L’Italia continuerà ad addestrare la cosiddetta Guardia costiera libica?
Se ne sta discutendo in parlamento in questi giorni: il PD chiede che se ne faccia carico l'Europa
Nei prossimi giorni, come ogni anno, il parlamento discuterà della proroga delle missioni internazionali in cui l’Italia è impegnata all’estero: per legge deve approvare scopi e fondi per ogni singola missione, ciascuna delle quali è spiegata in una “scheda” che il governo trasmette al parlamento. Quest’anno la scheda più discussa è la numero 48: riguarda il rifinanziamento della missione delle forze dell’ordine italiane per addestrare la cosiddetta Guardia costiera libica, il corpo armato a cui da diversi anni il governo italiano e l’Unione Europea hanno affidato il compito di impedire ai migranti che partono dalle coste della Libia di arrivare a quelle italiane; compito che molto spesso la Guardia costiera libica svolge con la violenza.
Se ne sta parlando soprattutto perché il Partito Democratico chiede in sostanza che l’onere di addestrare la Guardia costiera libica non sia più a carico dell’Italia, ma che sia trasferito alla missione militare IRINI dell’Unione Europea, istituita nella primavera del 2020. Non è ancora chiaro però se la richiesta del PD sarà accolta dagli altri partiti in parlamento; e anche se verrà approvata, non sappiamo se l’Italia abbandonerà del tutto l’addestramento delle forze militari in Libia.
IRINI è la prosecuzione della controversa Operazione Sophia e ha come obiettivo primario quello di far rispettare l’embargo dell’ONU sulla fornitura di armi alla Libia (quindi il divieto di vendere armi al paese). Come obiettivo secondario avrebbe anche quello di addestrare la Guardia costiera libica, ma al momento questo obiettivo non viene perseguito perché non è ancora stato trovato un accordo col fragile governo libico, che si è insediato quattro mesi fa ed è il primo dopo sette anni che almeno sulla carta controlla l’intero territorio nazionale.
Il PD chiede in sostanza che il mandato di IRINI si applichi per intero, come parte di una strategia per coinvolgere in maniera ancora più stretta l’Unione Europea nei rapporti con la Libia annunciata dal segretario Enrico Letta già nei suoi primi discorsi da leader del partito. Secondo il Manifesto, nei giorni scorsi la deputata Lia Quartapelle (PD) ha presentato un emendamento che chiede esplicitamente di spostare le competenze previste dalla scheda 48 – che oggi spettano ai Carabinieri e alla Guardia di finanza italiane – alla missione IRINI.
«Vogliamo che a gennaio, con la prossima programmazione [della missione IRINI] venga superata la missione italiana», ha spiegato alla Stampa Alessandro Alfieri, capogruppo del PD nella commissione Esteri del Senato: «Spero che la nostra proposta venga condivisa da tutti perché è importante avere un’Europa più forte nel Mediterraneo e in grado di far rispettare i diritti, salvare le persone e difendere le vite dei pescatori».
Per il PD è soprattutto una questione simbolica. Sull’accoglienza e l’immigrazione Letta ha posizioni più concilianti dei suoi predecessori: si era già visto nel 2014, quando da presidente del Consiglio aveva avviato Mare Nostrum, l’unica operazione di soccorso mai realizzata dal governo italiano nel Mediterraneo. Letta da tempo cercava l’occasione per distanziarsi politicamente dalle decisioni prese prima di lui, come l’approvazione e il più recente rinnovo del memorandum fra Italia e Libia, il documento che fra le altre cose legittima le operazioni della Guardia costiera libica.
Le agenzie dell’ONU che si occupano di migranti e rifugiati e gli attivisti per i diritti umani segnalano da tempo che la Guardia costiera libica viola sistematicamente i diritti umani ed è spesso in combutta con i trafficanti di esseri umani per estorcere quanto più denaro possibile ai migranti. Nonostante da anni l’Italia si sia impegnata a fornire addestramento agli agenti della Guardia costiera anche sul rispetto dei diritti umani, i casi di violazione sono stati moltissimi. Appena due settimane fa, per esempio, è emerso un video in cui si vede una motovedetta della cosiddetta Guardia costiera mentre spara verso una barca con a bordo una sessantina di migranti, cercando anche di speronarla.
Dal 2017 a oggi l’Italia ha stanziato 22,1 milioni di euro soltanto per le missioni di addestramento e appoggio della Guardia costiera libica da parte delle forze dell’ordine italiane. Nella relazione per il 2021 il governo prevede di spendere per lo stesso scopo 10,5 milioni di euro, la cifra più alta mai stanziata.
È comunque una piccola parte dei soldi che l’Italia e l’Unione Europea versano alle autorità libiche per stabilizzare il paese e rafforzare il controllo delle proprie frontiere. Fra il 2014 e il 2020 l’Unione Europea ha versato circa 698 milioni di euro alla Libia, mentre nel 2019 Euronews aveva calcolato che fra il 2017 e il 2019 – i primi anni di applicazione del memorandum – l’Italia aveva girato alla Libia circa 375 milioni di euro. Insomma: nella discussione sull’addestramento della Guardia costiera libica si sta parlando di una frazione di questi soldi.
All’interno del PD ci sono anche singoli parlamentari poco convinti del fatto che sul piano concreto la proposta del PD cambierà qualcosa. «La cosiddetta Guardia costiera libica compie sistematicamente atti criminali. Tortura, stupra, uccide. Collaborare con la cosiddetta Guardia costiera libica significa divenire corresponsabili di quei crimini. Poco cambia se chiediamo di farlo all’Europa», ha twittato di recente il deputato Matteo Orfini, ex presidente del partito.
Fonti del ministero della Difesa hanno spiegato inoltre a Repubblica che se anche la proposta del PD sarà accolta – diversi partiti non si sono ancora espressi sul tema – l’Italia continuerà comunque ad essere coinvolta nell’addestramento delle forze libiche.
Infatti fra gli obiettivi della missione bilaterale di assistenza e supporto in Libia (MIASIT) c’è anche la formazione delle forze di sicurezza libiche, quindi possibilmente anche della Guardia costiera. La missione MIASIT prevede l’impiego di circa 400 unità e per il 2021 la proposta del governo, su cui sembra non ci saranno particolari discussioni, è di rifinanziarla con 46,7 milioni di euro.