I guai dei club della cannabis a Barcellona
Finora avevano operato secondo le regole del governo locale, che però ora sono state contestate dal Tribunale supremo spagnolo
Circa il 70 per cento dei club della cannabis della Catalogna si trova a Barcellona, dove la marijuana si può consumare legalmente in base a un regolamento approvato dall’amministrazione locale cinque anni fa. Presto però per molti di questi club, che attirano anche parecchi turisti, le cose potrebbero mettersi male: pochi giorni fa il Tribunale supremo spagnolo ha stabilito che il Comune di Barcellona non aveva l’autorità per regolamentare le attività collegate al consumo di droghe, e pertanto parecchi rischiano di non poter più restare aperti.
Nel 2019 il Tribunale supremo spagnolo aveva respinto una legge approvata dal parlamento catalano che ammetteva il consumo personale di cannabis. Il tribunale aveva sostenuto che le leggi sul consumo e la vendita di sostanze stupefacenti fossero di competenza del parlamento spagnolo, e che pertanto potessero essere cambiate soltanto attraverso una modifica del codice penale. A Barcellona però i club della cannabis avevano continuato a operare in certe circostanze grazie a un regolamento approvato a grande maggioranza dall’amministrazione comunale nel 2016, che aveva reso il capoluogo catalano la città con il maggior numero di locali di questo tipo, oggi più di 200.
Tecnicamente i club della cannabis in Catalogna sono associazioni senza scopo di lucro a cui ci si iscrive con un costo di adesione che di solito è attorno ai 10 euro. I membri dell’associazione stabiliscono un accordo collettivo di consumo in base alle loro esigenze e possono consumare la marijuana – che nella maggior parte dei casi viene coltivata da persone legate alla stessa associazione – direttamente presso il club. In Spagna comprare marijuana non è illegale, ma si può essere multati se si consuma fuori da casa o dal club o se si viene trovati in possesso di cannabis per strada.
Per usare le parole del Diario, nella realtà dei fatti grazie al regolamento introdotto nel 2016 a Barcellona sono spuntati sia club che hanno «aderito a un codice di buona condotta», sia locali che hanno aperto semplicemente per fare affari e vendere grandi quantità di marijuana, talvolta proveniente da coltivazioni controllate da gruppi criminali.
Il problema attuale nasce dal fatto che la recente sentenza della Corte suprema vieta «la vendita, il consumo o la promozione» della cannabis. Se da un lato i rappresentanti dei club sottolineano che il loro modello si basa su un circuito chiuso di consumatori che si riuniscono per condividere la marijuana proveniente da produttori conosciuti e controllati, dall’altro il Comune di Barcellona li sta considerando luoghi in cui è possibile consumare, vendere e promuovere la cannabis a tutti gli effetti.
Pur avendoli spalleggiati per diversi anni, adesso l’amministrazione cittadina ha informato i club della cannabis che presto inizierà una campagna di ispezioni in tutti i locali, a partire da quelli «che hanno l’impatto più negativo e che sono orientati alla vendita [di marijuana] ai turisti o in grandi quantità». L’applicazione della nuova sentenza insomma potrebbe mettere a rischio la sopravvivenza di molti dei club che operano da anni in città.
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Secondo la Federazione catalana che li rappresenta, i club della cannabis di Barcellona sono diventati un modello di business per attività simili in tutta Europa. Sia i club stessi che l’amministrazione comunale, così come anche la polizia locale, concordano sul fatto che la loro presenza abbia ridotto lo spaccio e il consumo di cannabis in strada. Tra le altre cose, sempre secondo i club, è anche grazie a loro che i consumatori di cannabis sono diventati molto più informati: una cosa che peraltro è stata evidenziata anche da uno studio pubblicato sulla rivista scientifica Journal of Drug Issues nel 2019.
Come ha detto il portavoce della Federazione delle associazioni di cannabis catalane, Eric Asensio, allo stato attuale delle cose però non sembra esserci «una via praticabile» per tenere aperti molti club.
Nonostante l’annuncio delle imminenti ispezioni, l’amministrazione di Barcellona ha detto che istituirà un gruppo di lavoro interno per formulare nuove proposte legislative che possano funzionare sia a livello locale che statale, e la Federazione dei club catalani ha chiesto di poterne far parte. Asensio ha detto al Guardian che serve trovare un sistema di leggi «che riconosca la realtà e dia la giusta attenzione alla salute pubblica» in collaborazione con le autorità locali: ha però aggiunto che la maggior parte dei club presume che «prima o poi saranno costretti a chiudere».