Israele deve fare i conti con nuovi focolai
La variante delta ha fatto aumentare i casi, nonostante l'efficace campagna vaccinale, e il governo ha reintrodotto alcune restrizioni
Fino a pochi giorni fa Israele era uno dei pochi paesi del mondo a essere tornato, pur con qualche eccezione, a una relativa normalità, soprattutto grazie alla campagna di vaccinazione contro il coronavirus più veloce ed efficace di tutto il mondo. Meno di due settimane fa era stato tolto l’obbligo di indossare le mascherine al chiuso, e a partire da luglio si prevedeva anche una lenta ripresa dell’arrivo dei turisti provenienti dall’estero.
Ora però la presenza di alcuni nuovi focolai ha portato il governo a reintrodurre l’obbligo della mascherina ma anche a fare alcuni passi indietro, in particolare per via della circolazione della cosiddetta variante delta del virus: Israele potrebbe aver allentato le misure di sicurezza prima del tempo.
I nuovi focolai sono stati individuati in alcune scuole di Modiin, che si trova più o meno a metà strada tra Tel Aviv e Gerusalemme, e in particolare di Binyamina, una sessantina di chilometri a nord di Tel Aviv. A causa dei nuovi casi, centinaia di persone stanno trascorrendo un periodo di quarantena a casa e per la prima volta dopo diversi mesi in Israele è stata istituita una “zona rossa”, quella appunto di Binyamina.
Oltre ad aver ripristinato l’uso delle mascherine al chiuso – l’ultima delle restrizioni a essere stata tolta dopo che le altre misure avevano cominciato a essere allentate gradualmente già da febbraio –, il nuovo primo ministro israeliano Naftali Bennett ha deciso di riattivare il comitato di crisi per l’emergenza coronavirus. Allo stesso tempo, il responsabile della squadra di emergenza, Nachman Ash, ha chiesto ai residenti di evitare tutti i viaggi non necessari all’estero.
Già mercoledì il governo aveva annunciato di aver posticipato di un mese – dal primo luglio al primo agosto – l’apertura delle frontiere per i turisti stranieri, per via dei timori legati alla variante delta.
Secondo i dati forniti dal ministero della Salute, soltanto 26 delle 729 persone che attualmente risultano contagiate (dato del 24 giugno) hanno bisogno di cure in ospedale, e negli ultimi mesi i morti per cause legate alla COVID-19 sono stati pochissimi.
Tuttavia, prima della scoperta dei focolai di Modiin e Binyamina i contagi da coronavirus giornalieri erano al massimo poche decine, e nel giro di poche settimane si sono moltiplicati: in base ai dati raccolti dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, nella settimana precedente al 7 giugno i casi settimanali riscontrati in Israele erano stati 85; in quella successiva 222, e in quella dal 15 al 21 giugno 419. Soltanto giovedì 24 i casi accertati sono stati 227.
Il merito dei pochissimi contagi riscontrati fino a poche settimane fa va in particolare a una campagna vaccinale molto efficace, cominciata presto e proseguita con ritmi elevatissimi, tanto che attualmente il 57 per cento degli oltre 9 milioni di abitanti di Israele – in Italia siamo ancora sotto al 30 per cento – ha già ricevuto entrambe le dosi dei vaccini contro il coronavirus autorizzati nel paese (quelli di Pfizer-BioNTech e Moderna).
Anche se secondo gli esperti citati dal New York Times la variante delta non dovrebbe essere un rischio maggiore per le persone che hanno già ricevuto entrambe le dosi di vaccino, il governo israeliano sembra essere particolarmente preoccupato da una possibile ampia diffusione dei contagi. Le autorità sanitarie del paese hanno detto che il 70 per cento dei nuovi contagi è collegato proprio a questa variante, e secondo il direttore generale del ministero della Sanità, Chezy Levy, molte persone che sono risultate positive al coronavirus negli ultimi mesi erano state vaccinate, anche se non ha specificato se con una dose o due.
Dall’inizio della pandemia in Israele sono stati riscontrati più di 840mila contagi da coronavirus e più di 6.400 morti per cause legate alla COVID-19. I numeri di questi giorni sono ben lontani dai picchi massimi di gennaio, quando nel giro di un mese i casi riscontrati erano stati più di 60mila, e secondo Ash difficilmente le autorità introdurranno un quarto lockdown nel paese. Lo stesso Ash ha detto di non credere che in Israele stia arrivando una nuova ondata di contagi, ma allo stesso tempo ha riconosciuto che c’è il «potenziale» per una diffusione più ampia di casi.
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