C’è un nuovo problema per i commerci mondiali
L'ennesimo di quest'anno: in Cina uno dei porti più importanti del mondo è praticamente fermo per un piccolo focolaio di coronavirus
Nelle ultime settimane il porto della città cinese di Shenzhen, uno dei più trafficati e importanti al mondo per le attività delle navi mercantili, è sostanzialmente fermo, a causa delle misure messe in atto dal governo cinese per contrastare un piccolo focolaio di contagi da coronavirus. L’enorme importanza del porto e del distretto produttivo di Shenzhen, tuttavia, hanno fatto sì che gli esperti considerino questo blocco temporaneo come una seria minaccia – l’ennesima – al buon funzionamento dei commerci mondiali.
Nella provincia del Guangdong, nella Cina continentale meridionale, dove si trova Shenzhen, dal 21 maggio sono stati rilevati circa 100 casi di contagi da coronavirus. La maggior parte di questi è stata riscontrata nella capitale della provincia, Canton, dove è stato avviato un programma di test di massa sui suoi 14 milioni di abitanti, a cui è stato chiesto di non lasciare le proprie case se non per motivi strettamente necessari.
I contagi rilevati in poco meno di un mese nel Guangdong sono circa un terzo di quelli registrati nell’intera Cina continentale nello stesso periodo e sono comunque un numero estremamente piccolo rispetto ai focolai che si stanno verificando in altri paesi dell’Asia e del sud-est asiatico: in India soprattutto, dove la situazione è drammatica da mesi, ma anche in Indonesia, Filippine e Giappone, che stanno attraversando nuove ondate di contagi nelle ultime settimane.
A causa del focolaio del Guangdong, da circa due settimane le autorità di Shenzhen hanno imposto rigide misure di controllo nel porto principale della città, quello di Yantian, che si trova nell’omonimo distretto. Alla fine di maggio le autorità portuali avevano anche bloccato le esportazioni per una settimana, dopo che alcuni lavoratori del porto erano risultati positivi. Anche ora che le esportazioni sono riprese le operazioni nel porto sono ancora molto rallentate, e di fatto il porto è fermo.
I lavori di disinfezione delle navi e i periodi di quarantena alle persone che arrivano in porto hanno provocato un grosso ingorgo, dove attualmente sono ormeggiate poche navi, con decine di altre ancorate al largo in attesa di poter entrare. Bloomberg ha scritto che le navi al momento rimangono ferme nel porto fino a cinque giorni prima di poter ripartire, e che nel frattempo i container che devono essere imbarcati si stanno accumulando.
Maersk, la più grande società di navi mercantili al mondo, ha detto che l’attuale produttività nel porto di Yantian è circa il 30 per cento dei livelli normali. Per evitare ritardi, Maersk e altre compagnie stanno quindi dirottando alcune delle loro navi verso altri porti di Shenzhen, o cambiando completamente destinazione, dirigendosi verso altre città.
I problemi di congestione non riguardano però solo il porto di Yantian, e anche in altri porti minori che si trovano nelle vicinanze (quello di Nansha e quello di Shekou) si stanno verificando fenomeni simili. Il blocco di questi tre porti ha di fatto fermato uno dei principali sbocchi sul mare del commercio cinese.
Andrew Lee, analista della banca d’investimenti finanziari Jefferies, a Hong Kong, ha detto che «il peggioramento del problema della congestione portuale della Cina meridionale è diventato l’ultimo grande problema per il settore delle spedizioni di container», dopo le difficoltà nel reperire container da parte della Cina all’inizio di quest’anno e il blocco del Canale di Suez a marzo.
A causa della sua importanza strategica nelle rotte commerciali, il blocco del porto di Shenzhen potrebbe avere ripercussioni anche sull’intera economia cinese. Iris Pang, economista del gruppo bancario ING, ha detto al Financial Times che il blocco avrà conseguenze sui dati riguardo al commercio e alla produzione di giugno del paese. Secondo Pang il blocco potrebbe influenzare i costi delle esportazioni cinesi, la cui domanda è molto aumentata negli ultimi mesi, e di conseguenza anche i costi delle importazioni negli Stati Uniti e in Europa.