Come sono le regole sulle armi in Italia
Cosa è richiesto attualmente per ottenere i vari permessi, cosa consente di fare il “porto” e quante ce ne sono in tutto nel paese
Martedì sera l’assessore alla Sicurezza di Voghera, il leghista Massimo Adriatici, ha ucciso con un colpo di pistola Youns El Bossettaoui, cittadino marocchino trentanovenne, in una piazza del centro della città. Sembra che Adriatici avesse un porto d’armi, tuttavia l’episodio ha spinto alcuni politici – tra cui il segretario del Partito Democratico Enrico Letta e alcuni esponenti di Italia Viva – a mettere in discussione le regole che permettono ai privati di detenere e portare armi da fuoco con sé, questione che era già emersa di recente per via di un altro caso di cronaca, gli omicidi avvenuti in un quartiere residenziale di Ardea lo scorso 13 giugno.
L’Italia è un paese tradizionalmente considerato molto severo nella legislazione sulle armi. In realtà, per quanto le regole siano più severe rispetto agli Stati Uniti e a molti paesi anglosassoni, comprare e tenere in casa un’arma non è poi così complicato; peraltro, nel 2018, il governo Conte I aveva introdotto alcune nuove regole che ampliano le possibilità di detenere armi per uso sportivo.
Cosa dice la legge
L’acquisto e la detenzione di armi da fuoco in Italia sono regolate dal Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza (TULPS). Nel titolo II del testo c’è una sezione di sedici articoli interamente dedicata alle armi, che però è stata modificata più volte e non espone le varie regole in maniera sempre lineare.
In sostanza, per entrare in possesso di un’arma da fuoco basta ottenere un “nulla osta all’acquisto”, che può essere rilasciato solo a persone maggiorenni e ha validità di un mese. Lo si ottiene facendo domanda alla questura, al commissariato di Polizia o alla stazione dei Carabinieri, allegando alla richiesta due documenti: un certificato di un medico legale per dimostrare di essere in pieno possesso delle proprie facoltà mentali e di non fare uso nemmeno saltuario di droghe né continuativo di alcol; e il certificato di idoneità al maneggio delle armi ottenuto dopo aver frequentato un corso riconosciuto in un Tiro a segno nazionale (non serve invece a chi ha svolto il servizio militare).
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Il nulla osta permette solo di acquistare l’arma per portarla alla propria abitazione e tenerla lì, avvisando i conviventi e le conviventi. Per portare in giro con sé l’arma eventualmente pronta all’uso è necessario avere un porto di arma per difesa personale, mentre esiste una licenza di diverso tipo per trasportarla anche quando non si ha un porto di arma per difesa personale. Secondo il regolamento per l’attuazione del TULPS si possono acquistare – sia attraverso il nulla osta che con un porto d’armi – tre armi comuni da sparo; dodici armi per uso sportivo; un numero illimitato di fucili da caccia a due o tre canne con un calibro non superiore ai dodici millimetri; otto armi che abbiano un interesse storico o artistico.
Dato che il nulla osta dura solo un mese, gli appassionati richiedono molto più spesso il porto d’armi, che si ottiene con lo stesso modulo del nulla osta e non necessita di molti documenti in più. Per esempio, nel caso di porto d’armi per difesa personale, bisogna documentare la propria condizione di esposizione a un rischio (un volume di affari particolarmente alto, un’occupazione pericolosa in ambiti come la gioielleria). Una volta ottenuto, poi, resta valido per cinque anni ma va rinnovato ogni anno. Per ottenere il porto d’armi per andare a caccia, che si chiama “Licenza di porto di fucile per uso di caccia”, è necessario sostenere l’esame di abilitazione all’esercizio venatorio.
La principale differenza tra il porto per difesa personale e quelli per uso caccia e sportivo è che questi ultimi due consentono solo il trasporto di armi, cioè il loro spostamento senza munizioni. Il porto d’armi per difesa personale consente invece il “porto”, cioè lo spostamento dell’arma carica con sé.
Per quanto riguarda i costi, per ottenere il porto d’armi per difesa personale o per uso caccia bisogna pagare alcune tasse (di 115 euro nel primo caso e di oltre 200 euro nel secondo), oltre alla marca da bollo. Per il porto d’armi uso sportivo invece non bisogna pagare nessuna tassa oltre alla marca da bollo. I prezzi delle armi variano molto, si va dai circa 300 euro per una Beretta 92 (in dotazione ai Carabinieri) agli oltre 2.000 euro per armi più sofisticate e per i fucili da caccia.
Quante armi ci sono in Italia
Quello sulle armi in Italia è un dibattito molto difficile da affrontare in maniera approfondita: le leggi che ne regolano il possesso sono confuse e continuano a cambiare, mentre i dati sulla diffusione di armi sono pochi e imprecisi. Per legge, il ministero dell’Interno deve tenere traccia di tutte le armi vendute legalmente nel paese. Le cose sono però complicate dal fatto che le denunce di possesso sono fatte a livello di questura o addirittura di singola stazione dei carabinieri.
Qualcuno ha comunque tentato di fare una stima delle armi in circolazione in Italia. Uno studio del 2018 dello Small Arms Survey, un centro di ricerca con sede a Ginevra, parla di 8,6 milioni di armi registrate (e sono escluse tutte le armi delle forze dell’ordine e dell’esercito). Altre stime forniscono invece risultati differenti, come lo studio del dipartimento di Comunicazione e ricerca sociale della Sapienza, secondo cui in Italia ci sarebbero circa 4 milioni di armi.
Queste cifre, che per l’appunto non sono ufficiali, metterebbero l’Italia tra i paesi sviluppati dove il numero di armi è più basso. In Francia e Germania, ad esempio, ci sono circa tre armi ogni dieci persone, mentre in Italia, anche utilizzando le stime più alte, si parla di meno di due. Per fare un paragone, negli Stati Uniti ci sono più armi che persone.
Il numero di armi presenti in un paese non è comunque un buon indicatore per sapere quanti cittadini sono “armati”, perché gli appassionati possiedono solitamente più di un’arma ciascuno. Un dato più preciso quindi è il numero di licenze di possesso o porto d’armi. Secondo i dati del ministero dell’Interno, al 2018 in Italia erano state rilasciate 1.315.700 licenze, in crescita del 4 per cento rispetto al 2015. Il grosso di questa crescita è costituita dall’aumento di licenze rilasciate per uso sportivo, mentre quelle per uso caccia sono diminuite tra il 2015 e il 2018.
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