La lenta campagna vaccinale in Trentino-Alto Adige
Agli ultimi posti per dosi somministrate, le province autonome di Trento e Bolzano hanno lanciato diverse iniziative per convincere i moltissimi scettici
Da mesi si parla delle lentezze della campagna vaccinale nelle regioni del Sud, in particolare in Sicilia e in Calabria, dove la diffidenza nei confronti dei vaccini ha portato molte persone a rinunciare alla somministrazione. Si è parlato molto meno invece del Trentino-Alto Adige, dove la percentuale della popolazione vaccinata è tra le più basse in Italia: a Bolzano è stato vaccinato il 51,1% della popolazione, il 6,2% è in attesa della seconda dose e il 42,7 della prima; Trento è l’unica area in Italia a non aver raggiunto il 50 per cento della popolazione completamente vaccinata (49,1%).
Questi dati mostrano un andamento delle vaccinazioni piuttosto lento rispetto al resto d’Italia, dove le regioni sono vicine a proteggere il 60% della popolazione.
Le lentezze in Trentino-Alto Adige, che secondo diversi studi è ai primi posti in Italia per la qualità del sistema sanitario, sono dovute a diverse cause: lo scetticismo di una parte consistente della popolazione nei confronti del vaccino, l’inefficacia dei provvedimenti che avrebbero dovuto incentivare le somministrazioni, e alcuni imprevisti organizzativi legati alla gestione delle prenotazioni. Capire fino in fondo i motivi di questi ritardi è comunque molto complesso.
Al momento la provincia autonoma di Bolzano ha somministrato 552.735 dosi, l’89,8% delle 615.269 consegnate finora. È la percentuale più bassa di somministrazione in Italia: significa che l’azienda sanitaria locale non è riuscita finora a sfruttare le dosi a disposizione come è avvenuto nelle altre regioni. Sono stati vaccinati quasi tutti gli anziani – l’87,2% delle persone tra 80 e 89 anni e l’84,8% delle persone con più di 90 anni – mentre le percentuali sono basse nella fascia tra i 40 e i 49 anni (57,7%) e tra i 30 e i 39 anni (46%) nonostante le prenotazioni siano aperte da due mesi.
In generale c’è una scarsa fiducia nei confronti del vaccino, che qui sembra incidere di più rispetto ad altre zone d’Italia. Lo si vede per esempio dall’alto numero di operatori sanitari non ancora vaccinati. Secondo gli ultimi dati, nella provincia autonoma di Bolzano gli operatori sanitari che non hanno aderito alla campagna vaccinale sono stati 2.293. All’inizio di luglio erano stati segnalati 3.967 medici e infermieri che non avevano rispettato l’obbligo, quasi il 20 per cento dei 22mila operatori sanitari: di questi, 1.674 hanno cambiato idea. Finora l’azienda sanitaria ha inviato 379 lettere di sospensione.
L’opposizione al vaccino sembra essere piuttosto estesa anche al di fuori dell’ambito sanitario. Claudio Volanti, presidente dell’Ordine dei Medici di Bolzano, ha detto per esempio che «l’Alto Adige è sempre stata una provincia a forte tendenza antivaccinista. Già nel 2014 si rilevava che il tasso di vaccinazione per il morbillo era al 68%. Su tutte le vaccinazioni obbligatorie si mantiene sempre più basso rispetto al resto d’Italia».
Secondo Volanti, questa situazione deriverebbe anche da una crescente fiducia nella medicina alternativa. «C’è ancora la convinzione che la medicina tradizionale abbia qualcosa in meno, lo dimostra il fatto che il bilancio delle aziende che vendono prodotti omeopatici è sempre molto alto», ha detto. «Ricordo che la Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi riconosce la medicina complementare, o non convenzionale, ma non quella alternativa, praticata da molti sanitari qui in Alto Adige».
Ma ci sono anche altri motivi per le lentezze riscontrate. Nei giorni scorsi sono state interrotte le prenotazioni online dei vaccini in seguito a un richiamo del garante della privacy: il sistema di prenotazioni organizzato dalla provincia autonoma di Bolzano consentiva infatti di accedere alle informazioni personali di qualcuno inserendo il solo codice fiscale, senza chiedere anche il numero di tessera sanitaria, come invece succede nel resto d’Italia, creando dunque un problema di rispetto della privacy.
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Per tutta la scorsa settimana era stato possibile prenotare l’appuntamento per il vaccino solo al telefono: c’è quindi stata una flessione delle prenotazioni che in parte ha inciso sull’andamento della campagna vaccinale «Abbiamo lavorato il più rapidamente possibile per reintrodurre questa modalità di prenotazione e ce l’abbiamo fatta», ha detto il direttore generale dell’azienda sanitaria, Florian Zerzer. «Soprattutto i giovani, molti dei quali ora si stanno prenotando, apprezzano il fatto di poter fissare l’appuntamento online da casa o mentre sono in viaggio, a qualsiasi ora del giorno o della notte».
Per incentivare il più possibile le somministrazioni, la provincia autonoma di Bolzano ha organizzato diverse iniziative. Quella che ha ricevuto più attenzioni è stata la campagna di vaccinazione con cosiddetti Vax Bus: tre autobus sono stati trasformati in centri vaccinali itineranti, in viaggio nei paesi della provincia.
L’obiettivo è raggiungere i piccoli paesi lontani dai grandi centri e le persone possono chiedere di essere vaccinate senza prenotazione: sul sito ufficiale della provincia autonoma è stata pubblicata una pagina con tutte le tappe dei Vax Bus e una mappa che si aggiorna in tempo reale con la posizione dei bus vaccinali. Nelle prime tre settimane, grazie ai Vax Bus è stata somministrata la prima dose a 6mila persone.
L’assessore provinciale alla Salute, Thomas Widmann, ha detto che la provincia di Bolzano è pronta a sostenere qualsiasi sforzo economico per estendere la campagna vaccinale, perché raggiungere le persone incerte consente di ridurre il rischio di nuovi focolai. «È fondamentale non perdere tempo perché, rispetto a come andranno le cose in autunno, dipenderà in larga misura da quanti di noi saranno stati immunizzati per allora».
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Anche la provincia autonoma di Trento sta registrando una bassa percentuale di utilizzo dei vaccini: sono state somministrate 578.566 dosi, il 93,4% delle 619.410 consegnate dalla struttura commissariale. In tutta Italia, Trento è l’unica area dove non è stato raggiunto il 50% di popolazione completamente vaccinata.
Anche qui sembra incidere una certa sfiducia nei confronti dei vaccini, come ha sostenuto anche l’ex rettore dell’Università di Trento, Davide Bassi, autore di un blog molto seguito dove quasi quotidianamente vengono pubblicate analisi sull’andamento dell’epidemia.
A metà luglio Bassi aveva analizzato il ritmo delle somministrazioni in Trentino: aveva spiegato che il problema del numero di vaccinazioni sotto la media nazionale non dipendeva dalla disponibilità di vaccini o dai problemi organizzativi della campagna vaccinale trentina. «Abbiamo a che fare con una resistenza alla vaccinazione che in Trentino è più alta rispetto ad altre parti d’Italia. Si tratta di un problema che non possiamo sottovalutare e che potrebbe produrre danni di lungo periodo non solo sul fronte sanitario, ma anche su quello economico. Questi dati sono particolarmente preoccupanti alla luce degli sviluppi più recenti della situazione pandemica».
Nelle ultime settimane, l’azienda sanitaria ha inviato lettere personalizzate, sono state semplificate le procedure di prenotazione, sono stati finanziati spot per convincere gli indecisi a vaccinarsi.
«Non possiamo imputare nulla alla macchina organizzativa», ha detto Antonio Ferro, direttore generale dell’azienda sanitaria del Trentino, in un’intervista al Corriere del Trentino. «È un problema per lo più culturale. Da noi ci sono più soggetti legati al mondo dell’omeopatia, siamo una delle province in Italia che consuma meno farmaci: e se questo è un bene però il salutismo porta a far pensare erroneamente che il corpo risponda ugualmente e non serva vaccinarsi».
Come in molte altre regioni, anche nella provincia autonoma di Trento c’è stato un aumento delle prenotazioni dopo l’introduzione del Green Pass per accedere a ristoranti al chiuso, ai cinema, ai concerti e ai grandi eventi. Per questo la provincia confida che l’obbligo, in vigore dal 6 agosto, consenta di convincere molte delle persone finora indecise.
Per incentivare l’utilizzo del Green Pass, è stato studiato un sistema di verifica del certificato piuttosto semplice, attraverso totem installati all’ingresso dei luoghi in cui è considerato obbligatorio. Funzionerà come il controllo della temperatura. Il QR Code del Green Pass deve essere mostrato a uno scanner automatico: con la luce verde si può passare, con la luce rossa no. Il presidente della provincia Maurizio Fugatti ha detto che questo strumento consentirà di rendere più semplici e fluidi i controlli. L’obiettivo è di far percepire il Green Pass come un’opportunità e non un impiccio, ma sarà complesso valutare se e quali effetti questa iniziativa avrà sull’andamento delle prenotazioni.