Perché la BCE ha cambiato la sua strategia sull’inflazione
Consentirà che salga oltre al 2% per stimolare la crescita: potremmo vedere aumenti dei prezzi, ma per ora è tutto sotto controllo
Giovedì, la Banca centrale europea (BCE) ha svelato con largo anticipo rispetto al previsto la sua nuova strategia di politica monetaria, che entrerà in vigore dalla prossima riunione del suo Consiglio di governo, previsto per il 22 luglio, e durerà almeno fino al 2025, quando sarà riesaminata. L’obiettivo principale della banca centrale rimarrà lo stesso che ha avuto fino a ora: mantenere la stabilità dei prezzi nell’Area Euro.
Cambierà però la modalità che userà per raggiungerlo: mentre finora mirava a mantenere un livello di inflazione – cioè di crescita annuale del livello dei prezzi – inferiore ma vicino al 2 per cento nel medio termine, d’ora in poi il suo obiettivo di medio periodo sarà specificamente un’inflazione del 2 per cento annuo, che la banca si impegnerà a mantenere «simmetricamente», cioè evitando di farla scendere troppo al di sotto o salire troppo al di sopra di questo livello. Questo significa che se prima la BCE si impegnava a tenere il livello di inflazione sempre sotto il 2 per cento, ora consentirà che per brevi periodi superi questa soglia.
Rispetto alla politica adottata finora, la nuova strategia è più permissiva nei confronti della crescita dei prezzi, perché potrebbe portare a periodi transitori di inflazione più alta del 2 per cento, cioè a periodi (nell’ordine dei mesi) in cui i prezzi potrebbero aumentare ogni mese di oltre il 2 per cento rispetto a un anno prima.
Come ipotizzato da Bloomberg, questa strategia potrebbe inoltre protrarre la politica monetaria espansiva correntemente messa in atto dalla BCE, che prevede un tasso d’interesse base – cioè il tasso al quale la banca centrale presta soldi alle altre banche – dello zero per cento e programmi di acquisto di titoli con cui la BCE continua a immettere moneta nell’economia europea per supportarla dal 2014, ai quali nel 2020 si è aggiunto il Programma di acquisto per l’emergenza pandemica (PEPP) da 750 miliardi di euro.
Con la vecchia strategia infatti, ci si poteva aspettare che la banca reagisse a un rialzo dell’inflazione sopra al due per cento con un innalzamento dei tassi di interesse o una riduzione della moneta immessa nell’economia (entrambe operazioni che tendono a far scendere l’inflazione), mentre la nuova formulazione lascia intuire un atteggiamento più lasco nei confronti dell’aumento dei prezzi, nel caso questo si stabilisse sopra alla soglia obiettivo per un po’. A maggio, ultimo mese per cui abbiamo il dato, l’inflazione dell’Area Euro era proprio del 2 per cento e il tasso è cresciuto di mese in mese da inizio anno.
È importante notare che, quando parla di “medio termine” nella definizione dei suoi obiettivi, la banca intende un arco temporale di qualche anno. Gli effetti delle politiche monetarie come il cambiamento dei tassi di interesse e l’immissione di moneta nel sistema hanno infatti bisogno di parecchi mesi per esercitare un effetto sui prezzi, perciò la banca centrale non potrebbe controllare l’inflazione nel breve termine nemmeno se volesse. Questo è il motivo per cui i suoi economisti danno molto meno peso ai dati mensili sull’inflazione di quanto non facciano i giornali.
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Il cambio di strategia è dovuto a diversi fattori. Prima di tutto, la vecchia strategia era stata formulata nel 2003, prima della crisi dei mutui sub-prime del 2008, di quella del debito pubblico del 2011 e della pandemia da coronavirus. In questi diciotto anni, per stimolare la crescita economica europea frenata sia dalle crisi che da fattori più strutturali come l’invecchiamento della popolazione e un rallentamento della produttività, la banca centrale ha abbassato i tassi d’interesse fino a portarli a zero. Ciò ha creato una situazione chiamata dagli economisti “trappola della liquidità”, in cui la banca centrale non è più in grado di stimolare la ripresa attraverso un taglio dei tassi, già nulli.
In questa situazione diventa difficile anche governare l’inflazione, perché un aumento dell’emissione di moneta (come quello visto in questi anni) non genera automaticamente un aumento dei prezzi (che infatti è rimasto molto basso a lungo, diventando addirittura negativo alla fine dell’anno scorso). Questo succede perché le persone, nell’incertezza, tendono ad accumulare liquidità invece di spenderla o investirla, perciò, anche se la banca centrale continua a immettere denaro nell’economia, i prezzi non salgono più di tanto.
Per tentare di uscire da questa situazione ed evitare di tornarci in futuro, la BCE ha quindi imposto un obiettivo di inflazione più alto, il che farà aumentare le aspettative delle persone sull’inflazione. Questo dovrebbe portarle a spendere o investire di più nel timore che il denaro che possiedono si svaluti, accrescendo così consumi e investimenti, che a loro volta porterebbero a una crescita sia dell’economia che dei prezzi. Questo darebbe alla banca la possibilità di rialzare i tassi in futuro e riguadagnare margine di manovra.
Una scelta simile era stata già fatta dalla Banca centrale degli Stati Uniti (la FED), che l’anno scorso ha deciso di perseguire un obiettivo di inflazione media del 2 per cento sul lungo termine. Questa può sembrare una decisione simile a quella della BCE, ma c’è una sostanziale differenza: la BCE non ha parlato di media, e nonostante abbia definito il suo approccio «simmetrico» rispetto al 2 per cento, la Presidente Christine Lagarde ha espressamente negato il perseguimento di un obiettivo medio come la FED, il che rende la sua politica più flessibile di quella della Banca centrale Statunitense.
Mentre la FED mirerà a compensare periodi di bassa inflazione con periodi di alta inflazione con l’obiettivo di raggiungere la media del 2 per cento sul lungo periodo, per la BCE, il punto fondamentale è rialzare le aspettative sull’inflazione. Questo obiettivo potrà portare la banca centrale a rispondere in maniera “particolarmente forte o persistente” in caso di shock economici negativi (tradotto: con un aumento dell’acquisto di titoli sostenuto a lungo, che faccia risalire le aspettative di inflazione delle persone), ma la BCE non mirerà espressamente a superare la soglia del 2 per cento dopo periodi protratti di bassa inflazione, come invece farà la FED.
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In ultimo, nella strategia presentata giovedì, la BCE ha introdotto un’ulteriore novità: l’impegno a incorporare considerazioni riguardanti il cambiamento climatico nelle proprie decisioni di politica monetaria. La banca ha infatti riconosciuto che il cambiamento climatico ha ripercussioni importanti sulla stabilità dei prezzi: basti pensare alla siccità che ha colpito il Brasile pochi mesi fa, facendo aumentare i prezzi delle granaglie, o all’ondata di freddo che ha colpito il Texas a febbraio facendo salire quelli dei carburanti.
La BCE si è quindi impegnata ad aumentare le risorse dedicate alla formulazione di modelli macroeconomici che le permettano di tenere conto di questi fattori nella formulazione delle proprie decisioni di politica monetaria.