L’inchiesta che sta mettendo nei guai Jair Bolsonaro
Sta evidenziando grossi problemi nella gestione della pandemia, ma non è detto che il presidente del Brasile ne uscirà indebolito
A maggio in Brasile è stata avviata un’inchiesta parlamentare sulla gestione della pandemia da coronavirus che sta mettendo in crisi la reputazione del presidente brasiliano populista e conservatore Jair Bolsonaro. Dalle prime relazioni della commissione parlamentare è emerso che la risposta del governo brasiliano all’epidemia sarebbe stata largamente inadatta, dettata da impreparazione e teorie poco scientifiche, e avrebbe persino aumentato i pericoli per la salute pubblica.
Le testimonianze dei politici e degli esperti sentiti durante l’inchiesta stanno dominando i titoli di giornali e telegiornali e sono seguitissime dai brasiliani sia in televisione che su internet, e stanno mettendo in crisi la popolarità di Bolsonaro, a tal punto che secondo alcuni esperti l’inchiesta potrebbe diventare un ostacolo importante in vista delle prossime elezioni presidenziali del 2022, a cui Bolsonaro intende ricandidarsi.
Tuttavia il presidente brasiliano, benché abbia costantemente ridicolizzato e ridimensionato la gravità della pandemia, rifiutandosi per esempio di indossare la mascherina durante gli eventi pubblici e criticando ampiamente governatori e sindaci che avevano imposto restrizioni per controllare la diffusione del virus, continua ad avere l’appoggio di una buona parte degli elettori e rimane uno dei politici più popolari del paese.
L’inchiesta parlamentare è stata avviata dopo che ad aprile in Brasile erano stati registrati in totale più di 87mila morti per cause legate alla COVID-19, con una media di quasi 3mila morti al giorno. Con più di 17 milioni di contagi accertati e 490mila morti dall’inizio dell’epidemia, a oggi il Brasile è il terzo paese più colpito dopo Stati Uniti e India, e in media i morti sono ancora più di 2mila al giorno.
Dalle prime ricostruzioni della commissione, è emerso che il governo brasiliano aveva provato a far modificare i documenti relativi all’idrossiclorochina, un antimalarico testato a inizio pandemia e poi sostanzialmente abbandonato a causa dei suoi effetti deludenti, per far risultare che fosse del tutto efficace contro la COVID-19 e che quindi si potesse utilizzare per curare la malattia. Inoltre, secondo alcuni senatori ci sarebbero le prove che il governo aveva messo in piedi una sorta di ministero della Salute parallelo con presunti esperti e consiglieri che avevano proposto al presidente di adottare strategie e rimedi che non avevano alcun fondamento scientifico.
Tra i dati più allarmanti emersi finora sulla gestione dell’epidemia c’è il fatto che il governo non rispose a 53 delle 81 mail ricevute dalla società di biotecnologie Pfizer rispetto alla proposta di acquisto del suo vaccino contro il coronavirus, una cosa che ha fatto rallentare notevolmente la fornitura e la somministrazione dei vaccini nel paese.
Randolfe Rodrigues, senatore dell’opposizione e vicepresidente della commissione d’inchiesta, ha definito le conseguenze di questo comportamento «tragiche e dolorose»: a oggi soltanto il 26 per cento dei brasiliani ha ricevuto la prima dose di vaccino contro il coronavirus e si stima che la maggior parte della popolazione sopra i 60 anni non avrà ricevuto entrambe le dosi prima di settembre. Quando una volta a Bolsonaro fu chiesto come mai il governo stesse bloccando la fornitura del vaccino di Pfizer, lui rispose per scherzo che i vaccini trasformavano le persone in coccodrilli.
L’infettivologa Luana Araujo, che ha partecipato alle udienze a Brasilia, ha detto alla commissione che «avevamo il tempo, avevamo gli strumenti – un sistema di sanità di base invidiabile – eppure abbiamo continuato a insistere sul percorso sbagliato». Secondo Araujo il governo ha «scelto di ignorare l’esperienza del resto del mondo» e ha continuato a gestire la pandemia con una «combinazione di arroganza e ignoranza» che si è rivelata «davvero troppo pericolosa».
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Le accuse di cattiva gestione dell’epidemia emerse dalle prime settimane di inchiesta hanno danneggiato pesantemente la reputazione del presidente, ma è ancora troppo presto per capire se Bolsonaro ne uscirà davvero indebolito.
L’inchiesta dovrebbe concludersi ad agosto ma potrebbe andare avanti fino a ottobre. Alla fine la commissione suggerirà una serie di indicazioni e di azioni raccomandate, tra cui anche una possibile richiesta di incriminazione o di impeachment a danno di Bolsonaro, che potrebbero pertanto impedirgli di ricandidarsi alle elezioni presidenziali dell’anno prossimo.
Secondo alcuni analisti, il danno alla reputazione di Bolsonaro per via dell’inchiesta potrà riaprire la strada al ritorno in politica di Luis Inácio Lula da Silva, a lungo leader del principale partito di sinistra brasiliano (Partito dei Lavoratori), presidente del Brasile dal 2003 al 2011, nonché grande critico dell’operato di Bolsonaro. Secondo altri, invece, Bolsonaro potrebbe comunque uscirne relativamente bene.
Matias Spektor, professore di relazioni internazionali alla Fundação Getúlio Vargas di Rio de Janeiro, ha detto al Financial Times che nonostante l’ampio consenso sul fatto che il governo abbia gestito la pandemia malamente, Bolsonaro continua ad avere il 20-30 per cento di approvazione tra gli elettori. In più, anche se alcuni politici hanno cercato di sfruttare l’inchiesta per ottenere visibilità, per il momento nessuno degli alleati del presidente ha deciso di allontanarsi dal governo, perciò non sembra ancora essersi aperta una grossa crisi.