Sono iniziate le sospensioni degli operatori sanitari non vaccinati
Come previsto dal decreto che ha introdotto l'obbligo, medici e infermieri che si rifiutano possono rimanere senza stipendio fino alla fine dell'anno
Negli ultimi giorni le aziende sanitarie di molte regioni italiane hanno iniziato la procedura che porterà alla sospensione degli operatori sanitari non vaccinati. Dopo aver chiesto agli ordini professionali, agli ospedali e alle Rsa i nominativi di tutti i medici e gli infermieri, e dopo averli avvisati delle conseguenze a cui sarebbero andati incontro non vaccinandosi, le aziende sanitarie hanno iniziato ad applicare le regole previste nel decreto che ha introdotto l’obbligo vaccinale, approvato dal Consiglio dei ministri il 1º aprile.
Le regioni hanno già concesso più tempo di quanto era stato previsto nel decreto: la consegna degli elenchi di tutti gli operatori sanitari era stata fissata entro martedì 6 aprile e la verifica dello stato vaccinale entro il 16 aprile. Successivamente, nel giro di pochi giorni le aziende sanitarie avrebbero dovuto mandare un invito a fornire la documentazione dell’avvenuta vaccinazione, della conferma di un appuntamento per la somministrazione o una spiegazione della mancata vaccinazione.
Già all’atto di accertamento da parte dell’azienda sanitaria gli operatori sanitari devono essere esentati da lavori che prevedono contatti interpersonali o comportano il rischio di diffusione del contagio. Quando non è possibile assegnare gli operatori non vaccinati a mansioni non a rischio, è prevista la sospensione della retribuzione.
Gli accertamenti sono durati più del previsto e solo nelle ultime settimane le aziende sanitarie hanno inviato i richiami formali indicando il giorno e l’ora della vaccinazione per gli operatori sanitari mancanti. Molti non si sono poi presentati agli appuntamenti e negli ultimi giorni sono stati spediti i primi avvisi di sospensione dal servizio, come previsto dal decreto, con la sospensione della retribuzione fino al 31 dicembre 2021.
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Secondo il report settimanale pubblicato sabato dal governo, al momento in Italia gli operatori sanitari ancora in attesa della prima dose del vaccino sono 45.753. I dati dicono che la Regione con più medici e infermieri non ancora vaccinati è l’Emilia-Romagna, dove mancano ancora 14.390 operatori sanitari, il 7,8 per cento del totale.
A livello assoluto hanno numeri piuttosto alti anche la Sicilia, dove 9.214 medici e infermieri non sono stati ancora vaccinati, e la Puglia con 9.099. Nella provincia autonoma di Trento i non vaccinati sono 2.205, ma rappresentano l’11 per cento del totale. Ma nonostante il report sia ufficiale, questi numeri sono solo parzialmente confermati dalle Regioni: in Lombardia, per esempio, secondo i dati del governo risultano vaccinati tutti gli operatori sanitari anche se molte aziende sanitarie hanno annunciato di aver convocato medici e infermieri ritardatari.
Una delle regioni che si è mossa più velocemente è stata la Puglia. Alla fine di maggio l’azienda sanitaria di Brindisi aveva sospeso cinque dipendenti – quattro infermieri e un tecnico di laboratorio – perché avevano rifiutato due volte il vaccino. Anche a Ragusa, in Sicilia, l’azienda sanitaria locale aveva sospeso 30 tra medici, infermieri e operatori sanitari.
Nella provincia autonoma di Bolzano, nonostante nel report del governo risulti che tutti gli operatori sanitari siano stati vaccinati, sono stati richiamati 3.926 dipendenti: 1.108 hanno deciso di vaccinarsi mentre tutti gli altri sono stati convocati ai punti vaccinali. Ai primi 28 appuntamenti si sono presentati solo in tre. Si sono registrate percentuali basse anche in provincia di Modena, dove si sono presentati solo 8 dei 178 operatori sanitari convocati. «Alcuni di loro già nei prossimi giorni verranno ricollocati in altri reparti e con altre mansioni», ha detto il direttore generale dell’AUSL di Modena, Antonio Brambilla. «Ma per un centinaio di dipendenti dovremo procedere alla segnalazione ai rispettivi ordini professionali». Le stime dell’azienda sanitaria dicono che il problema riguarda anche circa il 5 per cento dei 500 medici di famiglia che lavorano in provincia. «Se saranno sospesi sarà davvero un problema assistenziale. Ma la legge ci impone di segnalarli agli ordini, proprio come i nostri dipendenti», ha detto Brambilla.
In provincia di Bergamo sono stati segnalati 3.788 operatori non vaccinati: al primo invito hanno già risposto 1.640 persone, mentre 280 sono stati segnalati come «soggetti all’invio di un secondo invito per documentazione inidonea o incompleta». Nel Lazio l’invito a vaccinarsi entro cinque giorni è stato inviato a 300 medici. Secondo l’assessore regionale alla Sanità, Alessio D’Amato, si tratta comunque di una quota ridotta del personale che lavora negli ospedali.
Alberto Cirio, il presidente del Piemonte – dove risultano 2.893 operatori sanitari non ancora vaccinati – ha detto di non ritenere eccessiva l’ipotesi di licenziamento per chi conferma la volontà di non vaccinarsi. «Ogni lavoro ha obblighi che vanno rispettati», ha spiegato. «Queste persone verranno prima segnalate, poi spostate verso altre mansioni, ultima ratio la sospensione. Il licenziamento non è eccessivo se non ci sono alternative. Se uno non vuole vaccinarsi e non accetta lo spostamento verso altre mansioni, non restano alternative al licenziamento». Il presidente della conferenza delle regioni e presidente del Friuli Venezia Giulia, Massimiliano Fedriga è invece più cauto. Fedriga ha spiegato che la strada «è quella del convincimento, non del licenziamento: dobbiamo far capire l’importanza di tutelarsi principalmente per le professioni sanitarie».