Gli arresti per le proteste a Cuba
Decine di persone sono state fermate dalla polizia dopo le inusuali manifestazioni contro il governo e l'aumento dei prezzi
Decine di persone sono state arrestate a Cuba in seguito alle manifestazioni iniziate domenica 11 luglio all’Avana, la capitale del paese, per protestare contro la mancanza di cibo, medicinali, energia elettrica, l’aumento dei prezzi e le inefficienze nella gestione della pandemia da coronavirus. Le proteste contro il governo, molto inusuali per Cuba dove le leggi prevedono pene severe per chi mostra il proprio dissenso, sono state represse dalla polizia, in alcuni casi duramente, in seguito ad alcuni scontri tra agenti e manifestanti.
Il presidente Miguel Díaz-Canel ha tenuto un discorso alla televisione cubana in cui ha accusato direttamente gli Stati Uniti di avere assoldato «mercenari» per destabilizzare il paese e far cadere il regime comunista sull’isola (ad oggi comunque non ci sono prove di un qualche coinvolgimento americano). Díaz-Canel ha attribuito buona parte dei problemi economici di Cuba alle sanzioni che gli Stati Uniti hanno imposto, in varie forme, dal 1962 e definite dallo stesso presidente «una politica per soffocare l’economia» del paese.
Nel suo discorso, Díaz-Canel ha invitato la popolazione a lottare contro i manifestanti per riportare l’ordine nelle città: «L’ordine di combattere è stato dato: andate nelle strade, rivoluzionari!». L’invito a combattere è stato commentato con preoccupazione da alcuni diplomatici statunitensi e delle Nazioni Unite, che temono nuovi scontri e violenze nel paese. Il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, ha commentato le notizie provenienti da Cuba chiedendo al governo di ascoltare la popolazione e di non reprimere il loro diritto a protestare: «Il popolo cubano sta coraggiosamente rivendicando i propri diritti universali».
Le proteste contro il governo erano iniziate lo scorso fine settimana nella città di San Antonio de los Baños, a sud-ovest dell’Avana, e si erano poi diffuse in diverse altre zone dell’isola fino alla capitale.
Domenica 11 luglio, migliaia di persone avevano marciato per le vie principali dell’Avana, chiedendo maggiori aiuti contro la pandemia e una riduzione dei prezzi per i beni di prima necessità, venduti nei negozi controllati dallo stato. In alcune città si erano anche verificati alcuni furti negli esercizi commerciali, che avevano portato all’intervento della polizia e alla seguente repressione delle manifestazioni.
All’Avana la protesta di domenica era stata per lo più pacifica, ma dopo circa due ore dal suo inizio si erano verificati scontri tra la polizia e gruppi di manifestanti, che avevano iniziato a tirare pietre contro gli agenti. La situazione era diventata ulteriormente tesa in seguito all’arrivo di alcune centina di persone, contrarie alla manifestazione.
Alcuni manifestanti avevano ripreso e trasmesso in diretta dai loro smartphone la protesta, mostrando anche episodi di danneggiamenti alle automobili e di furti nei negozi. Le notizie si erano poi fatte più frammentarie a causa della mancanza di connessioni cellulari, secondo i manifestanti determinate dalla decisione del governo di sospendere l’accesso a Internet.
I giornalisti dell’agenzia di stampa internazionale Associated Press, presenti alle manifestazioni, hanno contato l’arresto di almeno una ventina di persone. Negli scontri tra contrari e favorevoli al governo è stato ferito un fotoreporter di Associated Press, mentre alcune persone hanno preso la videocamera di un operatore e l’hanno sfasciata a terra.
Per Cuba proteste di questo tipo sono estremamente rare, proprio perché la manifestazione del dissenso è poco tollerata dal governo. Nel 1994 si erano verificate proteste per una crisi economica che stava coinvolgendo il paese, ma negli ultimi 30 anni non erano state più organizzate manifestazioni su larga scala.
L’economia di Cuba è in profonda difficoltà, anche a causa delle sanzioni economiche che aveva imposto l’ex presidente statunitense Donald Trump. La nuova amministrazione di Joe Biden ha mostrato qualche segnale di apertura, ma la recente condanna delle violenze potrebbe complicare i già difficili rapporti diplomatici tra i due paesi.
La crisi economica di Cuba non deriva solamente dalle sanzioni, ma anche dalle politiche economiche interne e dalla drastica riduzione del turismo, una delle risorse più importanti per il paese, a causa della pandemia. Negli ultimi giorni sono stati rilevati circa 7mila nuovi contagi ogni giorno e solo lunedì le autorità sanitarie hanno segnalato la morte di 42 persone per COVID-19, dopo il record di 47 di domenica. Dall’inizio della pandemia si stima che siano morte oltre 1.500 persone. Nel paese mancano risorse per offrire cure a tutti e dosi di vaccini, nonostante il governo abbia promesso di potenziare la produzione di quelli sviluppati e prodotti a livello nazionale.
Uno scarso raccolto ha inoltre inciso profondamente sulla produzione di zucchero, una delle risorse più esportate dal paese. Azcuba, l’azienda che lo produce in regime di monopolio, ha attribuito parte del problema alla mancanza di carburante a causa delle sanzioni e di parti per fare la manutenzione dei macchinari.
Il governo ha di conseguenza poche risorse economiche a disposizione, condizione che incide sulla possibilità di importare beni di prima necessità dall’estero. Le merci disponibili nei negozi hanno prezzi sempre più alti e sono sempre meno accessibili per la popolazione, che vive con stipendi molto bassi.