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  • Giovedì 22 luglio 2021

Lo sciopero degli immigrati che ha quasi fatto cadere il governo del Belgio

Hanno partecipato centinaia di persone senza documenti in regola, ed è diventato un grosso caso politico

Gli scioperanti nella chiesa di San Giovanni Battista a Bruxelles (Jean-Christophe Guillaume/Getty Images)
Gli scioperanti nella chiesa di San Giovanni Battista a Bruxelles (Jean-Christophe Guillaume/Getty Images)

Mercoledì si è concluso in Belgio uno sciopero della fame compiuto da un gruppo di immigrati che è durato oltre due mesi e che ha creato un enorme dibattito politico, arrivando vicino a far cadere il governo del paese.

Lo sciopero era stato indetto da un gruppo di sans-papiers, cioè persone senza documenti: sono immigrati provenienti da vari paesi e regioni (Maghreb, Pakistan, Brasile e così via) che vivono e lavorano in Belgio da anni, ma che non sono mai riusciti a ottenere un permesso di soggiorno regolare a causa delle complicazioni, degli ostacoli e delle lentezze della procedura legale.

Alla fine di maggio, più di 450 di loro si sono accampati nella chiesa di San Giovanni Battista al Beghinaggio, una grande struttura barocca a Bruxelles, e hanno cominciato uno sciopero della fame per chiedere la regolarizzazione della loro posizione e regole certe sulle procedure da seguire. Il governo inizialmente aveva negato le richieste dei sans-papiers, ma mercoledì, mentre le condizioni degli scioperanti peggioravano in maniera preoccupante, è stato costretto a cedere, dopo che due dei partiti che compongono la coalizione avevano annunciato che sarebbero usciti dal governo se non fosse stato fatto qualcosa per risolvere la crisi.

Secondo i media locali, i sans-papiers in Belgio sono circa 150 mila, e molti di loro sono costretti a sopportare condizioni precarie: vivono e lavorano nel paese da anni, in alcuni casi da decenni, ma non riescono a ottenere un permesso di soggiorno a causa di una procedura di regolarizzazione lunga, complicata e spesso pensata per respingere i migranti. Come disse a giugno in un’intervista radiofonica Ben Segers, un deputato del partito Avanti (di tradizione socialista), «la regolarizzazione è una procedura eccezionale, ed è un favore, non un diritto».

Anche per questo, i sans-papiers hanno adottato misure estreme per ottenere concessioni dal governo: come ha scritto Politico Europe, sei di loro si sono cuciti le labbra, cinque hanno tentato il suicidio e alcuni negli ultimi giorni avevano smesso di bere oltre che mangiare. In generale, uno sciopero della fame di due mesi è pesantissimo per la salute di chi lo mette in atto, e nel corso delle settimane molti dei partecipanti sono stati portati d’urgenza all’ospedale, anche più volte, in condizioni spesso gravi di malnutrizione o con altri disturbi come per esempio infezioni renali.

Lo sciopero è diventato anche un caso internazionale. I sans-papiers accampati nella chiesa di San Giovanni Battista hanno ricevuto la visita di personaggi famosi e di eurodeputati, e moltissime associazioni e gruppi hanno fatto appelli in loro favore. Lunedì due funzionari dell’ONU hanno chiesto al governo di intervenire a favore degli scioperanti.

Una persona manifesta davanti alla chiesa di San Giovanni Battista a Bruxelles (Jean-Christophe Guillaume/Getty Images)

Lo sciopero della fame ha creato una crisi all’interno del governo belga, che è piuttosto frammentato e instabile: è guidato dal liberale Alexander De Croo, ed è composto da sette partiti di orientamento politico piuttosto disparato. La questione dell’immigrazione però è eccezionalmente sensibile in Belgio, anche perché era già stata la causa di una crisi di governo nel 2018: allora il partito di destra Nuova alleanza fiamminga aveva ritirato il suo appoggio al governo dopo l’adesione del Belgio a un patto internazionale sull’immigrazione delle Nazioni Unite. Il primo ministro Charles Michel era stato costretto a dimettersi, lasciando un vuoto di potere che era durato due anni.

Tuttavia dopo due mesi di sciopero della fame, e mentre le condizioni degli scioperanti si aggravavano pericolosamente, questa settimana il Partito socialista ed Ecolo, il partito dei Verdi, hanno minacciato di far cadere il governo se qualcuno dei sans-papiers in sciopero fosse morto.

Non è ancora del tutto chiaro che tipo di accordo abbiano raggiunto il governo e gli scioperanti. Secondo i giornali belgi, il governo non ha concesso un’amnistia generale, ma ha promesso che valuterà le richieste di permesso di soggiorno caso per caso, velocizzando e dando la priorità a quelle degli scioperanti a causa del loro stato di salute precario.

Sammy Mahdi, il viceministro per la Migrazione e il diritto d’asilo, che ha guidato i negoziati con i sans-papiers ed è stato molto criticato per le sue posizioni intransigenti, ha detto comunque che il governo non intende cambiare le procedure per l’ottenimento del permesso di soggiorno. «La nostra procedura è giusta, corretta e umana», ha detto in un’intervista.