Tocca a Venere
Dopo anni in cui era stato un po' trascurato, il pianeta sarà nuovamente al centro delle esplorazioni spaziali grazie a tre nuove missioni annunciate da ESA e NASA
di Emanuele Menietti – @emenietti
Osservando Venere con il suo cannocchiale, Galileo Galilei fu tra i primi a notare che l’aspetto del pianeta in cielo variava nel tempo con cicli simili a quelli della Luna che ci appare come nuova, crescente, piena e calante. Grazie a quelle osservazioni condotte nel 1610, Galileo trovò importanti conferme al fatto che fossero i pianeti a girare intorno al Sole e non viceversa. Nonostante il ruolo che ebbe nella scoperta dei movimenti planetari e la sua relativa vicinanza alla Terra, ci sono ancora molte cose che ci sfuggono sulla storia di Venere e sul suo presente. La NASA e l’Agenzia spaziale europea (ESA) confidano di colmare almeno in parte queste lacune e per farlo hanno di recente annunciato importanti missioni verso il pianeta.
Entro la fine di questo decennio, le sonde DAVINCI+ e VERITAS della NASA ed EnVision dell’ESA avranno il compito di esplorare e mappare Venere, raccogliendo dati preziosi sulla spessa atmosfera che riveste il pianeta e che secondo alcune teorie potrebbe ospitare qualche forma di vita, per come la conosciamo.
Caldo caldo
Venere si trova in media a una distanza di 170 milioni di chilometri da noi. Ha dimensioni e massa simili alla Terra, al punto da essere definito talvolta un gemello del nostro pianeta, ma ha un clima decisamente meno ospitale. La sua atmosfera è costituita per lo più da anidride carbonica, che contribuisce a creare un effetto serra senza pari nel sistema solare. Questa circostanza unita alla maggiore vicinanza al Sole, fa sì che Venere sia il pianeta più caldo nelle nostre vicinanze.
La superficie è difficile da osservare perché Venere è avvolto da nubi molto dense e spesse, formate principalmente da acido solforico. La temperatura al suolo mediamente di 460 °C e la composizione acida dell’atmosfera rendono improbabile l’esistenza di qualche forma di vita sulla superficie.
Dalla fine degli anni Sessanta, però, alcuni astronomi hanno ipotizzato che possano esserci forme di vita non sulla superficie, ma negli strati di nubi a 60mila metri di altitudine, dove pressione atmosferica e temperature sono più simili a quelle terrestri.
Questa teoria affascinante (un po’ troppo creativa per i più scettici) sembrava avere ricevuto qualche conferma lo scorso settembre, dopo la scoperta di tracce di fosfina, un gas che sulla Terra è legato alle attività degli esseri viventi. Da allora diversi ricercatori discutono se la fosfina ci sia davvero e se possa costituire un indizio credibile sulla presenza di vita.
DAVINCI+ e VERITAS potrebbero fornire qualche nuovo indizio, ma non sono state costruite appositamente per rilevare la presenza di fosfina. La progettazione delle due sonde era iniziata infatti diversi anni prima rispetto ai nuovi studi sulla fosfina, e di conseguenza gli strumenti utilizzati erano stati concepiti per altri scopi. Per la NASA sarà comunque un importante ritorno, considerato che aveva inviato l’ultima sonda verso l’atmosfera di Venere nel 1978.
DAVINCI+
Come intuibile, DAVINCI+ deve il proprio nome a Leonardo da Vinci, indicato dai ricercatori della NASA come la loro fonte di ispirazione per le sue capacità di fondere insieme «l’ingegneria, la tecnologia e l’arte». L’acronimo sta per «Deep Atmosphere Venus Investigation of Noble gases, Chemistry, and Imaging, Plus» e la sonda avrà il compito di raccogliere dati per ricostruire il passato del pianeta.
I ricercatori ipotizzano infatti che un tempo Venere fosse simile alla Terra, con oceani che ne ricoprivano buona parte della superficie e forse la presenza di qualche forma di vita. Poi avvenne qualcosa che portò il pianeta a perdere l’acqua superficiale e a diventare un posto sempre più caldo e ostile. I dati raccolti potrebbero contribuire a confermare questa teoria, a comprendere come evolvono pianeti simili a Venere e a fare stime più accurate su che cosa potrebbe accadere alla Terra a causa del riscaldamento globale.
DAVINCI+ compirà due passaggi ravvicinati in modo da raccogliere dati sul movimento delle nubi e sulla composizione della superficie. Dal veicolo spaziale si staccherà poi una sonda più piccola che attraverserà l’atmosfera di Venere raccogliendo dati sulla sua composizione chimica, sulla forza dei venti e sulla pressione. Avvicinandosi al suolo, rileverà la conformazione della Regione Alfa, una vasta area in cui il terreno è frammentato e presenta grandi deformazioni.
VERITAS
La sonda VERITAS (Venus Emissivity, Radio Science, InSAR, Topography, and Spectroscopy) orbiterà intorno a Venere con il compito di mappare la superficie del pianeta ad alta risoluzione. I dati raccolti dal suo radar saranno impiegati per costruire una mappa tridimensionale del pianeta, che consentirà anche di capire se sia ancora attivo dal punto di vista geologico, per esempio con fenomeni di vulcanismo.
Grazie a VERITAS i ricercatori confidano di ottenere nuovi elementi per ricostruire anche la storia di Venere dal punto di vista geologico, e di capire come mai ebbe un’evoluzione così diversa rispetto a quella della Terra.
EnVision
Il 10 giugno l’ESA ha annunciato di avere selezionato EnVision come prossima missione verso Venere. L’iniziativa prevede l’invio di una sonda per rilevare la stratificazione del sottosuolo del pianeta e con strumenti per lo studio della sua superficie e dell’atmosfera, parte della strumentazione sarà fornita dalla NASA nell’ambito di una collaborazione tra le due agenzie. Il lancio è previsto per il 2031, poi la sonda impiegherà circa 15 mesi per raggiungere Venere e altri 16 mesi per stabilizzare la propria orbita intorno al pianeta a una distanza media di 380 chilometri.
Meno Marte
La notizia delle tre missioni ha entusiasmato molti astronomi, che negli ultimi anni avevano criticato più o meno velatamente la NASA per avere trascurato Venere, dedicando molte più attenzioni a un altro pianeta: Marte.
Negli ultimi 30 anni, l’agenzia spaziale statunitense ha inviato una grande quantità di sonde e robot per esplorare Marte, mettendolo al centro dei propri programmi per il sistema solare, con la prospettiva di raggiungerlo un giorno con i propri astronauti. Atterrare su Marte non è per nulla semplice, ma in compenso il pianeta non tende a fondere qualsiasi cosa che tocca la sua superficie come avviene invece su Venere.
Oltre Venere
Proprio perché ha ricevuto meno attenzioni, Venere nasconde ancora molti misteri per gli scienziati. Le due missioni forniranno con ogni probabilità informazioni che cambieranno sensibilmente non solo le conoscenze sul pianeta, ma più in generale il nostro modo di prendere in considerazione e valutare pianeti fuori dal nostro sistema solare e a enormi distanze, che forse non riusciremo a raggiungere mai.
Quando a fine 1610 Galileo si accorse delle fasi di Venere, un importante indizio per confermare la teoria eliocentrica, fece arrivare a Giovanni Keplero una frase in latino che diceva: «Queste cose premature vengono lette da me invano» («Haec immatura a me frustra iam leguntur oy»). Era una frase in codice come si usava spesso all’epoca per evitare che altri scienziati si impadronissero delle scoperte altrui, prima che queste fossero rese pubbliche mentre si attendevano nuove conferme. Keplero faticò a decifrarla e fu in seguito svelata dallo stesso Galileo: «La madre degli amori [Venere, ndr] imita le forme di Cinzia [la Luna, ndr]».
Mentre telescopi sempre più potenti rispetto al cannocchiale di Galileo ci consentono di osservare stelle che si formarono quando la Terra non esisteva, e la cui luce impiega miliardi di anni per raggiungerci, non siamo ancora in grado di osservare direttamente e con accuratezza i pianeti che orbitano loro intorno. Abbiamo però la fortuna di avere nelle nostre vicinanze ben sette pianeti oltre alla Terra, con caratteristiche uniche tra loro a seconda delle loro dimensioni e della loro posizione rispetto al Sole.
È un campionario formidabile da studiare per capire come possano essere fatti gli altri pianeti, che ancora non riusciamo a vedere e a distanze che nemmeno riusciamo a immaginare. DAVINCI+, VERITAS ed EnVision così come le altre missioni interplanetarie organizzate negli ultimi decenni, ci aiutano a farlo e a scoprire qualcosa di nuovo, anche su noi stessi.