama "Takanakuy", si tiene una volta all'anno e serve per pareggiare i conti in sospeso all'interno di una comunità
In Perù ogni 25 dicembre alcune migliaia di persone si riuniscono per assistere al “Takanakuy”, una cerimonia tradizionale in cui si tengono parate, danze e soprattutto combattimenti in cui chi partecipa si sfida a calci e pugni. I combattimenti possono essere anche molto violenti, ma in ogni caso cominciano e si concludono sempre con un abbraccio o almeno una stretta di mano: per quanto possa sembrare un metodo insolito, l’idea è che il Takanakuy aiuti le persone a risolvere i loro conflitti e serva per cominciare l’anno nuovo in pace.
Il Takanakuy è una tradizione tipica di Santo Tomás, una città di poche centinaia di abitanti nella remota provincia di Chumbivilcas, sulle Ande, nel sud del Perù. Negli anni si è estesa anche ad altre città, tra cui Cuzco – che si trova circa cento chilometri più a nord – e Lima, la capitale del paese, dove è praticata anche da persone non indigene.
Nei combattimenti a Santo Tomás gli uomini indossano maschere o passamontagna colorati e costumi tradizionali, spesso accompagnati da copricapi arricchiti da uccelli imbalsamati, teschi di cervo o di altri animali. Nel combattimento si usano movimenti che possono ricordare quelli di alcune arti marziali; si combatte a mani nude o avvolte in pezze di stoffa e non è ammesso mordere, tirare i capelli e colpire chi è a terra.
Al Takankuy di Santo Tomás partecipano migliaia di persone provenienti da tutte le comunità della zona, per sfidarsi o per fare il tifo ai loro amici e parenti. Sebbene i tradizionalisti non approvino la loro presenza, negli ultimi anni hanno cominciato a combattere anche sempre più donne.
In quechua, la lingua indigena parlata nelle Ande,“takanakuy” vuol dire “colpirsi a vicenda”. Questa forma di combattimento nacque alcuni secoli fa come metodo per gestire e risolvere i conflitti emersi durante l’anno tra parenti o persone della stessa comunità: era infatti raro che i villaggi rurali più remoti venissero presidiati con costanza dalle forze dell’ordine o che le contese potessero essere risolte per vie ufficiali, diciamo.
Ancora oggi a Santo Tomás le persone lottano una volta all’anno in un’arena pubblica per pareggiare i conti a causa di litigi o discussioni varie; altre invece vogliono semplicemente mettere in mostra il loro coraggio o la loro forza. Il 26 dicembre, la manifestazione prosegue a Llique, una località a pochi chilometri di distanza, dove i combattimenti si svolgono in un prato all’aperto.
La parte centrale del Takanakuy è senz’altro il combattimento, ma la giornata è caratterizzata da una serie di rituali molto partecipati.
Durante la settimana precedente, c’è una parata organizzata dai residenti, che sfilano nelle strade di Santo Tomás in abiti tradizionali bevendo e ballando al ritmo della musica andina. Il 25 dicembre, prima di prendersi a pugni e calci, i contendenti mangiano insieme e si scambiano il famoso abbraccio o la stretta di mano: i combattimenti, anticipati da un canto, sono seguiti con fervore dagli spalti dell’arena, dove il tifo si divide tra i sostenitori di chi sta lottando.
Nonostante possa sembrare un modo decisamente inconsueto per farlo, l’obiettivo principale del Takanakuy è ripristinare la pace all’interno delle comunità per cominciare l’anno in maniera serena, e c’è un evento simile anche in Bolivia. Nel villaggio di Potosí, nel sud-ovest del paese, all’inizio di maggio uomini e donne di diverse comunità si radunano per il “Tinku”, una forma di combattimento rituale che ha ispirato una danza folkloristica molto diffusa in Bolivia.
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