I primi contagi alle Olimpiadi di Tokyo
Quasi 60 persone, compresi alcuni atleti, sono già risultate positive al coronavirus nonostante le rigide misure di controllo
Mancano ormai solo quattro giorni all’inizio dei Giochi Olimpici di Tokyo, migliaia di atleti sono già arrivati in città e molti altri ne arriveranno nei prossimi giorni, in vista della cerimonia d’inaugurazione di venerdì. Nonostante gli estesi sistemi di controlli per atleti e staff, 59 delle circa 20mila persone già arrivate in Giappone sono risultate positive al coronavirus, e tra queste ci sono anche quattro atleti, tre dei quali si trovavano nel villaggio olimpico al momento della rilevazione del contagio.
In tutto a Tokyo ci saranno più di 11mila atleti, a cui vanno aggiunti allenatori, staff medico, dirigenti e giornalisti, raggiungendo la quota di quasi 70mila persone da tutto il mondo. I primi due atleti a risultare positivi sono stati i calciatori della nazionale sudafricana, Thabiso Monyane e Kamohelo Mahlatsi. Il loro contagio è stato reso noto domenica, un giorno dopo che era stato trovato positivo l’analista video della squadra. Il gruppo è stato messo in isolamento. Il terzo atleta risultato positivo nel villaggio olimpico è stato invece Ondrej Perusic, giocatore di beach volley della Repubblica Ceca.
Lunedì è stato annunciato anche il contagio di una ginnasta della nazionale statunitense, di cui non è stato diffuso il nome: è stato specificato solo che si tratta di una atleta aggregata alla squadra come riserva e che il contagio è stato rilevato in una struttura di allenamento nella città di Inzai, quindi non nel villaggio olimpico. È risultata positiva anche la 17enne tennista statunitense Coco Gauff, prima di partire per il Giappone.
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Non sono risultati positivi ma sono stati posti in isolamento otto membri della squadra di atletica leggera del Regno Unito, sei atleti e due persone dello staff, dopo che venerdì scorso avevano viaggiato verso Tokyo su un aereo a bordo del quale c’era una persona risultata successivamente positiva al coronavirus.
Lunedì è stato annunciato anche che un giornalista italiano arrivato a Tokyo domenica è risultato positivo, dopo aver viaggiato sullo stesso aereo di diversi atleti italiani, tra cui la nazionale di basket e quella di ciclismo. Lo ha confermato l’ambasciatore italiano in Giappone, Giorgio Starace, che ha precisato che quando era partito il giornalista aveva un regolare tampone negativo, e che la persona vicina a lui è stata testata e non è risultata positiva. Nessuno degli atleti italiani è stato messo in isolamento, per ora.
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Parlando dei casi rilevati in questi giorni Christophe Dubi, direttore esecutivo dei Giochi Olimpici nel Comitato Olimpico Internazionale (CIO), ha rassicurato che le misure restrittive adottate limiteranno i contagi al minimo e che non c’è da preoccuparsi: «Possiamo assicurare che la trasmissione [del virus] tra gruppi diversi è quasi impossibile», ha detto domenica.
Il protocollo messo in piedi dal CIO per Tokyo 2020 è in effetti molto restrittivo, e tutto è stato studiato nei dettagli per cercare di evitare che nei giorni delle Olimpiadi possano verificarsi casi di contagio tra gli atleti, tanto che si è parlato del villaggio olimpico come di una “bolla” (sulla falsariga di quella che organizzò lo scorso anno la NBA, la principale lega di basket statunitense, per concludere la stagione in sicurezza). Le regole riguarderanno pochissimi spettatori però, dato che quasi tutte le gare si svolgeranno senza pubblico.
Prima ancora di partire gli atleti, i membri dello staff delle squadre e i giornalisti devono sottoporsi a due test per il coronavirus, uno entro 96 ore dalla partenza e un altro entro 72 ore. All’arrivo in Giappone devono fare un altro test rapido e solo dopo possono andare al villaggio olimpico o al loro hotel. Tutti quanti, giornalisti compresi, devono inoltre scaricare un’app sui loro telefoni che consente di tracciarne i movimenti.
Ogni giorno le persone coinvolte nel sistema di controlli devono infatti dichiarare quali spostamenti faranno, e ogni deviazione sarà vietata. Il tracciamento non avverrà in tempo reale ma servirà a capire retroattivamente se una persona ha violato le regole della “bolla”, per tracciarne i contatti e individuare quelli in cui può essere avvenuto il contagio. Sia agli atleti che ai giornalisti è richiesto di trascorrere i primi tre giorni dall’arrivo in Giappone in isolamento, ma possono essere fatte delle eccezioni per partecipare ad “attività legate ai Giochi”, sottoponendosi ogni giorno a un test rapido che risulti negativo.
Non viene invece richiesto che i partecipanti siano vaccinati, ma il CIO ha detto di aspettarsi che circa l’80 per cento delle persone che alloggeranno nel villaggio olimpico abbia ricevuto almeno una dose di vaccino contro il coronavirus. Tutti gli atleti dovranno effettuare ogni giorno un test rapido antigenico: se risulterà positivo, lo stesso campione di saliva usato per quel test verrà sottoposto a un test con tampone (PCR), più affidabile dell’antigenico. Se anche questo risulterà positivo, l’atleta dovrà sottoporsi a un tampone PCR naso-faringeo. Se l’atleta risulterà positivo anche a quest’ultimo, verrà posto in quarantena e dovrà ritirarsi dalla competizione.
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