Il governo di Haiti ha chiesto agli Stati Uniti di inviare l’esercito
Per cercare di stabilizzare il paese, sempre più fuori controllo: l'amministrazione americana ha detto però che per ora non manderà truppe
Il governo di Haiti venerdì ha chiesto agli Stati Uniti di inviare truppe armate per aiutare a stabilizzare il paese e proteggerne le infrastrutture più importanti, dopo che l’assassinio del presidente Jovenel Moïse da parte di una squadra di mercenari stranieri aveva creato una situazione di forte instabilità: nelle ultime 48 ore, diverse persone erano state uccise per strada in scontri tra la polizia e gruppi di cittadini armati, e molti esponenti politici ora temono che le istituzioni haitiane possano subire nuovi attacchi.
L’amministrazione del presidente americano Joe Biden ha risposto all’invito – fatto anche all’ONU – dicendo che invierà al più presto personale dell’FBI e del dipartimento per la Sicurezza interna per contribuire alle indagini e stabilire le modalità di intervento, ma che per ora non ci sono piani di invio di truppe.
La richiesta di Haiti arriva in un momento in cui le indagini sull’omicidio del presidente Moïse sono ancora piuttosto confuse, mentre nel frattempo lo scontro politico all’interno del paese sta diventando così duro da rischiare una destabilizzazione più ampia.
Per l’omicidio di Moïse finora sono state arrestate 20 persone, e cinque sarebbero ancora in fuga. Di queste, secondo il governo di Haiti, 18 sono colombiani e due sono cittadini statunitensi di origini haitiane. Venerdì il ministero della Difesa della Colombia ha reso noto in una conferenza stampa che almeno 13 dei colombiani arrestati ad Haiti facevano parte dell’esercito. Gli ex soldati colombiani sono molto richiesti come mercenari in operazioni militari non convenzionali, sia perché sono molto esperti in tattiche di guerriglia per via della lunga guerra della Colombia con il gruppo armato di estrema sinistra delle FARC, sia perché l’esercito colombiano è in buona parte addestrato dagli Stati Uniti e quindi è molto ben preparato.
I due cittadini statunitensi arrestati, invece, hanno detto al giudice di Haiti che li ha interrogati di essere stati assunti esclusivamente come interpreti, che non erano presenti al momento dell’uccisione di Moïse e che il piano originario non era di uccidere il presidente, ma di arrestarlo.
Secondo la ricostruzione delle autorità haitiane, attorno all’una del mattino tra martedì e mercoledì un gruppo di uomini armati ha attaccato la residenza privata di Moïse a Pétionville, un quartiere di lusso nel sud della capitale Port-au-Prince. Nell’attacco è stata ferita anche la moglie del presidente, Martine – poi trasportata in ospedale in Florida, in condizioni gravi ma stabili – mentre non sono stati coinvolti i loro tre figli. L’ex primo ministro haitiano Laurent Lamothe, intervistato da CNN, ha detto che Moïse è stato ucciso con 16 colpi di arma da fuoco.
Le indagini si stanno concentrando anche sulle guardie del corpo di Moïse che, come ha scritto il New York Times, non avrebbero sparato nemmeno un colpo durante l’attacco che ha portato all’uccisione del presidente.
Mentre le indagini sono ancora nelle fasi iniziali, ad Haiti la polizia fatica a mantenere l’ordine. Diversi gruppi di cittadini si sono armati e hanno cominciato a pattugliare le strade, attaccando persone per qualche ragione ritenute coinvolte nell’omicidio del presidente, e bruciandone le automobili. Durante gli scontri tra questi gruppi e la polizia sono state uccise almeno tre persone. Giovedì, inoltre, 11 persone armate sono state arrestate mentre cercavano di fare irruzione nell’ambasciata di Taiwan.
Nel frattempo, il durissimo scontro politico che si sta svolgendo tra vari importanti esponenti politici haitiani su chi dovrà prendere il potere dopo la morte del presidente si sta trasformando in un ulteriore elemento di destabilizzazione. Teoricamente, in caso di morte del presidente il suo ruolo avrebbe dovuto essere ricoperto dal presidente della Corte Suprema, che tuttavia è morto di recente di COVID-19.
Dopo l’uccisione di Moïse, il primo ministro ad interim Claude Joseph aveva detto di aver preso il comando della polizia e dell’esercito e aveva introdotto lo stato di emergenza (état de siège) per due settimane, un regime che tra le altre cose prevede il divieto di organizzare eventi e amplia i poteri della polizia. È stato il governo di Joseph a chiedere l’intervento militare degli Stati Uniti ad Haiti.
Due giorni prima di essere ucciso, tuttavia, Moïse aveva nominato un nuovo primo ministro, Ariel Henry, che avrebbe dovuto assumere l’incarico proprio questa settimana, e che quando Moïse è stato ucciso stava completando la formazione del suo esecutivo: attualmente, Henry sostiene di essere il primo ministro legittimo, e che il governo di Haiti spetterebbe a lui.
Venerdì notte si è aggiunto un terzo contendente, dopo che Joseph Lambert, il presidente del Senato, si è fatto eleggere come nuovo presidente dai suoi colleghi, molti dei quali avevano accusato Claude Joseph di colpo di stato. Non è chiaro però quanto sia legittima questa nomina: il senato di Haiti è composto da 30 membri, ma attualmente ne sono rimasti attivi soltanto 10. Il mandato di tutti gli altri senatori, infatti, era scaduto nel gennaio del 2020, e da allora gli scontri politici interni non avevano consentito di rinnovare l’assemblea.
Una delle ragioni per cui le autorità di Haiti hanno chiesto l’intervento militare degli Stati Uniti è che molti funzionari – per ora senza particolari prove – temono che l’uccisione del presidente sia soltanto parte di un progetto più ampio per destabilizzare il paese. Mathias Pierre, il ministro delle Elezioni, ha detto che sarebbe in corso un piano per «creare caos nel paese» e che le truppe americane dovrebbero contribuire a proteggere le infrastrutture strategiche, perché «attaccare le riserve di carburante e l’aeroporto potrebbero essere parte del piano».
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