Cosa ha lasciato “Santa Maradona”

Scene, battute ed eredità di un film che fu “generazionale” sul serio, con grandi meriti di Libero De Rienzo

Nell’ottobre del 2001 uscì Santa Maradona, il primo film di Marco Ponti, che nei mesi e negli anni successivi sarebbe diventato a suo modo un film di culto per la generazione di chi all’epoca aveva più o meno vent’anni, oppure di chi li ebbe negli anni immediatamente seguenti, quando guadagnò la sua vera popolarità grazie alla pirateria informatica. Santa Maradona aveva diversi elementi che lo rendevano diverso da quel che c’era stato prima nel cinema italiano, e che gli permisero, negli anni, di essere ricordato e citato in moltissimi contesti. Di certo, però, gran parte delle sue fortune si poggiarono sul personaggio di Bart, interpretato da Libero De Rienzo, morto ieri a 44 anni.

La storia
Tutto girato e ambientato a Torino, Santa Maradona parla di due amici e coinquilini quasi trentenni (ce ne sarebbe un terzo, ma è una lunga storia) senza soldi e senza grandi progetti o prospettive («l’affitto è in nero, non lavoriamo, non siamo iscritti a nessuna lista di collocamento: tecnicamente non esistiamo»).

Bart riesce a cavarsela facendosi pagare per scrivere recensioni che in realtà compila un suo cugino in Sicilia. L’altro – Andrea, interpretato da un allora già molto famoso Stefano Accorsi – vorrebbe un lavoro vero, ma non lo trova. L’evento principale del film riguarda la storia d’amore tra Andrea e Dolores, interpretata da Anita Caprioli. Poi ci sono alcune altre vicende minori e collaterali, che si inseriscono nella generale monotonia della vita di Bart e Andrea. In Santa Maradona non ci sono eventi sconvolgenti o grandi colpi di scena, ma tante scene curiose, divertenti e spesso anche riflessive e rappresentative di qualcosa della generazione dei protagonisti. Il finale è aperto.


Il regista
Ponti – che è nato ad Avigliana, vicino a Torino – diresse il film a 34 anni, dopo aver studiato Lettere moderne e dopo aver frequentato la Scuola Holden, sempre a Torino. Una recensione del 2001 parlò di lui come di un «piemontese con alcuni anni di [esperienza come] copywriter e assistente di semiotica». Un’altra lo definì «allievo di Baricco e fan di Tarantino». Un paio di anni fa lui disse a Movieplayer che era riuscito a fare quel suo primo film grazie a «un passaggio a vuoto del cinema italiano». E spiegò:

«Io avevo scritto una sceneggiatura, e mi era stato detto che era orribile, e aveva un titolo respingente. E che non sarebbe diventata mai nulla. Dopo molti rifiuti – non conoscevo nessuno nel mondo del cinema e avevo spedito per posta la sceneggiatura a vari produttori che non rispondevano o mi dicevano che la sceneggiatura era un affronto  – un produttore, Mikado, mi aveva detto che era interessato perché era stramba. Allora mi hanno detto: “Bisogna trovare un regista”. Ho detto che l’avrei fatto io. E non erano d’accordo, perché non avevo mai girato niente. Io ho detto: “O è così o lasciamo perdere”.

A quel punto mi hanno dato un budget ridottissimo, il minimo immaginabile per fare un film. Il che è un privilegio enorme: un film che non aveva alcun tipo di aspettativa, che secondo loro non avrebbe segnato niente, equivaleva a una pressione abbastanza relativa. Alla fine il film venne prodotto, nel disinteresse più assoluto, e uscì in sordina, in pochissime sale».

Bart
Ponti disse anche che in quel film era riuscito a raccontare una generazione che conosceva, la sua, e in un’altra intervista aggiunse che i suoi personaggi erano «positivi e negativi insieme», dei «nichilisti ottimisti». Se ne si può discutere, ma è una definizione piuttosto calzante per il personaggio di De Rienzo: per gli amici Bart e per l’anagrafe Bartolomeo Vanzetti (come l’anarchico condannato a morte negli Stati Uniti insieme a Nicola Sacco). Nel suo non fare quasi niente, Bart è senza dubbio il personaggio attorno a cui gira il film, quello che dice le frasi più ricordate e che, nei dialoghi e nelle discussioni, ha spesso la meglio.

Tra gli estimatori del film e di Bart, ognuno ha probabilmente la sua frase preferita: ce ne sono alcune che suonano come dichiarazioni d’intenti– «la sregolatezza pura, che non ha a che fare col genio, m’esalta» – altre che fanno solo ridere, altre ancora che fanno ridere solo nel contesto del film e se associate al come e al perché vengono pronunciate. Altre ancora che sono strambi aneddoti (come quello sul guardiano necrofilo di un obitorio russo).

Più che nelle singole battute, però, Bart dà il meglio nelle scene, in quei nuclei di qualche minuto in cui fa e dice cose spiazzanti, divertenti, a volte a loro modo sagge.




La colonna sonora
La canzone del titolo è dei Mano Negra, gruppo di Manu Chao, contenuta nel disco del Casa Babylon, che venne registrato a Napoli nei primi anni Novanta.


Il resto della colonna sonora è quasi tutto dei Motel Connection, gruppo (tra gli altri) di Samuel dei Subsonica. Quasi tutto perché, oltre a “Santa Maradona”, nel film c’è anche “Nuvole rapide” dei Subsonica.


Il citazionismo
Santa Maradona è uno di quei film in cui sono menzionati, mostrati o citati altri film. C’è per esempio tutto un discorso sulle “tette intertestuali” di Basic Instincts, e c’è poi l’evidente riferimento al film Butch Cassidy che chiude il film. Ci sono poi diversi riferimenti (come quello del furto con successiva corsa) a Trainspotting, che era uscito cinque anni prima e si era fatto molto notare.


Esiste anche – e così come molte altre scene del film la si trova su YouTube – una scena, non inclusa nel film, in cui Bart parla di come si sono evoluti gli spari dei film.


Le recensioni
Sul Cinematografo ci sono gli estratti di alcune recensioni del 2001: una osservò che c’era una «commistione di elementi (commedia, azione, dramma, cartoni animati, musica e naturalmente calcio) e un’analoga voglia di rendere epico il quotidiano», una notò che la sceneggiatura era «pervasa da estro e da una scontrosa vitalità ben resa dagli interpreti», un’altra apprezzò il film per «il suo abbondare in ritmo, estro, intelligenza, leggerezza e densità». Ci fu inoltre chi mise Santa Maradona in contrapposizione con L’ultimo bacio, altro film di quell’anno, anch’esso con Accorsi.

Del film parlò anche un articolo di Village Voice, storico settimanale newyorkese. L’articolo notava la «palese fissazione» per Trainspotting ma anche per le sue veloci e frequenti battute e i tanti botta e risposta tra Bart e Andrea. E la sceneggiatura veniva messa in relazione con quella di Un colpo da dilettanti, primo film di Wes Anderson.

I titoli di coda
Quelli di Santa Maradona finivano con un ringraziamento, tra gli altri, a Bud Spencer e Terrence Hill, ed erano inframezzati da alcune brevi scene, compresa questa:


A proposito:


Dopo
Santa Maradona nei cinema lo videro in pochi, ma molti lo recuperarono poi in altri modi. Ponti raccontò per esempio che a una proiezione per i 15 anni del film «c’era la sala strapiena, con la gente in piedi» e che colse l’occasione per chiedere agli spettatori presenti dove lo avessero visto la prima volta: «il novanta per cento delle persone lo aveva scaricato», disse. E aggiunse: «Santa Maradona è stato un bug del Sistema, non era il Sistema…».

De Rienzo, parlando qualche mese fa di Santa Maradona, aveva detto:«I ricordi legati a quel film sono molto belli. È un film che per tutta una generazione più giovane della mia è stato abbastanza formativo. Non voglio scomodare parole troppo grosse come “cult” ma ha comunque lasciato un segno».