Le accuse di doping alla Russia da due nuotatori alle Olimpiadi
Dopo la finale persa nei 200 dorso, l'americano Ryan Murphy ha detto che le gare con i russi «probabilmente non sono pulite»
Nella notte tra giovedì e venerdì alle Olimpiadi di Tokyo si è disputata la finale dei 200 metri dorso. È stata vinta dal russo Evgenij Rylov, che martedì aveva vinto anche la medaglia d’oro nei 100 metri. Ma la seconda vittoria del russo non è andata giù agli altri due atleti finiti sul podio, l’americano Ryan Murphy e il britannico Luke Greenbank. Dopo la gara Murphy ha risposto a una domanda sulla presenza della Russia alle Olimpiadi dicendo: «Ho almeno quindici pensieri in testa, tredici dei quali mi possono mettere nei guai. Cerco di non farmi coinvolgere troppo, ma è veramente faticoso per me andare avanti tutto l’anno sapendo che la mia gara probabilmente non è pulita».
Il terzo classificato, Greenbank, ha risposto poco dopo dicendo più o meno le stesse cose di Murphy: «È frustrante sapere che è in corso un programma di doping sponsorizzato da uno stato e che non si fa più nulla per affrontarlo». Murphy ha spiegato che i suoi commenti non erano rivolti direttamente a Rylov, che non è mai stato coinvolto negli scandali, ma alla presenza degli atleti russi a Tokyo, che nel nuoto finora hanno vinto cinque medaglie, due delle quali d’oro.
Rylov ha risposto ai commenti dicendo: «Ryan ha tutto il diritto di pensare e di dire quello che vuole dire. Io non voglio vivere nel passato».
Rylov è uno dei 330 atleti russi che a Tokyo 2020 non viene rappresentato né dalla bandiera né dall’inno nazionale, ma dal loro Comitato olimpico, come sanzione per gli scandali legati al doping scoperti negli anni passati. Il Comitato olimpico internazionale (CIO) sta ancora monitorando la situazione in Russia, e due anni fa aveva deciso di non riammettere a tutti gli effetti la sua delegazione olimpica per la scarsa collaborazione delle autorità sportive russe.
Nel 2020 il Tribunale Arbitrale dello Sport di Losanna ha dimezzato la nuova squalifica per doping a carico della Russia da quattro a due anni. La sentenza non ha comunque permesso al paese di presentare una vera e propria delegazione alle Olimpiadi estive di Tokyo, e non lo permetterà neanche alle Olimpiadi invernali di Pechino 2022 e ai Mondiali di calcio in Qatar dello stesso anno.
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