Gli arresti per le violenze della polizia nel carcere di Santa Maria Capua Vetere

52 tra agenti e dirigenti sono accusati del pestaggio di alcuni detenuti della struttura in provincia di Caserta

(ANSA / CESARE ABBATE)
(ANSA / CESARE ABBATE)

Lunedì i carabinieri di Caserta hanno eseguito 52 misure cautelari nei confronti di agenti della polizia penitenziaria, accusati di violenze nei confronti dei detenuti del carcere di Santa Maria Capua Vetere, in provincia di Caserta.

I provvedimenti sono stati emessi dal giudice per le indagini preliminari (gip) di Santa Maria Capua Vetere, su richiesta della Procura della Repubblica, in seguito a un’indagine avviata dopo le denunce di alcuni detenuti. Tra le persone coinvolte dai provvedimenti ci sono Gaetano Manganelli, ex comandante del carcere, e Pasquale Colucci, comandante del nucleo traduzioni e piantonamenti, entrambi ai domiciliari, e Antonio Fullone, provveditore delle carceri della Campania, per il quale è stata disposta l’interdizione dalle proprie funzioni.

I fatti risalgono al 6 aprile del 2020, quando nel “reparto Nilo” del carcere ci fu una rivolta dei detenuti in seguito alla notizia di un caso di positività al coronavirus nella struttura. La rivolta terminò quella notte stessa, ma il giorno successivo secondo la Procura alcuni agenti misero in atto perquisizioni punitive e ritorsioni.

Il 7 aprile Antonio Fullone inviò nel carcere un centinaio di agenti provenienti da altre strutture della Campania, e quello stesso giorno iniziarono le violenze contro i detenuti. Alcuni di loro sarebbero stati costretti ad inginocchiarsi e denudarsi, e sarebbero stati picchiati con calci, pugni, schiaffi e testate, queste ultime date dagli agenti con i caschi. 15 detenuti, secondo la Procura, sarebbero stati portati in isolamento con modalità del tutto irregolari e senza legittimazione. Nell’ordinanza del gip le azioni degli agenti vengono definite un’«orribile mattanza» ai danni dei detenuti.

Negli atti dell’inchiesta che ha portato alle misure cautelari ci sono anche conversazioni estratte dai telefoni degli agenti, in cui il 6 aprile si parlava così di quello che avrebbero fatto il giorno dopo: «Domani chiave e piccone in mano, li abbattiamo come i vitelli. Domate il bestiame». Dopo il pestaggio, in un’altra conversazione, alcuni agenti avevano scritto: «Non si è salvato nessuno, abbiamo vinto, abbiamo ristabilito un po’ l’ordine e la disciplina».

In seguito al pestaggio alcuni agenti avevano accusato 14 detenuti di resistenza a pubblico ufficiale e lesioni nei loro confronti, un’accusa che secondo la Procura sarebbe stata falsa. Tra gli indagati ci sono anche due medici dell’ASL che avrebbero falsificato alcuni documenti per attestare le lesioni degli agenti coinvolti.

Le accuse per le persone coinvolte dalle misure cautelari sono a vario titolo di torture pluriaggravate, maltrattamenti pluriaggravati, lesioni personali pluriaggravate, falso in atto pubblico aggravato, calunnia, favoreggiamento personale, frode processuale e depistaggio.