Gli incendi in Turchia, da quasi una settimana
Hanno colpito diverse città, soprattutto nel sud-ovest, e non sono un caso isolato: c'entra sempre il cambiamento climatico
Da mercoledì scorso in diverse aree della Turchia sono divampati più di 130 incendi che hanno distrutto decine di edifici e bruciato un’area grande circa 100mila ettari, provocando la morte di 8 persone; molti allevatori delle zone rurali hanno perso i propri animali, mentre migliaia di residenti e turisti sono stati costretti a evacuare dalle proprie case nelle località balneari nel sud-ovest del paese. Per la Turchia sono gli incendi più devastanti degli ultimi decenni, che secondo climatologi ed esperti sono stati aggravati dalle prevedibili conseguenze dei cambiamenti climatici: il governo del presidente Recep Tayyip Erdoğan è stato molto criticato per essersi fatto trovare impreparato nella gestione dell’emergenza.
Tra le zone più colpite dagli incendi ci sono alcune località turistiche molto frequentate lungo le coste del mar Mediterraneo ed Egeo, tra cui Bodrum, Adalia e Marmaris, che si trovano pochi chilometri a nord dell’isola greca di Rodi. Sette delle persone morte a causa degli incendi sono state trovate nella città di Managvat – pochi chilometri più a est – mentre l’ottava persona è morta proprio a Marmaris, dove l’incendio è ancora in corso.
Tra sabato e domenica a Bodrum sono state evacuate più di mille persone, principalmente via mare, di modo da lasciare libere le strade per la circolazione delle ambulanze e dei mezzi dei vigili del fuoco. In totale, le persone evacuate in tutta la provincia sono state 10mila. In varie città il fuoco ha distrutto case e terreni e ha intossicato e ucciso gli animali da allevamento.
Da giorni sono al lavoro circa 4mila vigili del fuoco con centinaia di mezzi di soccorso turchi, ma il loro intervento non è stato sufficiente: per contribuire a risolvere l’emergenza sono dovuti intervenire mezzi da Russia, Iran, Ucraina e Azerbaijan, mentre l’Unione Europea ha inviato due Canadair spagnoli e uno croato.
Gli incendi di questi giorni in Turchia sono stati favoriti dai forti venti e dalla poca umidità, nonché dalle temperature spesso superiori ai 40°C, e in particolare sono stati aggravati da condizioni che secondo climatologi ed esperti sono legate agli effetti del cambiamento climatico, come la grande siccità degli ultimi mesi.
Hikmet Ozturk, esperto di selvicoltura di una ong turca che si occupa di ambiente, ha detto a CNN che il 95 per cento degli incendi in Turchia è provocato dalle persone, ma che la diffusione degli incendi è ampiamente peggiorata dai fattori legati al riscaldamento globale. Ozturk ha spiegato che l’area del bacino del Mediterraneo è peraltro una delle più vulnerabili alle conseguenze dei cambiamenti climatici.
Nonostante in tutti i paesi attorno al mar Mediterraneo negli ultimi decenni sia aumentata la frequenza di condizioni meteorologiche che favoriscono gli incendi, il governo turco è stato ampiamente criticato sia per aver minimizzato le conseguenze dei roghi, sia per non avere abbastanza mezzi a disposizione per la gestione dell’emergenza.
Inizialmente le autorità avevano cercato di imputare gli incendi a piromani di origine curda, ma col peggioramento della situazione sono state costrette a rivedere le loro posizioni. Dopo un giro in elicottero su alcune delle aree più colpite dagli incendi, sabato il presidente Erdoğan ha dichiarato cinque province della costa mediterranea turca «zone colpite da disastro». Alcuni membri del Partito Popolare Repubblicano (CHP), il principale partito d’opposizione, hanno chiesto le dimissioni del ministro dell’Agricoltura, Bekir Pakdemirli.
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Nell’ultima settimana si sono visti gravi incendi anche in altri paesi del sud dell’Europa, tra cui la Grecia, la Spagna e diverse regioni italiane, tra cui Sardegna, Sicilia e Abruzzo.
In Grecia negli ultimi giorni sono divampati più di 100 incendi, tra cui quello che ha distrutto una ventina di case e provocato grossi rallentamenti al traffico nella zona di Patrasso, la terza città greca, che si trova nel nord del Peloponneso. Lunedì il primo ministro greco Kyriakos Mitsotakis ha detto che il paese sta attraversando l’ondata di caldo peggiore dal 1987, e si prevede che la situazione possa peggiorare nei prossimi giorni, quando saranno attese temperature fino a 45 gradi. Secondo il viceministro della Protezione Civile greco, Nikos Hardalias, «non parliamo più di cambiamento climatico, ma di minaccia climatica».
In Spagna invece sabato pomeriggio è divampato un grosso incendio al bacino idrico di San Juan, che si trova una settantina di chilometri a ovest di Madrid ed è una delle località balneari più frequentate della zona; le fiamme sono state controllate nel giro di poche ore e le persone che erano state costrette a evacuare sono potute rientrare nelle loro case. Le autorità locali hanno raccomandato di evitare di frequentare l’area nei giorni successivi.