Saad Hariri ha rinunciato a formare un governo in Libano
Dopo nove mesi di trattative, nonostante le pressioni internazionali e in mezzo a una crisi politica ed economica sempre più grave
Giovedì Saad Hariri, primo ministro designato del Libano, a cui era stato assegnato il compito di formare un governo lo scorso ottobre, ha rinunciato all’incarico dopo uno scontro con il presidente Michel Aoun, nel giorno in cui avrebbe dovuto presentare il suo nuovo esecutivo. Le dimissioni di Hariri peggiorano la crisi politica ed economica del Libano, che è guidato da un governo provvisorio con poteri limitati da quando, lo scorso agosto, un’enorme esplosione distrusse parte del porto di Beirut, provocando le dimissioni del governo di Hassan Diab.
Hariri è una delle figure più note della politica libanese. Figlio dell’ex primo ministro Rafiq Hariri (ucciso nel 2005 dal gruppo politico-terrorista Hezbollah), ha ricoperto la carica lui stesso più volte, tra il 2009 e il 2011 e tra il 2016 e il 2019. Dopo le dimissioni del governo di Diab, Hariri era emerso di nuovo come il più probabile candidato a formare un esecutivo. A ottobre, il presidente Aoun gli aveva conferito l’incarico, ed erano seguiti nove mesi di trattative politiche estenuanti.
Giovedì, infine, Hariri si era detto pronto a presentare il nuovo governo al presidente Aoun. Il momento era piuttosto atteso anche dalla comunità internazionale, che sperava che la fine dello stallo politico avrebbe dato sollievo alla gravissima crisi economica del paese. Anthony Blinken, il segretario di stato degli Stati Uniti, e Yves Le Drian, il ministro degli Esteri francese, poco prima dell’incontro tra Hariri e Aoun avevano inviato un comunicato congiunto per esortare le parti a rendere più rapida la formazione del governo.
L’incontro di giovedì tra Hariri e Aoun è però durato appena 20 minuti. Hariri ne è uscito dando le dimissioni dall’incarico. Lui e Aoun si sono accusati a vicenda di aver fatto fallire le trattative.
Aoun ha detto che convocherà il parlamento per cercare un nuovo candidato alla formazione del governo, ma trovarne uno potrebbe essere più complicato del previsto. Secondo l’ordinamento libanese, che prevede che le principali cariche istituzionali siano attribuite su base settaria, il primo ministro deve essere un musulmano sunnita. Ma Hariri è di gran lunga il politico sunnita più influente del paese, ed è difficile che qualcun altro si farà avanti senza il suo assenso.
Dopo l’annuncio della rinuncia di Hariri, la sterlina libanese è crollata a un nuovo minimo: la valuta ha perso più del 90 per cento del suo valore dallo scorso settembre. Giovedì sera i sostenitori di Hariri sono scesi in strada a protestare, bloccando alcune strade a Beirut e bruciando alcune automobili. È intervenuto l’esercito, che ha cercato di controllare le proteste sparando colpi di avvertimento in aria.
Il difficile momento della politica libanese è direttamente collegato alla gravissima crisi economica del paese.
L’economia del Libano è in crisi da anni, e dopo l’esplosione nel porto di Beirut ha subìto un tracollo. Il PIL pro capite è crollato del 40 per cento tra il 2018 e oggi, e secondo il World Food Programme delle Nazioni Unite il 40 per cento delle famiglie fatica a trovare cibo e a soddisfare le esigenze primarie. Il tasso di disoccupazione è passato da un già alto 28 per cento a febbraio 2020 al 40 per cento alla fine dell’anno. Nel paese mancano moltissimi generi di prima necessità, i blackout elettrici sono quotidiani e durano ore, e molti ospedali non hanno abbastanza materiale sanitario.
Secondo una ricerca della Banca mondiale pubblicata lo scorso dicembre, la crisi economica del Libano sarebbe una “depressione deliberata”, perché l’inazione del governo ha esacerbato gli effetti della crisi finanziaria. Attualmente il Libano è ancora governato da Hassan Diab, che guida un esecutivo provvisorio. Diab però non può fare molto per sollevare l’economia, perché l’ordinamento libanese gli ha affidato soltanto poteri molto limitati. Per fare le riforme necessarie al paese ed evitare un ulteriore peggioramento della crisi servirebbe un primo ministro con un mandato pieno.
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