Perché Mediaset sposterà la propria sede legale nei Paesi Bassi
Lo ha deciso l'assemblea dei soci: per ragioni legate agli investimenti internazionali, e per la fine dello scontro con Vivendi
Mercoledì 23 giugno l’assemblea degli azionisti di Mediaset ha approvato lo spostamento della sede legale della società ad Amsterdam, nei Paesi Bassi. Il trasferimento era da tempo voluto dalla famiglia Berlusconi, che controlla Mediaset con una maggioranza relativa del 44 per cento attraverso la società finanziaria Fininvest.
L’operazione avverrà attraverso la formazione di una nuova società (in olandese una naamloze vennootschap: società anonima, simile alle nostre società di capitali) le cui azioni continueranno a essere scambiate alla borsa italiana ma che sarà assoggettata al diritto olandese, che è meno complesso di quello italiano ed è stato perciò ritenuto dai vertici di Mediaset più idoneo ad attrarre capitali e finanziamenti da investire nell’acquisizione di altre imprese del settore, per facilitare l’espansione della società a livello europeo e competere con le piattaforme di streaming come Netflix, Disney+ e Amazon Prime Video.
Secondo i vertici di Mediaset, quello olandese è “un ordinamento giuridico conosciuto e apprezzato” che fornisce “ampie tutele agli investitori, garantendo un alto grado di certezza del diritto e delle relazioni contrattuali e commerciali”. Queste condizioni sono ritenute necessarie al processo di internazionalizzazione di un’azienda, e sono le stesse per cui molte altre società hanno spostato la propria sede nei Paesi Bassi, compresi il gruppo Davide Campari-Milano, proprietario dei marchi Campari e Aperol, e la casa automobilistica Fiat Chrysler Automobiles, ora confluita in Stellantis (sempre con sede nei Paesi Bassi) assieme al gruppo francese PSA, proprietario di Peugeot.
C’è poi la questione fiscale. Nel comunicato stampa con cui ha reso nota la decisione di spostare la sede legale, Mediaset ha ricordato che manterrà la propria sede fiscale in Italia. La sede fiscale individua il paese in cui la società pagherà le tasse, mentre la sede legale consiste nel luogo in cui la società stabilisce il centro dei propri affari e dove si svolgono di solito le riunioni dell’assemblea dei soci, e corrisponde più o meno al domicilio per le persone fisiche.
Spostando la sede legale e non quella fiscale, Mediaset continuerà a pagare in Italia le tasse sugli utili generati in Italia. È evidente però che, una volta portata la sede legale nei Paesi Bassi, se acquisterà altre società operanti in altri paesi, le tasse che queste società pagheranno dipenderanno da dove verrà messa la loro sede fiscale. Insomma: le tasse del ramo italiano di Mediaset resteranno in Italia, mentre quelle su eventuali utili futuri generati dall’internazionalizzazione della società non è detto che vengano pagate qui.
Nonostante Fininvest avesse in piano il trasferimento della sede da parecchio tempo, a questo si era opposto fino a poco tempo fa il secondo azionista di Mediaset: il gruppo francese di telecomunicazioni e mass media Vivendi, di proprietà dell’imprenditore francese Vincent Bolloré, che controlla anche TIM (Telecom Italia) e nel 2016 aveva tentato di acquisire il controllo di Mediaset comprandone azioni in borsa e arrivando a possederne il 28,8 per cento. Questo tentativo di scalata non era piaciuto alla famiglia Berlusconi, che l’aveva interrotto con un ricorso all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom), dando inizio a una serie di battaglie legali terminate solo a inizio dello scorso maggio con un accordo che prevedeva concessioni da entrambe le parti, ma che verrà formalizzato solo il 22 luglio.
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Tra le concessioni di Vivendi c’era appunto l’impegno a votare a favore del trasferimento nei Paesi Bassi. In cambio, Fininvest aveva acconsentito ad abolire il meccanismo del voto maggiorato vigente nella società: una regola contestata da Vivendi perché dava a Mediaset il doppio dei voti nell’assemblea degli azionisti in quanto detentrice di azioni da più di 24 mesi.
La decisione del trasferimento, approvata dalla quasi totalità degli azionisti, conferma quindi l’intenzione di Vivendi di rispettare l’accordo di non belligeranza, il quale prevede anche che Vivendi venda nei prossimi 5 anni il 19,19 per cento di Mediaset detenuto attraverso il trust Simon Fiduciaria (una società terza che detiene le azioni in sua vece da quando l’Agcom le ha imposto di ridimensionare la propria posizione), dando a Fininvest il diritto di prelazione sulle azioni invendute. Fininvest rileverà inoltre il 5 per cento delle quote detenute direttamente da Vivendi, a cui rimarrà una quota residua del 4,61 per cento.
Oltre ad approvare lo spostamento della sede legale, l’assemblea di ieri ha nominato il nuovo consiglio di amministrazione, che comprende Fedele Confalonieri, Pier Silvio Berlusconi e Marina Berlusconi. Ha inoltre approvato il bilancio del 2020, chiuso con un risultato netto di 139,3 milioni di euro. Nonostante questo fosse in netto calo rispetto ai 190,3 milioni di euro guadagnati nel 2019, l’assemblea ha deliberato un dividendo straordinario di 0,3 euro per azione (decisione già facente parte dell’accordo di maggio tra Fininvest e Vivendi).