Il quinto oceano

Dopo anni di tentennamenti, il National Geographic ha deciso di distinguere l'oceano Antartico dagli altri, e con buone ragioni

Penisola Antartica (Mario Tama/Getty Images)
Penisola Antartica (Mario Tama/Getty Images)
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Da specie terricola, spesso ci dimentichiamo che circa il 70 per cento della superficie del nostro pianeta è ricoperta dall’acqua, e che la maggior parte di questa è conservata in enormi distese che per convenzione chiamiamo oceani. Stabilire dove finisca uno e dove ne inizi un altro non è semplice, perché formalmente tutta quell’acqua non ha confini così netti. La distinzione più condivisa ne identifica quattro, Pacifico, Atlantico, Indiano e Artico, ma il National Geographic, una delle più importanti istituzioni geografiche al mondo, ha da poco deciso di riconoscere un quinto oceano, quello Antartico, sempre più presente nelle ricerche e negli studi sull’ambiente.

La suddivisione finora adottata dalla maggior parte dei governi e dei geografi risale al 1953 e fu indicata da quello che all’epoca si chiamava Ufficio idrografico internazionale (ora Organizzazione idrografica internazionale, IHO), un organismo intergovernativo creato allo scopo di coordinare le attività di studio e definizione delle risorse d’acqua del nostro pianeta.

La definizione di 70 anni fa circa stabilì che formalmente sulla Terra ci sia un unico oceano, suddiviso in quattro bacini: il Pacifico, il più grande di tutti, seguito dall’Atlantico, dall’Indiano e dall’Artico. In diversi paesi quest’ultimo non è sempre definito come oceano, ma come mare dipendente dell’Atlantico e con il nome Mar Glaciale Artico.

La National Geographic Society, l’associazione scientifica senza scopo di lucro fondata a fine Ottocento a Washington, negli Stati Uniti, e nota soprattutto per la pubblicazione della rivista che porta il suo nome, iniziò a realizzare le prime mappe della Terra nel 1915. All’epoca riconosceva i classici quattro oceani, come faceva del resto buona parte delle organizzazioni geografiche e scientifiche. Già allora c’era tuttavia chi riteneva che un’ampia area di mare intorno all’Antartide avesse caratteristiche uniche e ben distinguibili da quelle degli altri oceani, al punto da meritarsi di essere distinta.

La pensavano così anche i responsabili della IHO, che nel 1937 aveva riconosciuto l’oceano Antartico nelle proprie linee guida. La decisione era stata poi ampiamente dibattuta e aveva portato a una sua successiva rimozione dall’elenco nel 1953. Da allora l’Organizzazione ha discusso in diverse altre circostanze ruolo e importanza dell’oceano Antartico, ma senza raggiungere il consenso necessario per inserirlo nuovamente nella distinzione tra i vari oceani.

Questa circostanza non ha comunque impedito di utilizzare ugualmente la dizione “oceano Antartico” ai ricercatori che studiano la zona, così come ai geografi e ad alcune istituzioni nazionali. Lo U.S. Board on Geographic Names, l’ufficio federale che si occupa di coordinare l’impiego di nomi e definizioni geografiche negli Stati Uniti, ha riconosciuto l’oceano Antartico nel 1999. A febbraio di quest’anno, si è poi aggiunta la National Oceanic and Atmospheric Administration (NOAA), agenzia federale statunitense che si occupa di oceani, meteorologia e clima. Le istituzioni dell’Unione Europea utilizzano regolarmente oceano Antartico per fare riferimento alle attività di ricerca o di protezione degli ambienti marini.

I responsabili del National Geographic hanno spiegato che finora non avevano adottato la distinzione nelle mappe proprio perché l’oceano Antartico non è formalmente riconosciuto a livello internazionale, anche se la comunità scientifica lo utilizza costantemente come indicazione geografica. Il comitato che si occupa delle mappe aveva iniziato a discuterne alcuni anni fa, chiedendosi se le acque intorno all’Antartide avessero caratteristiche tali da meritare una definizione a parte.

(Wikimedia)

Gli altri oceani sono identificati in parte grazie ai continenti che li delimitano, ma la stessa cosa non può valere per l’oceano Antartico, che semmai delimita un continente. Questa porzione oceanica è caratterizzata dalla presenza di una corrente, che si formò circa 34 milioni di anni fa, quando l’Antartide si separò dal Sudamerica. Il processo rese possibili correnti marine nell’estremo sud del pianeta che vengono identificate come “corrente circumpolare antartica” (ACC).

(Caltech)

L’ACC scorre da ovest a est intorno all’Antartide e la sua acqua è più fredda e lievemente meno salata rispetto a quella che si trova più a nord. La corrente trasporta le acque dell’Atlantico, del Pacifico e dell’Indiano, contribuendo alla circolazione termoalina, che riveste un ruolo molto importante nella distribuzione del calore in tutto il pianeta. L’acqua più fredda e densa scorre verso il fondale al largo dell’Antartide e contribuisce a sottrarre parte dell’anidride carbonica dall’atmosfera, uno dei principali gas serra: per questo motivo l’oceano Antartico ha un ruolo essenziale nella regolazione del clima terrestre.

Negli ultimi anni i ricercatori hanno avviato analisi per capire come le attività umane stiano incidendo sull’oceano Antartico e sulle sue correnti. Hanno riscontrato un aumento della temperatura dell’acqua trasportata dall’ACC, ma non è ancora chiaro se queste variazioni stiano influendo sull’Antartide e sul suo clima. Vogliono per esempio capire se ci sia una correlazione tra questa circostanza e la più rapida erosione dei ghiacci lungo le coste antartiche.

L’ACC ha reso possibile lo sviluppo di ecosistemi unici nell’oceano Antartico, con migliaia di specie che vivono solamente in quella zona. Altre lo frequentano per parte dell’anno, per poi migrare negli altri oceani nel periodo invernale. La speranza del National Geographic è che il riconoscimento contribuisca ad aumentare l’interesse verso l’Antartico e più in generale ad aggiungere ulteriore consapevolezza sui temi dell’emergenza climatica.