Le indagini spagnole sui soldi di Pinochet
Dopo quasi dieci anni, in Spagna è ripresa la causa contro una banca accusata di aver riciclato milioni di euro per l'ex dittatore cileno
Quindici anni dopo la morte del dittatore cileno Augusto Pinochet, un tribunale spagnolo ha riavviato le indagini contro Banco de Chile, una delle banche più importanti del Cile, accusato di aver aiutato Pinochet a riciclare decine di milioni di euro almeno in parte ottenuti tramite sequestri di beni ed espropriazioni. La causa è stata intentata a nome della Fondazione Allende, che rappresenta oltre 20 mila vittime e parenti di vittime della dittatura cilena, ed è uno dei casi recenti più notevoli sottoposti alla cosiddetta “giurisdizione universale”.
La causa contro Banco de Chile ha una storia decennale e in un certo modo rappresenta molte delle difficoltà incontrate negli anni dalle vittime della dittatura cilena, durata tra il 1973 e il 1990. Fu intentata inizialmente nel 2009 dall’allora giudice spagnolo Baltasar Garzón, che in passato aveva già compiuto diverse azioni legali contro la dittatura cilena, ma fu interrotta nel 2012, dopo che Banco de Chile ottenne che la giurisdizione sui reati di cui era accusato fosse data al Cile.
La Fondazione Allende e i suoi avvocati aspettarono per quasi dieci anni, fin quando a giugno scorso l’Audiencia Nacional, un tribunale spagnolo con giurisdizione sui reati più gravi, decise che il Cile non aveva fatto progressi sull’inchiesta contro Banco de Chile, e che dunque l’inchiesta originale di Garzón doveva essere riaperta.
A inizio luglio, l’Audiencia Nacional ha comunicato alla Corte Suprema del Cile che l’inchiesta era stata riaperta, riavviando così le indagini.
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Il generale Augusto Pinochet nel 1973 rovesciò il governo democraticamente eletto di Salvador Allende e instaurò una dittatura violenta che durò fino al 1990. Moltissime persone furono imprigionate ingiustamente, torturate, giustiziate in maniera sommaria o fatte sparire, e ancora oggi i sopravvissuti e i parenti faticano a ottenere piena giustizia. Tra le altre cose, a sostenere l’accusa spagnola contro Banco de Chile c’è l’avvocato Joan Garcés, che nel 1973 era un consigliere di Allende quando il governo fu deposto dal colpo di stato.
Banco de Chile è accusato di aver riciclato l’equivalente di 77,35 milioni di euro appartenuti a Pinochet – e almeno in parte ottenuti grazie a sequestri di beni ed espropriazioni – tramite le sue sedi a New York e a Miami. Avrebbe anche aiutato Pinochet e i suoi uomini a spostare questi fondi su conti esteri, di fatto contribuendo al riciclaggio del denaro.
L’obiettivo della causa è di recuperare questi soldi, che dovrebbero poi essere usati per risarcire le vittime della dittatura. L’Audiencia Nacional ha chiesto che Banco de Chile metta da parte i 77,35 milioni in previsione del processo, e probabilmente, poiché la banca ha sedi in diversi paesi con cui la Spagna ha accordi bilaterali per la gestione delle questioni legali, a breve ordinerà un blocco forzato dei fondi, anche grazie a un nuovo regolamento europeo entrato in vigore di recente.
La ragione per cui questo processo si potrebbe svolgere in Spagna e non in Cile riguarda il fatto che la Spagna ha una legislazione piuttosto avanzata in materia di giurisdizione universale, un principio giuridico che si basa sull’idea che alcune norme internazionali siano talmente rilevanti da valere per tutti gli stati del mondo, e che tutti gli stati del mondo si debbano impegnare a farle rispettare. Sono le norme che vietano crimini estremamente gravi come il genocidio, la tortura e i crimini di guerra e contro l’umanità – tranne il genocidio, il regime di Pinochet ha commesso tutti questi crimini.
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Le prime azioni legali di giustizia universale contro il regime di Pinochet furono compiute dal giudice Garzón alla fine degli anni Novanta: tra le altre cose, Garzón tentò perfino di far arrestare Pinochet mentre si trovava nel Regno Unito, nel 1998. Le autorità britanniche lo misero agli arresti domiciliari per un periodo, ma poi decisero di non estradarlo in Spagna e di rilasciarlo a causa delle sue cattive condizioni di salute.
La causa contro Banco de Chile ha inoltre un precedente promettente per l’accusa: nel 2005 un’altra banca accusata di aver trasferito all’estero fondi di Pinochet, la Riggs Bank, fu costretta a pagare 9 milioni di dollari di risarcimento alle vittime per evitare di andare a processo negli Stati Uniti. Anche in quel caso, la causa fu intentata dall’Associazione Allende, che da decenni opera soprattutto tramite azioni legali che hanno come obiettivo il recupero del patrimonio di Pinochet, ottenuto in gran parte a spese dei cileni.