Sono state uccise quattro persone sospettate di avere assassinato il presidente di Haiti
E altre due sono state arrestate: si sta ipotizzando il coinvolgimento di forze straniere, ma per ora non ci sono certezze
Quattro persone sospettate di aver assassinato il presidente haitiano Jovenel Moïse nella notte tra martedì e mercoledì sono state uccise in uno scontro armato con le forze di sicurezza, mentre altre due sono state arrestate. Lo ha detto il capo della polizia di Haiti, Leon Charles, aggiungendo che a Port-au-Prince, la capitale dello stato caraibico, sono ancora in corso scontri armati tra le forze dell’ordine e altri sospettati di essere coinvolti nell’assassinio.
Charles ha detto che mercoledì durante gli scontri erano stati presi in ostaggio tre poliziotti, che in serata sono stati liberati. Ha poi aggiunto che tutte le altre persone sospettate di essere coinvolte nell’assassinio di Moïse «saranno uccise o catturate». Nell’attacco al presidente era stata ferita anche la moglie Martine, che è stata trasportata in ospedale in Florida, dove è in condizioni gravi ma stabili; i loro tre figli invece non erano stati feriti.
Secondo il comunicato del primo ministro ad interim, Claude Joseph, attorno all’una del mattino tra martedì e mercoledì un gruppo di uomini armati aveva «attaccato la residenza privata del presidente» a Pétionville, un quartiere di lusso nel sud di Port-au-Prince. Joseph aveva detto che alcuni degli aggressori parlavano spagnolo, mentre altre testimonianze non ancora verificate citano uomini vestiti di nero che avevano con loro armi piuttosto sofisticate e parlavano inglese. Dal momento che le lingue ufficiali di Haiti sono il creolo e il francese, si pensa che gli aggressori potessero essere non haitiani.
Secondo l’ambasciatore haitiano negli Stati Uniti, Bocchit Edmond, si tratterebbe «dell’attacco ben organizzato di un commando» di «mercenari stranieri». Edmond ha detto al Guardian che gli aggressori si sarebbero «presentati come agenti della DEA [Drug Enforcement Administration, l’agenzia federale degli Stati Uniti che si occupa del contrasto alla produzione e al commercio di droga] e che avrebbero detto di far parte di un’operazione della DEA».
Sul Miami Herald e sui social network è stato pubblicato un video in cui si sente un uomo con un accento americano dire con un megafono: «Operazione DEA. Tutti a terra. Operazione DEA. Tutti fermi, a terra». Al momento comunque non ci sono certezze su quanto successo, né conferme dell’eventuale coinvolgimento di forze straniere.
Moïse aveva 53 anni. Era stato eletto per la prima volta presidente del paese caraibico col partito di centrodestra Tèt Kale alle elezioni del 2015, poi annullate per brogli. Era stato rieletto l’anno successivo e aveva iniziato a governare il 7 febbraio del 2017. Negli anni era stato accusato di aver represso gli oppositori politici e di voler restare in carica oltre il suo mandato, ed era stato anche coinvolto in uno scandalo per corruzione.
Haiti, che si trova sull’isola di Hispaniola, la stessa della Repubblica Dominicana, è il paese più povero delle Americhe e uno dei più poveri al mondo, e vive da anni in uno stato di costante emergenza umanitaria: nel 2004 fu colpito dall’uragano Jeanne, nel 2010 da uno dei terremoti più distruttivi di sempre, in cui morirono 200mila persone, e nel 2016 dall’uragano Matthew. La pandemia da coronavirus ha aggravato ulteriormente la situazione del paese.
Mercoledì pomeriggio Joseph ha detto che il governo aveva preso «tutte le misure per assicurare continuità» e che le forze armate e la polizia avevano la situazione sotto controllo. Nel paese è stato introdotto lo stato di emergenza per due settimane, che tra le altre cose prevede il divieto di organizzare eventi e l’estensione dei poteri della polizia; tuttavia non si sa ancora cosa succederà, soprattutto a livello politico.
La Costituzione di Haiti prevede che in caso di mancanza del presidente i ministri possano governare sotto la guida del primo ministro fino al momento in cui non vengano indette nuove elezioni. Joseph però è primo ministro ad interim, e proprio il 5 luglio Moïse aveva nominato primo ministro Ariel Henry, già ministro dell’Interno, che tuttavia doveva ancora prestare giuramento ed entrare in carica.