I nuovi criteri per i colori delle regioni
Li ha anticipati il ministro della Salute Roberto Speranza: i ricoveri negli ospedali conteranno più dell'incidenza dei contagi
La crescita dei contagi da coronavirus in quasi tutte le regioni italiane e la parallela progressione della campagna vaccinale hanno imposto nuove riflessioni sui criteri utilizzati per decidere i colori delle regioni – bianco, giallo, arancione e rosso – che servono per stabilire le misure restrittive contro la diffusione del contagio.
Come ha anticipato il ministro della Salute Roberto Speranza, con un decreto legge che sarà approvato nei prossimi giorni verrà data più importanza ai ricoveri negli ospedali piuttosto che agli altri indicatori usati finora, come il numero di contagi in rapporto alla popolazione. «In una fase caratterizzata da un livello importante di vaccinazione è ragionevole che nei cambi di colore e nelle conseguenti misure di contenimento pesi di più il tasso di ospedalizzazione rispetto agli altri indicatori», ha spiegato Speranza a margine della organizzata dalla presidenza semestrale slovena del Consiglio dell’Unione europea con i ministri di Germania, Portogallo e Slovenia.
L’attuale sistema dei colori è stato pensato lo scorso anno, nella fase conclusiva della cosiddetta prima ondata, e in autunno è servito a limitare le conseguenze della crescita dei contagi in molte regioni italiane. A gennaio i parametri sono stati leggermente rivisti con l’introduzione della zona bianca per le regioni con una situazione epidemiologica sotto controllo. Da marzo all’inizio di giugno, anche con le riaperture decise dal governo, c’è stato un significativo calo dei contagi che ha consentito a tutte le regioni di entrare gradualmente in zona bianca. Fino alla seconda metà di luglio l’andamento dei nuovi casi è stato incoraggiante grazie soprattutto all’impatto della campagna vaccinale, iniziata negli ultimi giorni del 2020, che ha consentito di proteggere una quota rilevante delle persone considerate più a rischio, soprattutto chi ha più di 80 anni.
Nelle ultime settimane la variante delta del coronavirus, più contagiosa, ha però causato una nuova crescita dei contagi soprattutto tra le persone non vaccinate. Secondo gli ultimi dati pubblicati dall’Istituto superiore di sanità, negli ultimi trenta giorni il 36 per cento delle diagnosi di infezione, il 50 per cento delle ospedalizzazioni, l’81 per cento dei ricoveri in terapia intensiva e il 66 per cento dei decessi sono avvenuti tra le persone non vaccinate con più di 80 anni, cioè il 9,5 per cento di tutti gli anziani della stessa fascia d’età. Nei prossimi giorni sarà importante monitorare l’andamento dei ricoveri e dei decessi che alla luce dei dati sull’efficacia dei vaccini dovrebbero essere nettamente inferiori rispetto alle curve che hanno caratterizzato le prime ondate dell’epidemia.
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Per questo tutte le ipotesi di cui si parla per ripensare il sistema dei colori delle regioni prevedono un peso maggiore per l’indicatore che mostra la saturazione degli ospedali, nei reparti ordinari e nelle terapie intensive. Al momento, con un’incidenza di oltre 50 casi ogni 100mila abitanti è quasi automatico finire in zona gialla, mentre secondo i giornali con i nuovi parametri ipotizzati verrebbero introdotte misure restrittive con l’occupazione delle terapie intensive oltre il 10 per cento e dei reparti ordinari oltre il 20 per cento. Secondo una ricostruzione di Quotidiano Sanità, il ministero della Salute avrebbe chiesto però di abbassare prudentemente il limite a 5 per cento per le terapie intensive e al 10 per cento per i reparti ordinari.
In settimana è previsto un confronto con i presidenti delle regioni, che già da qualche settimana avevano chiesto al governo di rivedere i parametri per i colori delle regioni. «Con il sistema attuale si rischierebbe di scivolare in zona gialla anche solo per un aumento dei contagi, non accompagnato dalla pressione sugli ospedali», ha detto Massimiliano Fedriga, presidente del Friuli Venezia Giulia e della conferenza delle Regioni.