L’Indonesia è messa molto male per una nuova ondata di COVID-19
Preoccupano la diffusione della variante delta e i pochi vaccinati, problemi che riguardano anche il resto del Sudest asiatico
Nelle ultime settimane molti paesi del Sudest asiatico hanno rilevato un cospicuo aumento di nuovi casi positivi al coronavirus, in parte a causa della progressiva diffusione della variante delta e delle lentezze nelle campagne vaccinali. La situazione è difficile in Cambogia, Myanmar, Thailandia e Vietnam, dove i casi rispetto alla popolazione sono in forte aumento. In termini assoluti, la pandemia sta facendo rilevare un netto peggioramento anche in Indonesia, paese con oltre 270 milioni di abitanti dove sembra profilarsi una nuova forte ondata di contagi.
Nell’ultimo mese, il numero di nuovi casi positivi rilevati in Indonesia è aumentato di dieci volte. Solo il 15 luglio sono stati riscontrati quasi 57mila nuovi contagi, la quantità più alta rilevata dall’inizio della pandemia. I casi totali nell’ultimo mese sono stati 800mila e i decessi 17mila. Il governo indonesiano ha potenziato il ricorso ai test per riscontrare i casi positivi, ma non si fanno comunque tamponi a sufficienza per avere un’idea completa dei contagi nelle varie aree del paese. Negli ultimi giorni, il 26 per cento dei test effettuati ha dato risultati positivi: per fare un confronto, in Italia il tasso attuale è di meno del 2 per cento.
Il rapido aumento di casi positivi ha messo sotto forte stress gli ospedali, soprattutto sull’isola di Giava, la più popolata. In cinque settimane i ricoveri sono triplicati e sono più di 80mila, con il 75 per cento dei posti letto occupati. A Giava alcune cliniche hanno smesso di accogliere i pazienti e il ministero della Salute ha invitato i malati con sintomi non troppo gravi a restare a casa, con i rischi che conseguono. All’esterno di alcuni ospedali sono state allestite tende e reparti temporanei per provare ad accogliere più pazienti, ma il personale medico – che scarseggia già in tempi normali – non riesce a occuparsi di tutti i malati.
Secondo i dati ufficiali, la quantità di decessi per COVID-19 rispetto alla popolazione è in questa fase più alta in Indonesia che in India durante la violenta ondata della scorsa primavera. Il tasso è probabilmente più alto ancora, considerato che molti casi non vengono conteggiati.
Fino a poche settimane fa sembrava che la pandemia avesse risparmiato l’Indonesia, fatto salvo un aumento di casi tra la fine del 2020 e l’inizio del 2021, comunque di cinque volte inferiore rispetto all’attuale. Il governo non aveva mai adottato un lockdown vero e proprio, temendo che eccessive limitazioni potessero influire negativamente sull’economia e soprattutto su milioni di persone che vivono grazie a lavori occasionali, che non possono essere svolti da casa.
Non c’erano stati inoltre molti controlli sulle limitazioni imposte agli spostamenti in occasione di alcune festività, come l’Eid al-Fitr, una delle feste più importanti della religione islamica al termine del Ramadan, il mese sacro durante il quale si pratica il digiuno dall’alba al tramonto. Circa un milione e mezzo di persone aveva raggiunto amici e familiari nei loro paesi e città di origine, contribuendo alla diffusione della variante delta anche in zone dell’Indonesia dove difficilmente sarebbe arrivata. Secondo le analisi effettuate finora sui tamponi, la variante è prevalente e costituisce il 90 per cento circa dei casi positivi nel paese.
All’aumento dei contagi hanno anche contribuito le lentezze della campagna vaccinale. I completamente vaccinati in Indonesia sono circa il 6 per cento e buona parte della popolazione più anziana e a rischio non ha ancora ricevuto il vaccino, perché inizialmente il governo aveva deciso di dare la priorità ai lavoratori. Il paese ha fatto inoltre ampio ricorso al vaccino prodotto dall’azienda cinese Sinovac, che ha fatto riscontrare un’efficacia più bassa rispetto ai vaccini autorizzati nell’Unione Europea e negli Stati Uniti.
Per provare a migliorare le cose, il governo indonesiano a inizio giugno ha esteso l’accesso ai vaccini a chiunque abbia almeno 18 anni, confidando che in questo modo ci siano più vaccinati in circolazione. Nel paese sono state inoltre adottate nuove limitazioni per centri commerciali, luoghi di culto e locali, ed è stato richiesto un maggiore ricorso al lavoro da casa per chi è in condizioni di permetterselo.
Gli analisti stimano che la nuova ondata possa avere un impatto negativo sull’economia del paese, soprattutto per le isole che vivono per lo più di turismo. Come in altre aree del mondo, l’afflusso di turisti si è ridotto facendo peggiorare una situazione già difficile a causa di terremoti e altri disastri naturali avvenuti negli scorsi anni.
Diversi altri paesi del Sudest asiatico devono fare i conti con un calo del turismo e dell’economia in generale, a causa delle limitazioni e del diffondersi dei contagi. In Malaysia nell’ultima settimana sono stati rilevati oltre 72mila casi positivi, un nuovo record rispetto al precedente di 58mila registrato nella prima settimana di luglio. I completamente vaccinati nel paese sono circa il 12 per cento, mentre in Thailandia sono meno del 5 per cento. Il paese sta affrontando dallo scorso aprile un aumento significativo di nuovi casi, che solo nell’ultima settimana sono stati quasi 64mila.
A Singapore la situazione sembra invece essere sotto controllo, soprattutto grazie alle rigide limitazioni imposte e all’attività di tracciamento dei contatti quando emergono nuovi casi. Nell’ultima settimana sono stati segnalati 184 casi e nessun decesso, su una popolazione di quasi 6 milioni di abitanti.