I ripensamenti su AstraZeneca per i giovani
Dopo alcuni casi di cronaca, è attesa una revisione delle raccomandazioni del CTS sui limiti di età per il vaccino
Da alcuni giorni in Italia si è nuovamente tornato a discutere sull’opportunità di escludere i più giovani dalla somministrazione del vaccino di AstraZeneca, in seguito ad alcuni rari casi di sospetti effetti collaterali gravi e al decesso di una 18enne ligure, sul quale sono in corso accertamenti. Il Comitato tecnico scientifico (CTS) dovrebbe fornire nuove indicazioni nelle prossime ore, ma non è ancora chiaro se saranno introdotti divieti o vincoli più stringenti sui limiti di età per la somministrazione del vaccino di AstraZeneca, anche perché le scelte del CTS si basano per lo più sulle indicazioni fornite dalle autorità di controllo per i farmaci.
Il vaccino è stato più volte definito sicuro ed efficace dall’Agenzia europea per i medicinali (EMA) e dall’Agenzia italiana del farmaco (AIFA), anche dopo l’emersione di alcuni rari casi di trombosi, specificando che i minimi rischi comportati dalla vaccinazione siano comunque di gran lunga inferiori a quelli della COVID-19. Il minimo fattore di rischio si era rivelato più alto tra i giovani, e questo aveva indotto le autorità sanitarie italiane a consigliare l’uso del vaccino di AstraZeneca preferibilmente negli anziani, seppure senza imporre rigide limitazioni.
Superato il periodo di grande attenzione per i casi di trombosi, il vaccino di AstraZeneca era stato somministrato a milioni di individui senza che emergessero particolari problemi, come era del resto accaduto anche all’estero. Ogni regione aveva deciso se riservare il vaccino ai soli anziani o se utilizzarlo anche per i più giovani, seguendo le indicazioni del ministero della Salute, che aveva chiarito che l’indicazione di riservarlo alle persone con più di 60 anni fosse “preferenziale”, perché in termini assoluti il vaccino confermava la propria sicurezza e i benefici rispetto agli eventuali e limitati rischi per le trombosi.
La circolare dell’8 aprile scorso conteneva conclusioni piuttosto chiare:
Sulla base delle attuali stime di incidenza che indicano l’estrema rarità degli eventi sopra descritti, il bilancio beneficio/rischio del vaccino Vaxzevria si conferma complessivamente positivo, in quanto il vaccino è sicuramente efficace nel ridurre il rischio di malattia grave, ospedalizzazione e morte connesso al COVID-19. Attualmente tale bilancio appare progressivamente più favorevole al crescere dell’età, sia in considerazione dei maggiori rischi di sviluppare COVID-19 grave, sia per il mancato riscontro di un aumentato rischio degli eventi trombotici sopra descritti nei soggetti vaccinati di età superiore ai 60 anni.
La Commissione rileva, infine, che al momento non sono stati identificati analoghi segnali di rischio per i vaccini a mRNA. Non è invece ancora possibile esprimere un giudizio in merito ad altri vaccini che utilizzano piattaforme vaccinali virali.
Diverse regioni avevano quindi deciso di utilizzare indistintamente il vaccino di AstraZeneca e gli altri a RNA messaggero, anche dopo l’apertura delle vaccinazioni a tutte le fasce di età dai 16 anni in poi avvenuta dai primi di giugno. In alcune regioni come Lazio, Campania, Liguria, Emilia-Romagna, Sicilia e Piemonte erano stati organizzati inoltre “open day” rivolti soprattutto ai più giovani, giornate in cui era possibile sottoporsi al vaccino senza prenotazione, mettendosi in fila.
Tra i vaccinati agli open day c’era anche una ragazza di 18 anni di Sestri Levante, in Liguria, che aveva ricevuto la prima dose del vaccino di AstraZeneca il 25 maggio scorso. Nei giorni seguenti aveva sviluppato alcuni problemi circolatori ed era stata poi ricoverata per trombosi e sottoposta a due interventi chirurgici. Le sue condizioni erano continuate a peggiorare fino al decesso avvenuto il 10 giugno. Sulla vicenda è in corso un’indagine della magistratura e sarà necessaria la raccolta di diversi elementi per verificare un eventuale legame tra la vaccinazione e il decesso.
La vicenda di Sestri Levante e la segnalazione di altri casi sospetti di malori tra vaccinati con meno di 40 anni, sempre con AstraZeneca, aveva indotto esperti, esponenti politici e responsabili dei sistemi sanitari regionali a chiedere al ministero della Salute chiarimenti sulla somministrazione del vaccino ai più giovani. Era stato quindi incaricato il CTS di compiere una nuova valutazione, i cui esiti sono attesi da un paio di giorni.
Per ora non ci sono notizie ufficiali, ma il coordinatore del Comitato – il presidente del Consiglio Superiore di Sanità Franco Locatelli – aveva spiegato il 9 giugno che fosse necessaria una nuova «riflessione» sulle soglie di età per l’impiego del vaccino. Il CTS dovrebbe quindi fornire indicazioni più rigide sull’opportunità di riservare le vaccinazioni con AstraZeneca agli over 60, dove i rischi di trombosi sono ulteriormente più bassi rispetto a quelli già minimi riscontrati tra i giovani. Il CTS non potrà invece vietare l’uso del vaccino a prescindere dall’età, considerato che AIFA ed EMA ne hanno autorizzato l’impiego per tutte le persone con almeno 18 anni.
Il cambiamento delle indicazioni potrebbe avere qualche ripercussione sulla somministrazione delle secondi dosi, tra chi ha ricevuto il vaccino di AstraZeneca e ha meno di 60 anni. Sulla base delle esperienze in altri paesi e di alcune ricerche scientifiche, il CTS potrebbe indicare la possibilità di procedere alla somministrazione di una seconda dose con un vaccino diverso da quello impiegato per la prima. Ciò comporterebbe un maggiore impiego di scorte dei vaccini di Pfizer-BioNTech e di Moderna, con qualche potenziale rallentamento soprattutto nelle regioni dove si utilizzano quasi tutte le dosi a disposizione ogni giorno.
Considerata la quantità di vaccinati con AstraZeneca in attesa della seconda dose, si potrebbe assistere a un rallentamento della campagna vaccinale.
Il problema interessa circa un milione di parzialmente vaccinati che dovrebbero quindi ricevere un vaccino a mRNA come seconda dose, in una fase in cui la disponibilità di dosi continua a essere limitata. I nuovi limiti potrebbero inoltre rendere più difficile l’organizzazione degli open day, con un ulteriore rallentamento della campagna vaccinale. Alcune regioni anche in seguito alla vicenda in Liguria hanno deciso di sospendere queste iniziative, e si è già rilevata una riduzione delle adesioni da parte di molti giovani. Altre regioni hanno annunciato di voler proseguire con gli open day, utilizzando però i vaccini di Pfizer-BioNTech e Moderna per i più giovani.
In generale, il vaccino di AstraZeneca è comunque sicuro ed efficace, come confermato dai dati raccolti dalle autorità di controllo dei farmaci. Nel suo ultimo rapporto l’AIFA ha segnalato che dal 27 dicembre 2020 al 26 maggio 2021 su 6,7 milioni di dosi somministrate le segnalazioni di effetti avversi sono stati 236 ogni 100mila dosi, a fronte delle 214 sempre su 100mila dosi del vaccino di Pfizer-BioNTech, somministrato 22,3 milioni di volte:
Rientrano fra gli eventi avversi gravi a Vaxzevria [AstraZeneca, ndr] anche i casi di trombosi venosa cerebrale e/o trombosi venosa in sede atipica, con un tasso di segnalazione di circa 1 evento ogni 100.000 dosi somministrate, al momento osservati esclusivamente dopo la somministrazione della prima dose e prevalentemente al di sotto di 60 anni.
Una trombosi è una condizione in cui si formano piccole masse solide nei vasi sanguigni, impedendo la normale circolazione del sangue verso i tessuti. Ne esistono di varie forme: quelle più comuni che interessano solitamente gli arti, ma comunque con potenziali rischi se i coaguli raggiungono i polmoni, e quelle più rare, come le trombosi cerebrali per le quali è stato rilevato un «possibile» legame con il vaccino.
Le trombosi sono un problema di salute che interessa numerose persone con predisposizioni e che può riguardare anche i fumatori e in generale chi ha stili di vita poco sani o assume particolari farmaci. I casi di trombosi sono normalmente presenti tra la popolazione ed è quindi prevedibile che siano rilevati anche tra i milioni di individui che vengono vaccinati: ciò non indica che la causa sia necessariamente sempre il vaccino.