Che squadra è questa Inghilterra
E perché è molto diversa da quella che conoscevamo, tanto da essere ritornata in una finale dopo cinquantacinque anni
Tra il 2008 e il 2012 Pep Guardiola, l’allenatore che ha rivoluzionato il modo in cui si gioca a calcio ad alti livelli, vinse tutto con il Barcellona, la sua seconda squadra da allenatore. Nello stesso periodo la Spagna vinse tutti i tornei internazionali: Europei del 2008, Mondiali del 2010 ed Europei del 2012, con tanti giocatori del Barcellona e con lo stesso stile di gioco, il cosiddetto tiqui-taca. Nel 2013 Guardiola andò in Germania ad allenare il Bayern Monaco fino al 2016, e nel 2014 la nazionale tedesca tornò a vincere i Mondiali con otto giocatori di quel Bayern.
Ora Guardiola allena il Manchester City dal 2016. In questo periodo — in cui è stato l’unico allenatore che è riuscito a vincere più di una volta la Premier League, in modo sempre netto e battendo record su record — la nazionale inglese è tornata in semifinale di un Mondiale dopo quasi vent’anni e domenica giocherà contro l’Italia la prima finale europea della sua storia. Quattro titolari su undici dell’Inghilterra provengono dal City.
Guardiola è capitato in Inghilterra nel periodo d’oro della Premier League, il campionato più ricco e seguito al mondo, e il suo modo di intendere il calcio, più ragionato e complesso di come lo concepivano gli inglesi un tempo, ha spinto gli altri club a seguire il suo modello per stargli dietro, come nei casi di Maurizio Sarri al Chelsea, di Marcelo Bielsa al Leeds United e di Mikel Arteta all’Arsenal, o a trovarne altri per contrastarlo, come il Liverpool di Jurgen Klopp.
La presenza di così tanti grandi allenatori stranieri provenienti da scuole diverse (quindici su venti squadre nella prossima Premier League), unita a quella dei migliori calciatori in circolazione e all’arrivo delle seconde generazioni di immigrati in Regno Unito, ha cambiato il campionato inglese e questo ha influito anche sulla sua nazionale, che ora è una squadra moderna e non fa più disperare i suoi tifosi come un tempo.
Con Gareth Southgate, ex calciatore promosso nel 2016 dalla nazionale Under 21 in seguito allo scandalo che portò alle dimissioni di Sam Allardyce, l’Inghilterra ha migliorato il tipico stile di gioco inglese perennemente offensivo, intenso e molto fisico, ma tatticamente limitato, per allinearsi alle tendenze più attuali.
Agli Europei l’Inghilterra è la quarta squadra per possesso palla (54.2%) con quasi due punti in più dell’Italia, e la quinta per passaggi riusciti (87.7%), anche qui sopra l’Italia. Finora si è vista quasi sempre in controllo nelle partite che ha giocato: ha creato facilmente occasioni da gol e non è mai stata schiacciata dalla pressione avversaria. Difende occupando in modo organizzato tutti gli spazi del campo, più che con una linea di difesa alta: nelle sette partite giocate agli Europei ha subito soltanto un gol, su calcio piazzato.
A differenza di un tempo, quasi tutti i giocatori in campo, dal centrale di difesa John Stones (non a caso del Manchester City) in poi, sono in grado di far girare il pallone e partecipare alle manovre della squadra. Questo permette a Southgate di schierare quattro giocatori offensivi e di essere allo stesso tempo la miglior difesa degli Europei. L’attacco è il punto di forza e Harry Kane è il fulcro del gioco: viene schierato come centravanti ma si muove in continuazione e spesso si abbassa fino a diventare un trequartista. In questo modo si porta dietro i marcatori avversari e crea spazi per gli inserimenti di Raheem Sterling, Bukayo Saka e Mason Mount, o all’occorrenza Phil Foden. Kane e Sterling hanno segnato insieme sette dei nove gol inglesi nel torneo.
La costruzione di questa nazionale inglese non è molto diversa da quella dell’Italia. Anche la Serie A negli ultimi anni si è spostata verso un calcio diverso, più offensivo e ragionato, e anche Roberto Mancini ha abbandonato lo stile di gioco difensivo per cui l’Italia era famosa cercando di imporre alle partite il proprio gioco. La finale di domenica può essere quindi vista come l’incontro tra due squadre che hanno deciso di cambiare e che fino a prova contraria lo hanno fatto bene, a prescindere dal risultato.
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