Israele ha un nuovo governo
La fragile coalizione di Naftali Bennett ha ottenuto il voto di fiducia, e ha posto fine a 12 anni di dominio di Benjamin Netanyahu
La Knesset, il parlamento israeliano, ha votato la fiducia al nuovo governo di Naftali Bennett, il primo in 12 anni che non sarà guidato da Benjamin Netanyahu. Bennett, leader del partito di destra Yamina, sarà a capo di una coalizione molto varia e piuttosto fragile: è sostenuto da ben otto partiti, compreso Yamina, e ha ottenuto il voto soltanto di 60 dei 120 deputati della Knesset, con 59 contrari e un astenuto.
Nonostante questo, il voto di oggi è considerato un punto di svolta fondamentale per la politica israeliana, perché oltre a mettere fine al dominio di Netanyahu interrompe uno stallo politico che durava due anni, nel corso dei quali in Israele sono state necessarie quattro elezioni generali per arrivare alla formazione di questo nuovo esecutivo. Da ultimo, il governo di Bennett sarà il primo dopo decenni a includere un partito di arabo-israeliani, la formazione conservatrice Lista Araba Unita.
Durante il suo discorso prima del voto, Bennett è stato interrotto più volte da deputati di partiti ultraortodossi e di estrema destra, che gli hanno gridato «Vergogna!» e «Bugiardo!», quasi impedendogli di parlare. Molti membri della destra religiosa israeliana, sostenuti da Netanyahu, nelle ultime settimane sono stati ferocemente critici con la decisione di Bennett di allearsi con un partito di arabo-israeliani. Bennett ha annunciato l’apertura di un «nuovo capitolo» nelle relazioni tra Israele e i suoi cittadini arabi, e ha promesso «rispetto» per le comunità ultraortodosse.
Le proteste da parte dei partiti di destra sono state così sostenute e chiassose che Yair Lapid, il nuovo vice primo ministro (che tra due anni si scambierà con Bennett, ci torniamo), ha rinunciato a pronunciare il suo discorso.
Ha parlato anche Netanyahu, il primo ministro uscente, che in un discorso durissimo ha definito il governo come «pericoloso», ha denunciato – come aveva già fatto nei giorni scorsi – una truffa elettorale ai suoi danni e ha promesso che presto tornerà al potere.
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— Noga Tarnopolsky נגה טרנופולסקי نوغا ترنوبولسكي💙 (@NTarnopolsky) June 13, 2021
Il parlamento ha poi proceduto a votare Mickey Levy, ex capo della polizia del partito centrista Yesh Atid, come nuovo presidente della Knesset e ha infine espresso il voto di fiducia per Bennett. Il governo è entrato in carica immediatamente. Subito dopo il voto, Bennett e Netanyahu si sono stretti la mano.
Handover. pic.twitter.com/wrNiX6bN5j
— Dan Williams (@DanWilliams) June 13, 2021
L’accordo per formare un nuovo governo era stato trovato all’inizio di aprile dopo settimane di trattative iniziate dopo le elezioni dello scorso 23 marzo, che come le tre precedenti tenute negli ultimi due anni non avevano avuto un chiaro vincitore (in mezzo c’è stata anche una breve guerra con i gruppi armati palestinesi della Striscia di Gaza). Il nuovo governo sarà sostenuto da quasi tutte le forze di opposizione, dalla destra radicale alla sinistra laica. Secondo gli accordi Bennett lo guiderà nei primi due anni, a seguito dei quali, se la coalizione reggerà, sarà sostituito da Yair Lapid, leader del partito laico centrista Yesh Atid (“C’è un futuro”). Il cambio di incarico, ha detto Bennett alla Knesset, dovrebbe avvenire il 27 agosto del 2023.
Il nuovo governo avrà 27 ministri, di cui nove donne. L’ex capo dell’opposizione Benny Gantz rimarrà ministro della Difesa. Gideon Sa’ar, leader del partito di destra Nuova Speranza, sarà prima ministro della Giustizia e poi degli Esteri.
Alla sinistra sono stati assegnati ministeri discretamente pesanti come quello della Sanità, al leader di Meretz Nitzan Horowitz, e dei Trasporti, che sarà guidato dalla segretaria dei Laburisti Merav Michaeli. Faranno parte del governo anche altre due note figure della destra israeliana: il capo del partito laico di destra Casa Nostra, Avigdor Lieberman, sarà ministro delle Finanze, mentre Ayelet Shaked di Yamina sarà inizialmente ministra dell’Interno e poi ministra della Giustizia.
Con una coalizione così varia e fragile a sostenerlo, è improbabile che il governo Bennett affronterà questioni polarizzanti come il conflitto con i palestinesi e la politica nei confronti dell’Iran. Il nuovo primo ministro ha fatto capire che intende concentrarsi sulle questioni interne, e in particolar modo sull’economia. Tra le altre cose, a causa dello stallo politico sono due anni che il parlamento israeliano non approva una legge finanziaria.
– Leggi anche: Chi è Naftali Bennett
Naftali Bennett ha 49 anni ed è nato ad Haifa da genitori statunitensi di origine ebraica. Dopo gli studi in una scuola religiosa e una discreta carriera nell’esercito studiò legge ed economia all’università ebraica di Gerusalemme. Si trasferì poi negli Stati Uniti dove divenne milionario grazie alla fondazione di una startup tecnologica, e nel 2005, a 33 anni, decise di tornare in Israele per dedicarsi alla politica.
Per un po’ fu il capo di gabinetto di Netanyahu, che al tempo era il leader dell’opposizione al governo di Ehud Olmert, ma fu licenziato dopo un anno e mezzo, e da allora è rimasto in pessimi rapporti con Netanyahu e il suo circolo. Si mise a capo di un vecchio partito della destra religiosa, la Casa Ebraica, e riuscì a portarlo al 9 e al 6 per cento nelle due successive elezioni, nel 2013 e nel 2015. Per Bennett fu un periodo di grande attivismo politico: per sei anni fu ininterrottamente al governo ricoprendo vari ruoli, fra cui quello di ministro dell’Istruzione, dell’Economia e dei Servizi religiosi, cercando di occupare lo spazio politico a destra di Netanyahu e del Likud con dichiarazioni e gesti sempre più eclatanti.
Bennett ha mollato Netanyahu soltanto l’anno scorso, accusandolo soprattutto di avere gestito male la pandemia. Alle elezioni del 2021 il suo nuovo partito Yamina – il quinto in 14 anni di carriera politica – ha raccolto un discreto risultato ottenendo 7 seggi su 120 e soprattutto lo status di ago della bilancia nella Knesset.
In campagna elettorale Bennett aveva promesso sia di non governare con la sinistra o con i partiti che rappresentano gli arabi israeliani, sia di non appoggiare un governo guidato da Netanyahu; alla fine ha rispettato soltanto la seconda.