In Israele sono tornati ad aumentare i contagi
C'entra la variante delta: nel paese è già iniziata la campagna per la terza dose e il governo ha reintrodotto alcune restrizioni
Nelle ultime settimane in Israele il numero dei contagi da coronavirus è tornato a crescere come non succedeva ormai da molti mesi. Lunedì 16 agosto sono stati registrati 8.646 casi di contagio, il numero più alto dal picco raggiunto sei mesi fa nel corso della terza ondata, la più grave nel paese dall’inizio della pandemia. La causa del rapido aumento dei casi è la variante delta del coronavirus, molto più contagiosa delle altre varianti e ormai prevalente in Israele come in gran parte del mondo.
La nuova ondata di contagi è arrivata dopo che tra marzo e giugno Israele sembrava essere riuscita a contrastare molto bene la pandemia, soprattutto grazie a una campagna vaccinale estremamente efficace, cominciata presto e proseguita con ritmi elevatissimi, tanto che a giugno gran parte delle misure di prevenzione erano state eliminate. Israele era guardato da molti altri paesi come un “modello”, un “esperimento di successo” da seguire.
Da giugno però, la campagna vaccinale in Israele si è fermata quasi del tutto: il problema riguarda innanzitutto lo scetticismo nei confronti delle vaccinazioni da parte degli ebrei ultraortodossi (che rappresentano il 12% della popolazione di Israele) e degli arabi israeliani (il 20% della popolazione). Secondo un recente sondaggio molti di loro non si sono vaccinati perché ritengono di aver già contratto il coronavirus in passato e di essere quindi protetti da una nuova infezione, e altri invece non si fidano dell’efficacia dei vaccini o dei potenziali effetti collaterali.
A maggio il 57 per cento degli oltre 9 milioni di abitanti di Israele aveva già ricevuto entrambe le dosi dei vaccini autorizzati (Pfizer-BioNTech e Moderna), e ad oggi la popolazione completamente vaccinata è il 60 per cento del totale. Per fare un confronto, in Italia a inizio maggio solo il 14 per cento aveva ricevuto le due dosi di vaccino, mentre oggi è il 57 per cento.
La quarta ondata in Israele è iniziata a metà luglio, e i contagi hanno iniziato a crescere rapidamente nelle prime due settimane di agosto. A differenza della terza ondata, però, le morti giornaliere oggi sono molte meno, così come i ricoveri dei pazienti con gravi forme di COVID-19.
Molte persone che hanno contratto il virus avevano ricevuto una sola dose di vaccino o erano persone anziane vaccinate più di 6 mesi fa. Come dimostrano gli studi preliminari sulla variante delta, nei paesi dove le campagne vaccinali sono a buon punto, come Israele, si è assistito a un aumento dei contagi, ma non a un aumento dei ricoveri e dei decessi paragonabile a quello delle precedenti ondate. I vaccini contribuiscono infatti a prevenire le forme gravi della COVID-19, riducendo il rischio di sviluppare sintomi che rendono necessaria l’assistenza medica in ospedale.
Al contempo, un recente studio di Pfizer e BioNTech ha mostrato come l’efficacia del loro vaccino a mRNA diminuisca dopo sei mesi (passando dal 96 per cento all’84 per cento), mentre la protezione contro le formi gravi di COVID-19 si mantiene molto alta. Anche per questo alcuni paesi, e Israele prima di tutti, hanno deciso di offrire una terza dose del vaccino di Pfizer-BioNTech alle persone che hanno più di 60 anni e che hanno ricevuto la seconda dose da almeno cinque mesi. Finora più di 1 milione di israeliani ha ricevuto la terza dose di vaccino, e il primo ministro Naftali Bennett ha detto che presto verrà offerta anche a chi ha più di 40 anni.
Come ha spiegato al New York Times Ran Balicer, a capo del Clalit Research Institute, un istituto di ricerca che assiste il governo israeliano nella risposta alla pandemia, quando Israele aveva superato la terza ondata pensava di avere risolto buona parte dei suoi problemi. La situazione si è poi complicata con la diffusione della variante delta.
Una differenza della quarta ondata rispetto alla precedente è che non ha riguardato le comunità ultraortodosse, contrarie alle vaccinazioni, bensì le persone vaccinate appartenenti soprattutto al ceto medio dei centri urbani. Per arginare l’aumento dei contagi, il governo israeliano ha deciso di reintrodurre alcune delle restrizioni che erano state progressivamente eliminate nei mesi scorsi, ma per ora il primo ministro Bennett ha detto che non ci sarà nessun lockdown, che secondo lui «distruggerebbe il futuro del paese».
È stato reintrodotto l’obbligo di indossare la mascherina nei luoghi chiusi e sarà richiesto un certificato di vaccinazione o il risultato negativo a un test per il coronavirus per entrare in una serie di spazi pubblici, inclusi ristoranti e bar, luoghi culturali e sportivi, hotel e palestre. È stato anche reintrodotto un limite al numero massimo di persone che possono entrare in sinagoghe, moschee o chiese, e nei negozi e centri commerciali.
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