Lo sciopero degli immigrati che ha quasi fatto cadere il governo del Belgio
Hanno partecipato centinaia di persone senza documenti in regola, ed è diventato un grosso caso politico
Mercoledì si è concluso in Belgio uno sciopero della fame compiuto da un gruppo di immigrati che è durato oltre due mesi e che ha creato un enorme dibattito politico, arrivando vicino a far cadere il governo del paese.
Lo sciopero era stato indetto da un gruppo di sans-papiers, cioè persone senza documenti: sono immigrati provenienti da vari paesi e regioni (Maghreb, Pakistan, Brasile e così via) che vivono e lavorano in Belgio da anni, ma che non sono mai riusciti a ottenere un permesso di soggiorno regolare a causa delle complicazioni, degli ostacoli e delle lentezze della procedura legale.
Alla fine di maggio, più di 450 di loro si sono accampati nella chiesa di San Giovanni Battista al Beghinaggio, una grande struttura barocca a Bruxelles, e hanno cominciato uno sciopero della fame per chiedere la regolarizzazione della loro posizione e regole certe sulle procedure da seguire. Il governo inizialmente aveva negato le richieste dei sans-papiers, ma mercoledì, mentre le condizioni degli scioperanti peggioravano in maniera preoccupante, è stato costretto a cedere, dopo che due dei partiti che compongono la coalizione avevano annunciato che sarebbero usciti dal governo se non fosse stato fatto qualcosa per risolvere la crisi.
++ BREAKING NEWS ++
A representative of the #sanspapiers announces the end of their hunger and drinking strike as the government is negotiating with them to reach an agreement. Here is the moment of communication. Protesters applaud the decision. @RTBF @lesoir @lalibrebe pic.twitter.com/h4igJc3JdD— Andrea Zanini (@Zanini_Andrea96) July 21, 2021
Secondo i media locali, i sans-papiers in Belgio sono circa 150 mila, e molti di loro sono costretti a sopportare condizioni precarie: vivono e lavorano nel paese da anni, in alcuni casi da decenni, ma non riescono a ottenere un permesso di soggiorno a causa di una procedura di regolarizzazione lunga, complicata e spesso pensata per respingere i migranti. Come disse a giugno in un’intervista radiofonica Ben Segers, un deputato del partito Avanti (di tradizione socialista), «la regolarizzazione è una procedura eccezionale, ed è un favore, non un diritto».
Anche per questo, i sans-papiers hanno adottato misure estreme per ottenere concessioni dal governo: come ha scritto Politico Europe, sei di loro si sono cuciti le labbra, cinque hanno tentato il suicidio e alcuni negli ultimi giorni avevano smesso di bere oltre che mangiare. In generale, uno sciopero della fame di due mesi è pesantissimo per la salute di chi lo mette in atto, e nel corso delle settimane molti dei partecipanti sono stati portati d’urgenza all’ospedale, anche più volte, in condizioni spesso gravi di malnutrizione o con altri disturbi come per esempio infezioni renali.
Lo sciopero è diventato anche un caso internazionale. I sans-papiers accampati nella chiesa di San Giovanni Battista hanno ricevuto la visita di personaggi famosi e di eurodeputati, e moltissime associazioni e gruppi hanno fatto appelli in loro favore. Lunedì due funzionari dell’ONU hanno chiesto al governo di intervenire a favore degli scioperanti.
Lo sciopero della fame ha creato una crisi all’interno del governo belga, che è piuttosto frammentato e instabile: è guidato dal liberale Alexander De Croo, ed è composto da sette partiti di orientamento politico piuttosto disparato. La questione dell’immigrazione però è eccezionalmente sensibile in Belgio, anche perché era già stata la causa di una crisi di governo nel 2018: allora il partito di destra Nuova alleanza fiamminga aveva ritirato il suo appoggio al governo dopo l’adesione del Belgio a un patto internazionale sull’immigrazione delle Nazioni Unite. Il primo ministro Charles Michel era stato costretto a dimettersi, lasciando un vuoto di potere che era durato due anni.
Tuttavia dopo due mesi di sciopero della fame, e mentre le condizioni degli scioperanti si aggravavano pericolosamente, questa settimana il Partito socialista ed Ecolo, il partito dei Verdi, hanno minacciato di far cadere il governo se qualcuno dei sans-papiers in sciopero fosse morto.
Non è ancora del tutto chiaro che tipo di accordo abbiano raggiunto il governo e gli scioperanti. Secondo i giornali belgi, il governo non ha concesso un’amnistia generale, ma ha promesso che valuterà le richieste di permesso di soggiorno caso per caso, velocizzando e dando la priorità a quelle degli scioperanti a causa del loro stato di salute precario.
Sammy Mahdi, il viceministro per la Migrazione e il diritto d’asilo, che ha guidato i negoziati con i sans-papiers ed è stato molto criticato per le sue posizioni intransigenti, ha detto comunque che il governo non intende cambiare le procedure per l’ottenimento del permesso di soggiorno. «La nostra procedura è giusta, corretta e umana», ha detto in un’intervista.