La prima Olimpiade organizzata durante una pandemia, cento anni fa
Anche un secolo fa ad Anversa ci furono dubbi se tenere i Giochi, ma i problemi erano anche molti altri
di Francesco Namari
Il 23 luglio inizieranno le gare di Tokyo 2020, i Giochi olimpici posticipati di un anno a causa della pandemia. Non era mai capitato nella storia dei Giochi moderni che un’Olimpiade venisse rimandata, tuttavia non è la prima volta che il Comitato Olimpico Internazionale (CIO) si è trovato nelle condizioni di dover decidere se procedere o meno all’organizzazione dei Giochi a causa di una pandemia. Lo stesso dibattito avvenne cento anni fa in preparazione delle Olimpiadi di Anversa del 1920 in Belgio, pochi mesi dopo l’ultima ondata di influenza spagnola e nemmeno due anni dopo il termine della Prima guerra mondiale.
Quando venne firmato l’armistizio nel novembre 1918, le Olimpiadi moderne erano un evento sportivo piuttosto recente ed erano diverse da oggi. Alla prima Olimpiade parteciparono 280 atleti (esclusivamente maschi) provenienti da 12 paesi, che si affrontarono in 43 gare. Numeri molto piccoli rispetto al villaggio olimpico di Tokyo che ospiterà più di 11 mila atleti provenienti da oltre 200 paesi che parteciperanno a più di 300 gare. Le Olimpiadi non erano del resto più importanti di altre competizioni sportive dell’epoca: l’Ungheria, per esempio, fu l’unica a presentarsi ai primi Giochi con una vera e propria squadra nazionale, mentre la maggior parte degli atleti delle altre nazioni era composta da ricchi studenti universitari.
Al termine della guerra il CIO, l’ente responsabile dell’organizzazione dei Giochi, si trovava in una situazione precaria. Da quando era stato istituito nel 1894 era riuscito a organizzare solo cinque Olimpiadi, perché la sesta si sarebbe dovuta disputare a Berlino nel 1916 ma era stata cancellata per colpa della guerra mondiale. Il CIO aveva meno di due anni a disposizione per organizzare le Olimpiadi programmate per l’estate del 1920. Rimandarle o addirittura annullarle per aspettare l’edizione successiva avrebbe fatto trascorrere ben 12 anni tra un’Olimpiade e l’altra. E siccome le Olimpiadi non erano ancora “le Olimpiadi”, c’era la seria possibilità che i Giochi venissero dimenticati o che altre competizioni rivali prendessero il loro posto.
La riuscita delle Olimpiadi del 1920 era quindi fondamentale per la sopravvivenza del Comitato e dei Giochi olimpici moderni, ma organizzarle nella situazione lasciata dalla guerra mondiale era tutt’altro che semplice. Oltre al fatto che i paesi di mezzo mondo erano impegnati nella ricostruzione delle proprie economie, nell’autunno del 1918 era in corso anche la seconda ondata di influenza spagnola, quella più violenta e che provocò il maggior numero di morti. Convincere i paesi a dedicare tempo e risorse a un evento sportivo in questo contesto non era un’impresa da poco.
Il CIO si impegnò per far sì che i Giochi promuovessero un messaggio di pace e di rinascita. Le Olimpiadi dovevano riunire il mondo diviso dalla guerra e far dimenticare la pandemia anche solo per qualche giorno. La scelta di Anversa infatti non fu casuale: chi meglio del Belgio, avendo subito danni incalcolabili, avrebbe potuto rappresentare la rinascita dopo la guerra? Ed è così che le Olimpiadi del 1920 si caricarono di simbolismo. Venne introdotta per la prima volta la bandiera olimpica a cinque cerchi, che rappresenta l’unione dei continenti e degli atleti giunti da tutto il mondo per partecipare alle gare olimpiche (i paesi sconfitti nella prima guerra mondiale non furono comunque invitati). Anversa 1920 fu anche la prima Olimpiade in cui venne recitato il giuramento olimpico e in cui vennero rilasciate le colombe durante la cerimonia di apertura.
La scelta di Anversa e il nuovo significato dei Giochi vennero accolti con entusiasmo dai giornali e dagli atleti. Era un’occasione per il Belgio di dimostrare che non si era piegato nonostante le sofferenze che gli erano state procurate. Ma tutto questo non cambiò il fatto che Anversa dovette organizzare le Olimpiadi in poco più di un anno con scarse risorse. Il risultato fu infatti un’Olimpiade di una qualità abbastanza scadente, ma probabilmente la migliore che si poteva ottenere viste le circostanze.
Quando le Olimpiadi vennero inaugurate il 14 agosto del 1920 lo stadio olimpico era appena stato completato e visto che l’anello di atletica non era finito molte competizioni vennero disputate direttamente sul terreno, spesso fangoso. Ma quelli messi peggio erano senza dubbio i nuotatori: non essendoci soldi per costruire una piscina vennero costruiti bordi di legno intorno ad alcuni canali della città. L’acqua era talmente fredda che ci furono casi di ipotermia. I nuotatori raccontarono che alcuni atleti persero i sensi e talvolta dovettero essere tirati fuori dai canali di peso.
Le scarse infrastrutture non furono l’unica causa delle insoddisfacenti prestazioni raggiunte dagli atleti. Il livello e la preparazione atletica dei partecipanti erano più bassi del normale: diversi campioni delle edizioni precedenti erano morti in guerra o a causa della Spagnola, altri erano tornati feriti e non riuscirono a partecipare.
Anche Anversa non era pronta ad ospitare i 2.600 atleti che parteciparono alle Olimpiadi. Le camerate messe a disposizione per dormire non avevano i materassi e nonostante si fosse già a conoscenza dell’importanza del distanziamento fisico per combattere l’influenza, le stanze ospitavano tra le dieci e le quindici persone. Gli atleti dovettero pagare di tasca propria gran parte degli alimenti durante la loro permanenza in Belgio dove la popolazione era ancora dipendente da aiuti esterni per far fronte alla carenza di cibo. Pochi riuscirono a permettersi il biglietto per assistere alle gare, peggiorando l’esito economico che le Olimpiadi ebbero sul bilancio del Paese. I Giochi di Anversa rappresentarono per il Belgio una perdita di 600 milioni di franchi dell’epoca, e nel 1923 il comitato olimpico belga dichiarò il fallimento dopo aver provato a colmare il deficit il più possibile vendendo gli oggetti usati durante i Giochi come i cronometri e le pistole da starter.
Questo e gli altri articoli della sezione Intorno alle Olimpiadi sono un progetto del workshop di giornalismo 2021 del Post con la Fondazione Peccioliper, pensato e completato dagli studenti del workshop.