La campagna vaccinale ha rallentato
Da metà giugno è iniziato il calo delle somministrazioni di prime dosi, oggi tornate ai livelli di febbraio: c'entrano le vacanze e qualche problema organizzativo
Negli ultimi giorni medici e infermieri in servizio nei centri vaccinali si sono accorti che la quota delle persone in coda per ricevere la prima dose del vaccino è notevolmente diminuita rispetto a circa un paio di mesi fa. La campagna vaccinale, in effetti, ha rallentato. Lo si osserva anche dai dati: nell’ultima settimana il numero di somministrazioni delle prime dosi è tornato ai livelli di inizio febbraio e questo andamento inciderà inevitabilmente anche nella gestione della pandemia per tutta l’estate.
Finora la diminuzione è stata parzialmente nascosta dal numero totale delle dosi, rimasto sopra la soglia minima fissata dalla struttura commissariale, 500mila somministrazioni al giorno, grazie alle seconde dosi già programmate. Tra la fine di maggio e l’inizio di giugno, l’apertura delle somministrazioni a tutte le fasce d’età e iniziative come gli open day hanno consentito a tutte le persone che volevano vaccinarsi sia di ricevere la prima dose sia di prenotare la seconda. La necessità di fare i richiami spiega in parte il calo delle prime dosi, ma ci sono anche altri problemi.
Già dalla metà di giugno si è passati in una seconda fase, più complessa e incerta: in questo momento la difficoltà non è organizzare i punti vaccinali, ma cercare di riempirli convincendo chi non si è ancora vaccinato. Nonostante i tanti appelli lanciati nelle ultime settimane, infatti, la percentuale dei non vaccinati con più di 60 anni, le persone più a rischio di contrarre forme gravi della COVID-19, è rimasta piuttosto alta: mancano ancora 2,1 milioni di persone che le aziende sanitarie hanno già provato a contattare senza successo in diversi modi, attraverso i medici di famiglia o casa per casa, con ambulanze attrezzate per le somministrazioni inviate nei quartieri delle città.
Il calo riguarda anche le fasce d’età più giovani, tra i 20 e i 40 anni, ed è dovuto principalmente alle limitazioni alla somministrazione del vaccino AstraZeneca, riservato solo a chi ha più di 60 anni. Fino all’11 giugno, quando il comitato tecnico scientifico ha raccomandato di limitare l’utilizzo agli anziani, in molte regioni erano stati organizzati open day ed eventi notturni aperti ai più giovani a cui era stato somministrato il vaccino AstraZeneca. Da quel momento queste iniziative sono state fortemente ridimensionate in tutta Italia. L’ennesimo cambio di raccomandazione per AstraZeneca ha inoltre alimentato lo scetticismo di molte persone, che non sono ancora convinte di volersi vaccinare.
Una delle cause del calo delle prime dosi è anche legata ai tempi tra le due somministrazioni, indispensabili per garantire l’efficacia dei vaccini. Con un’attesa tra i 21 e i 42 giorni tra la prima dose e il richiamo, molte persone non si sono prenotate, nemmeno per la prima dose, per non dover programmare il richiamo nel mese di agosto e avere problemi nell’organizzazione delle vacanze.
Per cercare di limitare questo rischio, alcune regioni si sono accordate per garantire le somministrazioni anche in vacanza, attraverso un passaggio di dosi ai punti vaccinali delle località turistiche. Al momento però non sembra che questa iniziativa, che ha diverse limitazioni, stia dando risultati incoraggianti.
Negli ultimi giorni sono emersi anche molti problemi di compatibilità tra i sistemi informatici delle regioni: Sirva e Alisa, rispettivamente il sistema informatico del Piemonte e la piattaforma della Liguria, non riescono a condividere le informazioni e i dati relativi alle persone che hanno aderito alle vaccinazioni in vacanza lanciate con un accordo tra i presidenti delle due regioni. L’edizione di Torino del Corriere della Sera ha scritto che l’inserimento dei dati deve essere fatto a mano, con conseguenze che condizionano anche il rilascio del Green Pass.
Un altro problema organizzativo è stato causato dal parziale taglio delle dosi arrivate in Italia nelle ultime settimane, che ha costretto molte regioni a riorganizzare le campagne vaccinali posticipando gli appuntamenti per le prime dosi per garantire i richiami. Nonostante le rassicurazioni della struttura commissariale, il taglio di circa il 5 per cento delle dosi sembra avere inciso soprattutto in Lazio, Emilia-Romagna, Toscana e Puglia.